Martedì, 26 Novembre 2024
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Teatro Verdi di Pisa. Il claustrofobico ed oscuro Rigoletto di Federico Bertolani

Recensione dello spettacolo Rigoletto andato in scena al Teatro Verdi di Pisa il 15 e 16 ottobre 2016

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Il giorno 16 ottobre è andata in scena al Teatro Verdi di Pisa l’ultima rappresentazione del Rigoletto di Giuseppe Verdi con la regia Federico Bertolani.

Per gli intenditori e gli amanti dell’opera, certamente questa è una delle più conosciute. Durante una festa al Palazzo Ducale di Mantova il Conte di Monterone accusa il Duca, dongiovanni incallito, di avergli corteggiato e sedotto la figlia; il buffone di corte, Rigoletto, lo deride e il Conte maledice sia lui («…tu che d’un padre ridi al dolore, sii maledetto.») che il Duca. Gilda, figlia del giullare è anch’essa innamorata del Duca e dopo una serie di intrecci ed equivoci, si arriverà inevitabilmente alla tragedia finale, ovvero la morte di Gilda, anche a causa della maledizione di Monterone.

Sul podio, a dirigere l’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta che ha riscosso un buon successo, la giovane Gianna Fratta. Tutti i cantanti sono stati più volte applauditi a scena aperta; tra tutti hanno spiccato il baritono Sergio Bologna nel ruolo di Rigoletto e il soprano Venera Protasova in quello di Gilda. Buona anche l’interpretazione di Pablo Karaman (Il Duca di Mantova), Francesco Palmieri (Sparafucile) e Sofia Janelidze (Maddalena).

Per quest’allestimento, già rappresentato al Teatro Sociale di Rovigo, dimenticatevi della corte rinascimentale in cui dovrebbe essere ambientata l’opera; la scenografia creata da Giulio Magnetto, ricorda una scatola claustrofobica, che dovrebbe ricreare la mente di Rigoletto, dove di volta in volta troviamo oggetti che simboleggiano il luogo dell’azione: un lampadario e quattro sedie bianche per il Palazzo Ducale, un semplice letto per la camera di Gilda, delle strutture mobili per l’esterno della casa di Rigoletto. Nel secondo atto invece ritroviamo il lampadario iniziale e un materasso per la camera del Duca e nel terzo, un semplice tavolo di ferro con relativa panca per la locanda di Sparafucile.

Suggestivo è stato l’uso dell’illuminazione, coordinata da Daniele Palù, soprattutto alla fine del secondo e nel terzo atto. Nel primo caso, il fondale viene illuminato di un rosso vivo, quasi sanguinario, nel momento in cui Rigoletto medita la sua vendetta, nel secondo invece per simboleggiare la tempesta, una fortissima luce bianca lampeggia seguendo la musica.

Come detto in precedenza, non dobbiamo aspettarci il rinascimento nemmeno nei costumi. La costumista Mirella Magagnini, forse ha voluto giocare sulla simbologia dei colori, infatti il Conte di Monterone (Ivan Marino), che come afferma il regista nelle note di regia è “il cardine di tutta la storia” e portatore di valori, proprio per questo indossa un abito bianco a sottolineare la sua integrità morale; anche Gilda durante tutta l’opera indossa una candida veste perché il suo amore per il Duca è puro come rivelerà al padre prima di morire («V’ho ingannato… colpevole fui… l’amai troppo… ora muio per lui…»).

Un discorso a parte meritano i costumi della corte nel primo atto. Dovremmo trovarci durante una magnifica festa a Palazzo Ducale, invece ci troviamo in una stanza quasi totalmente oscura (illuminata solamente dal lampadario) in cui gli uomini vestono abiti neri da sera e tra essi si riconosce il Duca, che sotto l’abito porta una camicia di color rosso vivo. Invece le donne indossano eleganti vestiti neri, con la parte superiore tempestata di strass; è una “corte nera”, o come Verdi fa cantare al protagonista («Cortigiani, vil razza dannata,…») senza cuore. Questa scelta ha lasciato perplessi, tant’è che qualcuno fra il pubblico ha affermato che sembrava di essere più di fronte ad un funerale che non a una festa di corte. Non era certo richiesta come da libretto “folla di cavalieri e dame in gran costume”, ma forse più colore non avrebbe guastato.

 

Gabriele Isetto

18/10/2016 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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