Recensione de Il giuco delle parti in scena al Teatro Eliseo dall'1 al 20 novembre 2016
"Ognuno di noi ha i suoi inferni, si sa. Ma io ero in testa, di tre lunghezze sugli inseguitori"
(Charles Bukowski, Storie d'ordinaria follia, 1972)
La vicenda narrata ne Il giuco delle parti da Pirandello è nota: Leone Gala si è pacificamente separato dalla moglie Silia, che lo tradisce con l'amico Guido Venanzi, a condizione di farle visita ogni sera per mezz'ora in modo di mantenere difronte all'opinione dei concittadini il suo ruolo di marito. Col passare del tempo però quest'accordo si rivela insopportabile per l'ex moglie che confida all'amante il desiderio di volersi sbarazzare del marito insopportabilmente presente - assente. Ordiscono così un complotto al quale Leone Gala risponderà con la dialettica e il nichilismo che gli sono tipici trasformandosi in ultimo da vittima a carnefice.
La Compagnia Orsini riprende tutto il nucleo originario del dramma raccontandoci il succedersi delle vicende da un punto di vista insolito, eppure congeniale, di un ipotetico quarto atto sottaciuto nel quale il protagonista, ormai vecchio e stanco, nella stanza del sanatorio nel quale è stato ricoverato, rivive di volta in volta gli eventi fatali di quegli ultimi giorni di tanti anni prima.
Leone Gala, come frettolosamente si potrebbe pensare, non ha perso la ragione ma, semplicemente consapevole che a suo tempo diresse furbamente (e anche meschinamente) il "giuco delle parti", sta ora facendo i conti con la propria coscienza in una sorta di girone dantesco popolato dai fantasmi dei morti e dalle proiezioni inconsce dei non ancora trapassati a miglior vita.
Passato e presente si alternano, sovrappongono e infine confondono in una messa in scena che dà nuova linfa e contemporaneità a un testo datato 1918, oggi come oggi non proprio frequentatissimo, del fu Premio Nobel di Girgenti.
La regia di Roberto Valerio punta sicuramente, in questa riscrittura a sei mani (Valerio, Orsini, Balò), a lasciare ai presenti in sala qualcosa, un'intuizione, che una volta usciti da teatro e tornati a casa li farà sicuramente continuare a riflettere e pensare. Totò Onnis e Alvia Reale sono straordinari nell'inedito ritratto che ci danno l'uno di Guido Venanzi e l'altra di Silia, Umberto Orsini è ineguagliabile nell'interpretazione di un Leone Gala che si dibatte e annaspa tra i rimorsi che si affollano nel mare in tempesta della sua mente emozionando e al contempo incantando il pubblico, padrone di un'arte istrionica che nel 2016 pochi possono ancora vantare.
Concludendo, dopo tre anni guardare ancora una volta la Compagnia Orsini calcare il palco del Teatro Eliseo è stato davvero un piacere. Per inciso lo è stato perché finalmente dopo tanto, forse troppo tempo, il teatro e l'atto recitativo sono tornati per un'ora è mezza, o poco più, alla loro dimensione catartica di finzione che rappresenta la realtà e non viceversa, come sempre più spesso constatiamo, stagione dopo stagione, sui palchi, piccoli - medi - grandi, di un po' tutta Roma (nel resto d'Italia si spera sempre che le cose vadano se non proprio meglio, meno peggio).
Fabio Montemurro
11/11/2016