Recensione dello spettacolo Altrove in scena al Piccolo Eliseo dal 16 al 27 novembre
“La vita in generale? La risposta, di solito, è una scrollata di spalle. La vita in generale va avanti, con le solite cose date per scontate: avere qualcosa da mettere nel piatto, avere un posto per dormire, avere famiglia e amici. Questa è la vita in generale.
Che sembra ai margini. E invece è il centro di tutto”. Questo è ciò che scrive Tito Faraci della vita in generale nel suo omonimo romanzo edito da Feltrinelli; “Il nostro spettacolo è una piccola cosa perché parla di piccole cose. Cose così. La vita, insomma” e questo è ciò che scrive Paola Ponti dello spettacolo Altrove, in scena al Piccolo Eliseo dal 16 novembre, aggiungendo “Ci siamo ritrovati a raccontare un semplice incontro, di quelli che però a volte diventano l’incontro”.
A farsi avanti sul palco c’è Mario (Mario Russo) che però resta ai margini della ribalta. Prende in mano un flauto e comincia a suonare una melodia, il canto degli angeli come definirà in seguito. È seduto sopra un trenino colorato, la scena infatti si compone di pochi oggetti: un trenino, appunto, una panchina che ricorda più un dondolo bilico dei parchi gioco e cuscinetti in gomma color mattone che rivestono l’intero palcoscenico. Quel ritaglio di quiete viene interrotto dall’entrata in scena di Danilo (Massimo De Lorenzo), padre di Mario, il quale ordina al ragazzo la commissione di un omicidio. In realtà, si tratterebbe soltanto di ferire la vittima sparandole a una gamba mentre è intenta a fare jogging come tutte le mattine, ma Mario si rifiuta. Mario rifiuta la propria vita, rifiuta il proprio lavoro (uno spacciatore mascherato da barista alla periferia della città), rifiuta se stesso e rifiuta suo padre che chiama per nome. Eppure Danilo, sebbene sia un uomo dal carattere difficile e dai modi bruschi che si esprime con un linguaggio licenzioso, è una persona molto colta.
Mario vorrebbe cambiare la propria vita, il proprio modo di pensare e di agire, ma non sa come fare perché ha perso la chiave che gli permette di aprire la porta verso nuovi orizzonti. Il caso vuole però che questa chiave se la ritrovi a portata di mano grazie ad un incontro fortuito con Julie, o Juliette (Constance Ponti), una ragazza scaricata – nel senso letterale del termine – da un tassista alla periferia di Roma dove è in visita turistica, nel bosco in cui vivono Mario e Danilo. Bastano pochi attimi, poche parole, uno scambio di battute, un confronto, e quello che Mario rifiutava o pensava che non si potesse fare diventa pressoché possibile. Basta volerlo, o anche solo sognarlo. Perché, come diceva Walt Disney, se puoi sognarlo, puoi farlo.
Nel testo di Paola Ponti quel che è da ammirare è il coraggio di affrontare e guardare in faccia i propri sogni. Nella realtà in cui viviamo, oggi come oggi, sognare è diventato oltre che impossibile persino una perdita di tempo. La colpa non è solo dei nostri impegni, del nostro incedere sempre di corsa; è colpa dell’indifferenza, della schiavitù, dell’imbarbarimento della società che non riconosce più i diritti umani e i doveri morali. La crisi economica, la disgregazione dei valori sociali ed etici, il terrorismo, le catastrofi naturali, il razzismo, la mafia e la delinquenza hanno preso il posto dei desideri, occupano la nostra mente più di quanto siamo disposti ad ammettere con noi stessi, così come accade a Mario il protagonista dello spettacolo. Siamo talmente presi dalla rabbia, dall’odio, dall’egoismo che abbiamo dimenticato chi siamo, chi eravamo e cosa avremmo voluto o vogliamo essere. Nel nostro inconscio sogniamo un altrove dove vorremmo vivere felici, un mondo popolato di fantasia, di pace, e liberi da pensieri ma, nel frattempo, ci siamo dimenticati anche di combattere per i nostri sogni. In questa chiave di lettura il testo della Ponti diventa un messaggio chiaro, semplice e potente: anche se alla creatività a volte subentra la noia, se l’inerzia o lo sconforto prendono il sopravvento sulla volontà e sul desiderio, soffermiamoci su ciò che ci sta più a cuore e che rintaniamo nel mondo dell’altrove.
Così facendo, magari, scopriremo che quel mondo non è poi così lontano come sembra.
Costanza Carla Iannacone
18/11/2016