Venerdì, 20 Settembre 2024
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Nella trama di Iago, l’Otello di oggi: l’umana diabolica trama riadattata ai giorni nostri da Zuccari e Taheri

#recensione dello spettacolo "Otello" in scena al teatro Sala Uno fino al 27 novembre 2016

Otello, tragedia di Iago. Se vi è infatti, in questo riadattamento offerto da Paolo Zuccari e Hossein Taheri un personaggio che da principio si carica sulle spalle tutte le umane debolezze, tutte le abiette e bieche mire a cui l’umana specie anela, andando oltre qualsiasi machiavellico stratagemma, quello è sicuramente Iago. Attraverso il classico archetipo della gelosia, passando per i sentieri cervellotici dell’invidia si dipana la tragedia, distillando un ritmo thriller che tiene tutti, protagonisti compresi, sotto scacco.

Un po’ come prestare per una sera l’Otello alle cure sapienti di un’ Agatha Christie ed osservare incuriositi quei nuovi piccoli indiani che si fronteggiano in shakespeariano stile. Insomma questo adattamento moderno dell’Otello ad opera di Paolo Zuccari e Hossein Taheri è assolutamente coinvolgente, una sorta di noir, rivisitazione quasi cinematografica che poggia i suoi passi sulle orme di un thriller mozzafiato con protagonisti ed attori calati alla perfezione nel gioco delle parti e che tengono sospesi tutti, pur conoscendone la storia.
La trama d’altronde è cosa nota, stiamo parlando di un classico signori, uno di quei capolavori senza spazio, tempo e luogo che si cala alla perfezione in ogni contesto: l’Otello non è solo una tragedia di Shakespeare, l’Otello è la tragedia umana per eccellenza, come tutte le opere del bardo. Riprendendo, quindi, l’incipit iniziale, ragioniamo su come vira parzialmente l’ago della riproposizione di una tale grande opera mai banale e, sì – lo so che sembrerà scontato – sempre attuale: dalla gelosia all’astuta vendetta; dall’iraconda e cieco dramma dell’infedeltà supposta alla fredda, cinica e razionale trama di rivalsa, ordita e guidata dalla ferma mano dell’invidia. Iago (interpretato dallo stesso Zuccari) è il deus ex machina degli eventi che in un colpo solo abbracciano e stringono come morsa tenace tutti i protagonisti. Iago, d’altronde, in questo nuovo Otello è il personaggio più complesso e poliedrico tra gli “dei” che popolano la tragedia: freddo nel tramare, subdolo nel pilotare, cinico nell’agire, iracondo ed impulsivo nell’ordire e gestire i suoi rapporti con Roderigo, calmo e pacato nel non perdere mai di vista le sue prede ma nel complesso insicuro e costantemente subordinato ad un progetto più alto e grande anche delle sue semplici forze, progetto che, in questa rivisitazione, gli scappa totalmente di mano portandolo ad eliminare d’un colpo tutti gli ostacoli, previsti e non.
Ma passiamo al riadattamento: i turchi, quelli ci sono e sono sempre alle porte, un classico. Le loro navi alla fine affondano e la loro armata è sconfitta: altro classico che, dall’Orlando furioso all’Otello in questione, non guasta mai. La storia è sempre quella: Otello è il generale straniero nominato Governatore di Cipro sposato con la bellissima e indipendente Desdemona (Xhilda Lapardhaja). L’attendente Iago non vuole essere comandato da uno straniero e si ingegnerà per distruggere Otello. La cecità di chi si fa ingannare dalle apparenze ed è incapace di interpretare lucidamente la realtà circostante: c’è. L'invidia da cui nascono tutti gli altri mali: c’è. L'amore per la menzogna e la rovina di spiriti nobili: c’è. Desdemona quale esempio di fedeltà e castità, donna ideale che il destino vorrà morta prima ancora che venga consumata la prima notte di nozze: ovviamente c’è anche quello. Intero repertorio di un complesso genere, di una natura intrigante, maliziosa ed imperfetta, riassunto smodato, scomodo e pienamente soddisfacente di quell’assurda razza che è l’uomo.
In scena vanno sei differenti personaggi, ognuno con le proprie caratteristiche e i propri caratteri dominanti, ognuno faccia opaca di un singolo elemento: l’essere umano. Caratteristiche, prima che caratteri, che entrano in scena per un romanzo poliziesco che è al contempo una tragedia greca: malizia, sotterfugio, inganno, tradimento, dubbio, gelosia, rabbia, pazzia, violenza giocano a rincorrersi e a sfuggirsi in un turbinio travolgente di azioni e pensieri con un crescendo sempre più rapido di colpi di scena.
Fuori la guerra è già un ricordo ma la battaglia si consuma dentro gli animi, i cuori e le teste che portano a pensieri irrefrenabili da cui scaturiscono comportamenti ancestrali e arcaici, veri e, quindi, spaventosi.
“Abbiamo spinto fortemente - ha raccontato in un intervista Taheri, regista insieme a Zuccari oltre che interprete di Otello - su una contemporaneità della vicenda, ambientandola sul finire degli anni Ottanta, immaginata in una Cipro in stato di assedio. Dentro una sorta di bunker militare, fra tre coppie - Bianca e Cassio, Iago ed Emilia, Otello e Desdemona - si consuma una storia d’amore sotto le bombe. Così, riesce a dare anche delle suggestioni visive notevoli e poi, per certi versi, toglie quella patina di “antichità” che il testo si porta dietro”.
E per finire? E per finire…il finale, emblematico quanto tutta l’opera, quanto tutta la messa in scena, quanto il riadattamento stesso: la tragedia si compie, l’umana specie si ricompone tutta in Iago il quale, senza farsi specie, mantiene tutto se stesso e dimostra, ancora una volta, la freddezza dei suoi scopi e la fermezza dei suoi intenti. Signori, l’Otello…di Iago.

Federico Cirillo

21 novembre 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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