Recensione dello spettacolo Sancta Susanna, Suor Angelica, Gianni Schicchi andato in scena al Teatro Verdi di Pisa il 19 e 20 novembre 2016
È andato in scena al Teatro Verdi di Pisa un particolare Trittico composto dai due famosi atti unici di Giacomo Puccini Suor Angelica e Gianni Schicchi e da un’opera meno conosciuta: Sancta Susanna del tedesco Paul Hindemith. Gli appassionati pucciniani si saranno accorti dell’assenza de Il Tabarro, che solitamente viene rappresentato insieme agli altri due: quindi perché questa scelta? Ci risponde Marcello Lippi, direttore del Teatro Verdi, “non perché non ci piacesse l’idea di rappresentare Il Tabarro, opera che amo particolarmente, ma perché, non avendo le energie economiche per rappresentarlo, ho scelto le due che meglio si adattavano al filo logico della stagione, Demoni ed angeli.”
Lo spettacolo è nato grazie al regista Lorenzo Maria Mucci, collaboratore da tanti anni del teatro pisano. La scenografia di base è stata creata dal giovane barese Emanuele Sinisi, il quale ha creato uno spazio che fosse “filo conduttore” per tutte e tre le opere: una sorta di scatola dorata costruita prospetticamente per dare il senso della profondità, con tre grandi aperture, due laterali e una centrale. Per questo allestimento sono stati utilizzati costumi di repertorio della Sartoria Teatrale Arrigo di Milano e della Sartoria Teatrale Fiorentina di Firenze.
Essendo tre atti unici, con diverse esigenze canore e di personaggi, il cast era molto numeroso e tra tutti gli interpreti quelli che hanno ricevuto più applausi, alcuni anche a scena aperta, sono stati: Elisabetta Farris (Susanna e Suor Angelica), Sumie Fukuhara (la zia principessa in Suor Angelica), Sergio Bologna (Gianni Schicchi) e Giulia De Blasis (Lauretta in Gianni Schicchi). Ottima anche l’esecuzione dell’orchestra sotto la direzione del Maestro Daniele Agiman.
Il primo atto, molto breve, si è aperto con Sancta Susanna. Sul palcoscenico, al centro una piccola cappella che sembra di marmo con un crocefisso ed in seguito, dalle due aperture laterali, fuoriescono due grandi alberi di lillà poiché il vento ha aperto “le finestre” come da libretto. Gli abiti delle suore sono classici, grigi e con ampie maniche, colpisce poi la candida sottoveste che Susanna indossa sotto la tonaca.
Suor Angelica apre invece il secondo atto, ancora in scena i due alberi di lillà, ma in posizione diversa, ed al centro un pozzo a rappresentare il giardino del monastero. In questo “atto” è importante l’illuminazione curata da Michele Della Mea per il finale, dove il contrasto oscurità/luce ben racconta prima il suicidio di Suor Angelica, quasi completamente al buio, poi il Miracolo pieno di luce che avvolge la protagonista. Il nero prevale nei costumi delle suore (non può essere altrimenti) e in quello della zia principessa, nero come la sua anima.
Dopo due opere di argomento impegnativo, l’ultima, Gianni Schicchi, chiude lietamente il Trittico. Per questa, che potremmo definire una “commedia”, ci troviamo davanti un appartamento arredato con un semplice letto, un armadio, un baule, alcune sedie e una scala a chiocciola che porta ad un balcone con vista sul Palazzo Vecchio di Firenze. Puccini voleva, come da libretto, che l’opera fosse ambientata nel 1299 ma, come si evince dalla scenografia e dai costumi, è stata spostata ai giorni nostri. La scelta è però azzeccata, perché è una storia rapportabile a qualunque epoca.
Di questo Trittico, le due opere di Puccini sono certamente state le più applaudite, minore il successo della Sancta Susanna, probabilmente per la difficoltà della lingua tedesca.
Gabriele Isetto
21 novembre 2016