31 ottobre, domenica mattina. Mi sposto da una Roma in parte blindata per il G20, in parte svuotata per il ponte di Ognissanti, per giungere ad Aprilia e scoprire un mondo.
La motivazione che mi spinge ad allontanarmi dall’amata capitale è l’invito allo spettacolo Tramonto, nel nuovissimo teatro Sala Gigi Proietti. La rappresentazione è un adattamento del racconto di A. Ghebreigziabiher e narra la storia del figlio di Buio e Luce. Tramonto nasce in mezzo a due culture, due popoli, due diversi modi di vedere la vita, ed è alla continua ricerca di se stesso e del suo posto del mondo.
Assistendo alla rappresentazione, scopro una città viva, pulsante di idee e iniziative. Una città con forti tensioni, problematiche e opposte dinamiche, ma anche un notevole entusiasmo unito a una forte dose di coraggio e fiducia nella possibilità di cambiare le cose e rendere migliore la vita di tutta la comunità.
Il regista Giovanni Di Guida, della giovane compagnia che ha messo in scena Tramonto non poteva fare scelta migliore, visto che lo spettacolo prende vita all’interno del Festival delle culture OSMOSI. Acronimo di “Officine Specializzate: Mostre, Opere, Suoni, Idee”, la manifestazione rappresenta l’intreccio di forme artistiche diverse che spaziano dalla musica all’arte, passando per i laboratori, il teatro, l’artigianato, lo sport. Il sottotitolo dell’edizione di quest’anno è “Tutti uguali, tutti diversi”.
Di Guida è inoltre direttore artistico dell’associazione Aprilia Sociale, la cui presidentessa Giacoma Modugno crede fortemente nel teatro come veicolo non solo di arte e cultura ma soprattutto di aggregazione, condivisione, superamento delle barriere, umanità, ascolto, empatia. L’associazione pertanto promuove fin dal 2011 il teatro per i ragazzi ma anche per tutta la cittadinanza, attraverso spettacoli, festival e laboratori. Tutto questo viene poi discusso nel dibattito che segue lo spettacolo, dove con grande semplicità si condividono le speranze per Aprilia e le strade da portare avanti insieme per farne una comunità in cui nessuno si senta solo.
Esco dal teatro (tra l’altro appena costruito, riqualificando una sala di un quartiere periferico) con un pizzico di speranza in più di quando sono entrata. Questa, mi dico, è la vera missione dell’arte scenica, ogni singolo giorno, nei maestosi teatri cittadini quanto nelle periferie sociali e culturali. Lo spettacolo ha aggregato una cinquantina di persone, ha promosso grandi ideali, ha dato voce a forti sentimenti, ha stimolato il dialogo e il confronto. Parafrasando la fine di Tramonto, forse “… questo e solo questo avremmo tutti dovuto fare, fin dall’inizio”.
Cecilia Moreschi
1 novembre 2021