Domenica, 24 Novembre 2024
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Attrici, attori uniti: il dialogo per tenere vivo il teatro

Nella confusione di necessità che l’anomala contemporaneità impone il teatro va annoverato fra gli invisibili, per uscire da questa anacronistica situazione per i lavoratori dello spettacolo il gruppo Attori, Attrici Uniti ha deciso di organizzarsi in gruppi di discussione, che per necessità del periodo si sono svolti virtualmente, per discutere un piano d’azione concreto e organizzato, con l’unica importante richiesta di essere ascoltati e compresi nelle richieste di tutela. 

Quella che è infatti una categoria parcellizzata, ha deciso di riunirsi per formare progressivamente un’identità, approfittando dell’anomalia del momento storico per rivendicare dei diritti necessari e dovuti, non solamente legati alla pandemia in corso, ma ancor di più a necessità che indugiano sopite nel teatro da fin troppo tempo. Criticità annose e ingombranti come un Fus insufficiente per tutelare un patrimonio artistico ampio e diversificato come quello italiano e l’assenza di un modello di disoccupazione che permetta un sussidio fra un contratto e l’altro.

Nei giorni precedenti abbiamo pubblicato il documento stilato dal movimento, ma fermarci lì sarebbe stato un tradimento ai principi dell’iniziativa: Attori e attrici uniti è una comunità fatta di voci, forti e di storie diversificate. 

La parola è stata dunque lasciata ai racconti dei lavoratori dello spettacolo che hanno deciso di firmare la petizione e aderire all’iniziativa, ed è stato un sollievo sentirli pronti a condividere le proprie idee e le proprie testimonianze. 

Mi sono trovata di fronte a una comunità variegata, che ringrazio per avermi spiegato con tanta chiarezza e animo le proprie storie. 

Ci sono attori che si affacciano per la prima volta nel mondo del lavoro, appena usciti dalle accademie. e che hanno deciso di dedicare parte della discussione proprio alle problematiche centrali della loro categoria, come Rocco e Gabriele, che hanno fatto da portavoce per la categoria under 35, raccontandomi le questioni irrisolte della loro categoria, come il problema delle residenze under 35, con finanziamenti specifici solo parzialmente sufficienti a copertura delle attività svolte, o l’annoso problema dell’apertura dei provini pubblici, che troppo spesso passano attraverso conoscenze e favori, impedendo un vero ricambio generazionale e concrete possibilità di lavoro, ai nuovi membri della categoria. 

Debora Zuin, una fra le voci organizzatrici del movimento, mi ha parlato della modalità in cui la discussione si sta svolgendo, di questi tavoli, in costante crescita, divisi per nuclei di lavoro che trattano il problema sotto diverse angolazioni, cercando di dare voce anche a problemi che rischiano di parlare in sordina, come la discussione di genere, di cui Debora mi ha parlato con particoalre orgoglio. in particolare mi sembra doveroso citare l’esistenza di un tavolo che si occupa dell’etica delle richieste e di stilare un codice deontologico della professione, forse. 

Il punto centrale sembra dunque essere quello del riconoscimento di uno statuto di lavoro peculiare, ma non per questo meno in diritto di essere tutelato. 

Questo dialogo, come spiega Simone Tangolo, prova per la prima volta a puntare dei riflettori diversi sui volti degli attori, Se il teatro è il luogo dell’effimero i suoi membri non lo sono, e la categoria dei lavoratori dello spettacolo risulta fra i meno riconosciuti, risultando quella dell’attore una figura professionale troppo spesso svilita, colpevole del troppo amore per questo mestiere che ci ha fatto accettare sempre tutto.

Nell’empasse in cui il mondo del lavoro si trova, l’occasione permette di riflettere sulla necessità specifica dei vari componenti della società; Di fronte a questa progressiva presa di coscienza della comunità degli attori, della nascita di una vera e propria identità di categoria, non possiamo che unirci alla speranza di Debora che alla fine della quarantena ci sia un nuovo umanesimo, inteso nel senso di rinnovamento dello sguardo, rinnovamento in cui il teatro è stato sempre un fedele alleato. 

Come disse Jacques Coupeau nel 1913 Non sappiamo ciò che sarà il teatro di domani, non profetizziamo nulla, prepariamo un porto per il teatro futuro. 

 

Mila Di Giulio

6 maggio 2020

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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