Lunedì, 16 Settembre 2024
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Luca Di Giovanni: dal web al teatro

Al Teatro Quirino di Roma, fino al 26 febbraio, è in scena Il sorpasso, per la regia di Guglielmo Ferro. Nell’occasione uno dei protagonisti, Luca Di Giovanni, ci ha parlato dello spettacolo.

La tua carriera nasce come videomaker, che tipo di spettacoli teatrali sono più vicini al tuo gusto?

Mi sono avvicinato al teatro come narratore, nel senso che ho iniziato facendo teatro di narrazione e le cose con cui mi sono avvicinato al teatro, ormai una quindicina di anni fa, erano vicine a un teatro povero, senza scenografia, fatto di parola, di attori, anche perché è il teatro che ho potuto fare inizialmente non avendo soldi, non avendo produzioni, né mezzi economici a mia disposizione Non ho potuto che iniziare facendo appunto questo tipo di operazioni, anche perché quello che mi è sempre interessato è sempre stato andare in scena e recitare e quindi per anni ho fatto cose di questo tipo, poi chiaramente quando il percorso da attore è diventato il mio mestiere, la mia vita, ho iniziato a lavorare e a fare l’attore in spettacoli di altri registi.

In questo modo quindi, il mio bagaglio si è ampliato e ho avuto modo di lavorare in produzioni diverse, mi sono avvicinato anche a un teatro più borghese e più narrativo, con una scenografia, altri personaggi in scena, l’interazione con dei video. Adesso con Il sorpasso sto facendo uno spettacolo più classico, con otto attori in scena, una scenografia bella e complessa. Io comunque sono sempre innamorato di un teatro semplice ed essenziale. 

 

Com’è avvenuta la trasformazione in attore?

È stata graduale e inesorabile. All’inizio facevo tutto pur di farmi notare, non avendo un percorso accademico, non avendo fatto una scuola, non avendo un genitore o uno zio. Facevo regista, autore, produttore, le luci, la scenografia, il montaggio, i costumi. Poi piano piano, grazie al cielo, hanno iniziato a notare le mie cose e ha chiamarmi altri registi. E da quel punto ho capito che recitare era l’unica cosa che in realtà mi interessava.

 

Vedi il web come l’unico futuro per lo spettacolo?

Assolutamente no. Anzi, io penso che essere etichettato come un attore web sia un ostacolo. Fino a quattro/cinque anni fa il web era una terra di conquista, uno spazio dove chiunque poteva esprimersi e pubblicare dei video e anche fare delle cose belle, da cui sono uscite tante realtà interessanti. Oggi il web è cambiato molto, in un modo che a me non piace: le produzioni, l’ossessione delle visualizzazioni per cominciare a guadagnare tramite youtube, hanno distrutto i contenuti. Io ho fatto cose anche per youtube, ma questo è solo un aspetto del mio percorso.

 

Puoi parlarmi dello spettacolo Il sorpasso e del tuo ruolo?

Questa operazione è un rischio, una sfida, perché essendo il film così famoso, cosi amato e conosciuto, noi ci siamo presi una responsabilità. Ora siamo a Roma, ma siamo già in giro da novembre e quindi abbiamo già fatto spettacoli in giro per l’Italia. La sensazione è che il pubblico che già lo conosce e lo ama, cioè i signori di cinquanta/sessant’anni che si ricordano il film, lo apprezzi, perchè in effetti il rischio di essere criticati c'era. Abbiamo fatto rivivere quelle emozioni, il nostro omaggio cerca di essere molto onesto e rispettoso e molto fedele come trasposizione, perché la sceneggiatura del film adattata al teatro, è scritta molto bene e quindi abbiamo fatto solo un lavoro di adattamento, perché i rapporti tra i personaggi e le psicologie sono perfette. Così i giovani e le persone che il film non lo conoscono hanno la possibilità di riscoprirlo.

 

Quanto hai attinto, se lo hai fatto, dalla recitazione del grande Trintignat?

Io e gli altri del cast, confrontandoci con questi grandi attori che hanno interpretato il film, abbiamo dovuto fare per forza una rielaborazione personale. Invogliati dal regista, abbiamo lavorato non sull’imitazione, ma abbiamo cercato un modo nostro contemporaneo, anche moderno, di raccontare quel personaggio. Io il film lo conosco a memoria, ho provato a dargli un tocco personale, anche per il semplice fatto che lui era un francese molto raffinato e nel film c’è questa voce off che accompagna i suoi pensieri, i primi piani.  

 

Che cosa dobbiamo aspettarci dal film tv In arte Nino?

Dovete aspettarvi innanzitutto un omaggio sentito e sincero e anche molto profondo. Il film è stato scritto e diretto da Luca Manfredi, il figlio di Nino, vi dovete aspettare un Nino Manfredi assolutamente inedito e sconosciuto perché il film racconta gli anni meno noti della vita di Manfredi, non quella del grande Nino, ma di Saturnino, che era lui prima di diventare famoso. Ci siamo sentiti di raccontare gli episodi con uno stile che lo omaggia e troverete molte cose inedite. 

 

Qual è il tuo libro preferito?

Bella questa domanda, così su due piedi io sono affezionato da matti a L’opera struggente di un formidabile genio di Dave Eggers. Per quanto mi riguarda è il romanzo di formazione, perfetto e più bello degli anni 2000, quindi della mia epoca, raccontato con un linguaggio moderno. È un romanzo da cui ho tratto un testo, Prima del vulcano, che ho portato in giro per tanti anni a teatro e ci ho fatto anche una webserie. Mi piacciono le storie raccontate dal punto di vista dei deboli e dei perdenti.  

 

Al cinema e in televisione cosa guardi?

Televisione non c’è l’ho proprio a casa, sono quindici anni che non guardo la televisione e non mi interessa. Guardo le serie sul computer: Gomorra, Romanzo Criminale, sono notevoli, ma le mie preferite sono americane: Breaking Bad, Fargo, House of cards. Faccio una selezione, sono affezionato ad alcune. Al cinema, sono un grande appassionato, mi piace il cinema bello. 

 

 

Gabriele Isetto

16 febbraio 2017

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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