Domenica, 08 Settembre 2024
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Clelia Cicero e Daniele Cavone Felicioni: La mite, César Brie, Teatro Presente e tutto il resto.

Intervista a Clelia Cicero e Daniele Cavone Felicioni in scena con La mite al Teatro Dell’Orologio dal 9 al 12 febbraio 2017

Clelia Cicero e Daniele Cavone Felicioni sono i protagonisti de La mite: uno spettacolo tratto da un racconto di Dostojevskij di cui César Brie - rinomato attore, regista e drammaturgo argentino - ha firmato l’adattamento e la regia, mentre la produzione è a cura della compagnia Teatro Presente. Le repliche romane presso il Teatro Dell’Orologio sono l’occasione per incontrarli e porre loro qualche domanda.

 

Come avete conosciuto César Brie e come è nata l’idea di mettere in scena La mite?

Clelia: L'idea di mettere in scena La mite è stata del regista César Brie. Da sempre affascinato da questo racconto di Dostoevskij, ha proposto a me e a Daniele di leggerlo e così ne siamo diventati gli interpreti sul palco.

Daniele: Abbiamo incontrato César nel 2011 per un cantiere di alta formazione promosso da Ert. Mi ero appena diplomato alla Scuola D’arte Drammatica Paolo Grassi, avevo 22 anni, ed è stato per me un incontro folgorante! César ha selezionato otto giovani attori per un percorso di formazione che si è concluso con la produzione di uno spettacolo – Karamazov - ispirato a I fratelli Karamazov di Dostoevskij. Abbiamo girato l’Italia e l’Argentina con questo spettacolo per tre anni, poi César ci ha proposto di formare una compagnia: ecco come nasce Teatro Presente. 

 

Lo spettacolo, della durata di un’ora, ruota unicamente su voi due e su alcune soluzioni sceniche molto semplici ma incredibilmente efficaci. Come vi siete preparati ai vostri rispettivi ruoli?

Clelia: Già dopo la prima lettura del testo ero innamorata della storia e del personaggio misterioso de La mite. Mi ha colpito il suo silenzio, il suo dolore oscuro e ho trovato commovente e straordinario che Dostoevskij si sia interessato e, successivamente, ispirato a un fatto di cronaca - un suicidio - che coinvolgeva una ragazza. Una giovane donna sconosciuta e povera a cui ha dato voce e importanza.

Mi sono preparata lasciandomi trasportare dalle suggestioni enormi che avevo per La mite e ho indossato la "camicia" del personaggio, ovvero ho lasciato che lei venisse a me attraverso le improvvisazioni e il testo.

Daniele: Ho letto molte volte il testo, fino a innamorarmi di questa storia. Ho cercato di comprendere il personaggio, così distante da me per età e vissuto. Ho provato a immaginarmi tra vent’anni: solo, incapace di amare, indurito dai fallimenti, disarmato. È stato un duro percorso verso la comprensione di un’umanità densa e complessa. Verso la profondità che Dostoevskij ha generato con questo racconto.

 

La vostra compagnia, Teatro Presente, è relativamente giovane ma può già vantare una tournee in Argentina, diversi riconoscimenti e un buon numero di spettacoli alle sue spalle: quali sono i prossimi progetti? 

Clelia: Il prossimo progetto debutterà al Teatro Ciro Menotti di Milano il 3 marzo. Si intitola The hard way to understand each other e sarà il primo lavoro che affrontiamo in maniera indipendente, senza la guida di Brie. La regia è di Adalgisa Vavassori, un'attrice della compagnia. La drammaturgia, invece, è collettiva: inspirandoci, così, al metodo appreso grazie al prezioso lavoro con César. Con questo progetto, mentre era ancora in fase di studio, l’anno scorso abbiamo vinto il Premio Scintille e il Premio Giovani Realtà del Teatro.

Daniele: The hard way to understand each other è uno spettacolo che indaga il nostro presente, il costante tentativo di comprenderci l’un l’altro. E lo fa senza parole. È un progetto molto importante per noi: rappresenta un momento di cesura ma al tempo stesso di continuità con il percorso intrapreso con César.  

 

Quello dell’attore è un mestiere difficile, anche per la mancanza di certezze. Mancanza che, però, può tradursi in infinite possibilità: come vorreste vedervi da qui a 10 anni?

Clelia: La strada è durissima. Ma nonostante il passare degli anni e la precarietà, non ci posso far nulla: sono sempre più saldi in me la consapevolezza e il desiderio di fare questo mestiere e di voler fare teatro in qualità di attrice e cantante. Purtroppo dovrò trasformare questo mestiere a seconda delle esigenze del momento. Fra 10 anni vorrei ritrovarmi migliorata come artista e so che non avrò mai una stabilità.

Daniele: Vorrei potermi considerare serenamente un attore professionista, un lavoratore riconosciuto. Un artista sempre alla ricerca. Curioso di scoprire e scoprirmi, con la costante possibilità di crescere artisticamente. E poi vorrei vedere il teatro vivo. 

 

 

Cristian Pandolfino

12 febbraio 2017

 

leggi la recensione a questo link: https://www.laplatea.it/teatro/recensioni/3230-la-mite-parla-quando-e-ormai-troppo-tardi

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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