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Intervista a Francesco Branchetti regista della Medea di di Jean Anouilh che sarà in scena al Teatro Ghione dal 15 al 24 marzo 2016
Chi è Francesco Branchetti?
Un teatrante, mi piace definirmi con questo termine, un artigiano del teatro, innanzi tutto.
Come arriva alla recitazione e alla regia teatrale?
Ho iniziato negli anni 90 prima come attore, soprattutto in televisione e al cinema, il teatro certo c’era ma, solo dopo, è diventato la mia principale attività come attore prima e poi anche come regista ; come regista sono stato molto fortunato con i miei primi spettacoli e ho quindi avuto la possibilità prestissimo di dirigere grandi attori come Gabriele Ferzetti, Pino Micol e molti altri e la mia attività di attore è andata di pari passo, alternando teatro, cinema e televisione. Non c’è stato un incontro determinante ,ma una serie di incontri felici con gli autori italiani più importanti di cui ho messo in scena molti testi ,con alcuni attori straordinari come appunto Gabriele Ferzetti che ho diretto in “Scandalo!” di Alberto Bassetti, uno spettacolo che è stato sicuramente fondamentale per me e che sicuramente a aperto la strada a molti altri spettacoli che ho avuto la possibilità di dirigere e che sono andati in scena nei maggiori teatri italiani.
Parlaci del tuo ultimo lavoro, Medea di Jean Anouilh.
Lo spettacolo inizierà la tournée invernale il 23 Febbraio ad Albenga e proseguirà in molte città italiane e in Svizzera , a Milano sarà in scena al Teatro San Babila dal 26 Febbraio al 6 Marzo e a Roma al Teatro Ghione dal 15 al 24 marzo. La regia e lo spettacolo ricostruiscono scenicamente, visivamente, musicalmente, il mondo della protagonista e dei suoi sentimenti “straordinari”, “estranei”, da “emarginata”, la sua anima straziata e dolente, capace di piegarsi al dubbio, alla debolezza, addirittura alla tenerezza più struggente, che, secondo me, tanto ci parlerà della condizione universale della donna, pur se indagata in un esempio estremo ed eccezionale. In scena Medea dolorosamente emarginata vive, insieme alla Nutrice, una condizione di disperata solitudine e, ancora di più, la sua condizione di estraneità dovuta al suo essere “barbara” e “diversa” in una lotta feroce per la sua dignità di donna e per un amore che non conosce limiti. Medea sarà emblema dell’amore e insieme della morte e la tragedia vivrà tutta in lei e nella sua sfaccettata e travolgente personalità; accanto le sarà, in una sorta di controcanto, la Nutrice, personaggio di straordinaria importanza; e poi Giasone, mirabilmente disegnato da Anouilh nei suoi accenti e aspetti più “umani” ; un Giasone stanco degli eccessi e del peso di una passione ormai per lui troppo grande. Creonte sarà, infine, l’incarnazione di un potere fatto di regole che niente e nessuno può mettere in discussione, pena la rottura di equilibri troppo importanti e la dissoluzione di tutto un mondo. La regia e lo spettacolo hanno l’intento e l’obbiettivo di restituire al testo la straordinaria capacità, attraverso la voce di Medea e degli altri personaggi, di parlare, di evocare, di “far apparire” un mondo di passioni estreme, di paure, di incubi, di umane debolezze, di solitudine, di lotta disperata per la propria dignità, di forze oscure, misteriose, magiche ed arcane, di pulsioni innominabili, di violenza, in cui tutti noi finiremo per trovare, attraverso la parola di Anouilh, il nostro presente più dilaniato, il nostro oggi cosi travagliato, sia che si parli di rapporti umani, che di guerre, che di contrapposizione fra culture, che di “esuli”, che di lotta per il potere, che di eventi “straordinari” di violenza oppure di dolore o di sofferenza, che sembrano talvolta evocare il mito e gli straordinari personaggi mirabilmente disegnati dalla penna di Anouilh.
Perché (tra le tante) proprio questa Medea?
Mettere in scena oggi “Medea” di Jean Anouilh significa non solo rendere omaggio ad uno dei più grandi autori del teatro francese del Novecento, ma anche e soprattutto riscoprire un testo straordinario da ogni punto di vista, un testo in cui regna un personaggio come quello di Medea dalla enorme forza tragica, nella sua solitudine straziante, nella sua sensualità dolorosa, nel suo essere votata ad un amore che non conosce limiti, nella sua disperazione, nel suo essere travolta da un sentimento incontrollabile e nella sua rivolta alle regole. La “Medea” di Anouilh ha una struttura drammaturgica molto forte e caratteristiche specifiche ed originali che la rendono unica. In pochi testi come in questo ho trovato la perfezione della drammaturgia unirsi alla costruzione di personaggi teatrali dalla potenza tragica strepitosa e ad un’indagine psicologica straordinaria. Anouilh, mirabilmente, rende sentimenti e rapporti sempre più assoluti e universali, nella loro più scoperta quanto complessa umanità. La tragedia e la vicenda umana ed esistenziale di Medea assumono nel testo significati appunto universali e di straordinaria attualità.
Com'è la vorare con Barbara De Rossi?
Meraviglioso, perché Barbara unisce al grandissimo talento e alla straordinaria professionalità una umiltà non comune e un rispetto davvero unico nei confronti di tutto e tutti .
Che cosa ti ha lasciato la regia d'Opera? Ti ha soddisfatto di più l'Adelchi in jazz o Histoire du soldat di Stravinsky?
Io amo la musica forsennatamente , per cui ho amato fortissimamente tutte le mie regie che avevano la musica come protagonista, davvero non c’è niente di musicale che mi abbia deluso o soddisfatto di meno tra le cose che ho fatto.
Ripercorrendo il tuo lavoro di ricerca a ritroso cosa rifaresti sicuramente e cosa non rifaresti assolutamente?
Rifarei tutto, perché tutto è servito a migliorarmi, ad imparare. Rifarei anche gli errori perché erano “necessari” per capire, per andare avanti, per fare un percorso “vero”.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Proseguirai con Medea e poi...
Ci sono molti progetti in cui credo molto e che andranno in scena nella prossima stagione teatrale .
Concludendo, cos'è per te il Teatro?
Il teatro è diventato la mia vita, non saprei immaginarmi a fare altro. Il teatro secondo me inoltre oggi è ancora più importante di sempre, perché ha una libertà maggiore rispetto alla televisione di poter affrontare in maniera critica e approfondita temi importanti e di grande attualità e ha la possibilità di farlo confrontandosi ogni sera con il pubblico e questo confronto secondo me è vivo e vero come altrove è difficile immaginare. Il mio teatro inoltre risponde all’esigenza di parlare di ciò che mi circonda sia se porto in scena un testo moderno sia nel caso che si tratti di un classico di cui cerco sempre di mettere in evidenza la modernità e spesso la sconcertante attualità.
Fabio Montemurro
1 febbraio 2016