Yukonstyle è un riuscitissimo e applaudito spettacolo: nonostante indaghi la solitudine, la complicità, la frustrazione di una vita ai margini in un impervio e specifico territorio del Canada riesce a superarne i confini divenendo metafora esistenziale che prescinde geografia e lingua. Merito sicuramente dell’appassionante testo scritto dalla giovane autrice canadese Sarah Berthiaume, che in Italia è stato ottimamente tradotto e poi diretto dal regista Gabriele Paupini che ne ha affidato la rappresentazione alla sua compagnia BiTquartett, di cui fanno parte anche Marianna Arbia e Benedetta Rustici, arruolando per l'occasione Lorenzo Terenzi e Marco Canuto: nascono così Yuko, Kate, Garin, e Dad’s . Scopriamo qualcosa di più sugli attori e sui personaggi da loro magnificamente interpretati.
Quando sei venuto a conoscenza di Yukonstyle e come sei stato scelto per la tua parte?
Marianna Arbia (Yuko): grazie al regista Gabriele Paupini, che mi ha contattato chiedendomi di interpretare la parte di Yuko. Avendo studiato insieme e facendo parte della stessa compagnia, Gabriele conosce bene le mie caratteristiche attoriali e ha pensato che potessero essere quelle giuste per interpretare questo personaggio.
Lorenzo Terenzi (Garin): tramite l'annuncio di un'audizione su una mailing list per attori. Stavo lavorando in un altro spettacolo e non pensavo di riuscire a fare il provino, (ho scoperto durante le prove che all'inizio neanche volevano provinarmi perché dalle foto risultavo antipatico e magari avevano ragione!) invece ce l'ho fatta a tornare da Firenze a Roma in nottata e il giorno dopo ero al provino con altri ragazzi. Ero abbastanza provato e non sapevo fino a che ora saremmo andati avanti, abbiamo lavorato prima in gruppo con un riscaldamento collettivo e poi su alcuni frammenti del testo, dopo questa fase Gabriele ha selezionato alcuni di noi, cinque o sei non ricordo, per lavorare con le attrici della compagnia (Benedetta e Marianna) sulla prima scena. Loro due mi hanno aiutato molto e alla fine mi hanno scelto insieme a un altro attore per una lettura dell'intero copione il pomeriggio, insieme anche all'attore che avrebbe fatto il ruolo di Dad's (Marco). Dopo una porchetta e una birra siamo tornati in teatro, Gabriele ci faceva leggere a turno, io ero davvero stanco ma determinato e verso le 17.30 abbiamo finito. Momento di suspence in cui la compagnia si riunisce per decidere, ma poi ci dicono che avranno bisogno di più tempo, così ho portato le mie occhiaie a casa ma per fortuna dopo cena Gabriele mi ha chiamato per dirmi che avrebbero avuto piacere di lavorare con me.
Marco Canuto (Dad’s): ho conosciuto il mondo di Yukonstyle alcuni mesi fa quando sono stato contattato dal regista Gabriele Paupini. Cercava un uomo maturo che potesse impersonare Dad's, ma aveva bisogno di un attore che "comunicasse attraverso la stessa lingua scenica" della compagnia. Palandone con Lilli Cecere, la direttrice del Centro Internazionale La Cometa, era uscito il mio nome. Gabriele, Benedetta e Marianna hanno voluto incontrarmi ... "...e li è successo qualcosa...”, era come se ci conoscessimo da sempre. Scegliere di far parte di questa compagnia è stato di una semplicità disarmante.
Benedetta Rustici (Kate): era il 2 giugno scorso, erano giorni che cercavo un’idea da presentare al bando PILLOLE #tuttoin12minuti del Teatro Studio Uno, la scadenza era vicina e non volevo rinunciarci in alcun modo. Verso l’ora di pranzo mi ha telefonato Gabriele Paupini e mi ha detto che durante la notte aveva tradotto parte di un testo canadese del quale si era innamorato qualche tempo prima, era proprio il progetto giusto da presentare e dovevamo darci una mossa. In quel momento l’ho amato come non mai, ho preso un treno e l’ho raggiunto a Roma.
Quanto di te hai messo nel recitare il ruolo affidatoti e quanto di esso ti è rimasto dentro?
MA: penso che ogni attore utilizzi il proprio bagaglio culturale, emozionale ed esperienziale per costruire un personaggio. Partendo dall’analisi di Yuko e del suo percorso personale nel testo, ho cercato di capire cosa di me poteva essere utilizzato per la sua rappresentazione e, in questo caso, avevamo molto in comune. Sicuramente Yuko è molto più forte di me e penso sia questa la caratteristica fondamentale che porterò sempre con me.
LT: tutto. Tutta l'arte è completamente inutile, come dice Wilde, per questo per quanto mi riguarda o ci metto tutto me stesso e sposto il mio limite o non serve a niente. La regia di questo spettacolo ci affidava molta libertà ma anche molta responsabilità per cui non potevamo risparmiarci. Di Garin mi è rimasta molto la questione della diversità, di sentirsi incompleti e la rabbia che sgorga improvvisa da un malessere che non dipende da noi, mi è piaciuto lavorare molto su questo ma anche sulla possibilità che tutto si può risolvere grazie all'amicizia o all'amore o semplicemente uscendo un minimo da sé e vedendo ciò che abbiamo intorno.
MC: per affrontare questa parte complessa ho dovuto ripescare tutti i rimpianti della mia vita e metterli a disposizione di Dad's; ho lavorato sul "cosa avrebbe potuto essere se..." e sul fatto di mettere continuamente un tappo fatto di gin su questi rimpianti; un tappo che mio figlio Garin vuole togliere. Il rapporto contrastato con mio figlio è il secondo punto su cui mi sono focalizzato. L'inadeguatezza a essere padre e il non riuscire a comunicare profondamente e onestamente con u un altro essere umano sono il vortice su cui gira tutta la vita di Dad's. L'ambientazione terribile e affascinante dello Yukon di cui è pregno tutto il testo è la cosa che più mi è rimasta di questo lavoro, uno strato di gelo che difficilmente se ne va.
BR: Kate è meravigliosa, io c’ho solo provato. Ha un corpo interessante al quale dare vita, ha 10 anni meno di me, più di 10, tanta energia e parla a sproposito. La adoro. Da qualche racconto, alla sua età non dovevo essere tanto diversa, ma il suo grande coraggio e il suo non giudicarsi mai, ecco, quelli forse mi mancano. Mi è rimasta addosso tanta voglia di stare ancora insieme a lei.
Il tuo prossimo impegno quale sarà?
MA: sarà legato all’educazione teatrale in ambito sociale. E prossimamente lavorerò a un nuovo spettacolo intitolato Herbarie, con la direzione di Gabriele Paupini e Matilde d'Accardi. Questa volta interpreterò il ruolo di una madre molto sapiente in ambito di cure naturali che trasmette il suo sapere alla figlia.
LT: sto lavorando ad uno spettacolo tratto da un testo argentino che ha tradotto la mia compagna, Alice Ferranti, dal titolo Un qualche rumore fa di Romina Paula, alla versione estesa di Vomito - un mio monologo con cui ho vinto Shortlab 2017 come miglior testo - sto finendo le prove del Dio Rosso di Jack London e a breve inizierò le prove come assistente di Baliani per una Mandragola. Dopo riprenderò uno spettacolo con Gabriele Lavia. Di impegni ne ho scritti più d'uno e la domanda era al singolare, ma se faccio una cosa alla volta mi deprimo. Sarà spocchioso ma impegnarmi su più cose è il modo migliore per stare scomodo e stimolarmi.
MC: sto collaborando da diversi mesi con l'AIC (Associazione Italiana Corazzieri) per la stesura e messa in scena di un monologo che racconti la storia e la vita del corpo dei Corazzieri, in occasione del 150 anno (1868-2018) della loro fondazione. A maggio sono previsti a Roma tre giorni di eventi ufficiali tra cui lo spettacolo che sto scrivendo.
BR: nelle prossime settimane lavorerò a una lettura scenica con testo e regia di Giacomo Sette, che debutterà a BLUE DESK, Roma, e al nuovo videoclip di Luciano D’abbruzzo,un bravo cantautore e miglior interprete al Premio Fabrizio De Andrè 2015. In attesa di avere conferma da qualche festival estivo, aspetto con gioia anche le riprese del terzo capitolo di “Bia”, la trilogia di corti sulle periferie diretta da Valerio Nicolosi, scritta insieme a Paolo Verticchio.
Cristian Pandolfino
14 marzo 2018