La rubrica “Danzatori in movimento” esplorerà la vita e la carriera di danzatori e coreografi che, per un breve o un lungo periodo hanno scelto di vivere e lavorare al di fuori dei confini italiani.
Un appuntamento mensile, in cui incontreremo personaggi noti e meno noti del panorama della danza italiana, che ci racconteranno la loro esperienza all'estero e come questa ha influito sulla loro crescita personale e professionale. Scopriremo come il loro percorso artistico si sia arricchito e ci darà un'idea delle opportunità che il mondo offre ai talenti della danza. Siamo entusiasti di condividere con voi queste storie emozionanti e ispiratrici, e di scoprire insieme come l'espressione artistica possa superare i confini geografici.
Intervista a Enrico Ticconi e Ginevra Panzetti
Breve bio
Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi vivono tra Berlino e Torino e lavorano insieme come duo artistico dal 2008. La loro ricerca si sviluppa nell’ambito della danza, la performance e l’arte visiva. Approfondendo tematiche legate alla storica unione tra comunicazione, violenza e potere, attingono ad immaginari antichi costruendo figure o immagini ibride tra storia e contemporaneità. Entrambi si diplomano presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e frequentano la Stoa, scuola di movimento ritmico e filosofia diretta da Claudia Castellucci.
Nel 2010 si trasferiscono in Germania e approfondiscono percorsi individuali ma reciprocamente complementari: Enrico studia a Berlino Danza e Coreografia presso la Inter-University Center for Dance (HZT), Ginevra arte Intermediale presso l’Accademia di Belle Arti di Lipsia, Hochschule für Grafik und Buchkunst (HGB). Con il loro lavoro coreografico HARLEKING (2018) ottengono diversi riconoscimenti internazionali, oltre ai più importanti festival internazionali, è stato presentato alla piattaforma europea AEROWAVES Twenty 19, alla New Italian Dance (NID) Platform e alla Tanzplattform Deutschland 2020. Nel 2019 vincono con la performance site-specific JARDIN / ARSENALE il premio Arte Laguna 13 nella sezione performance e videoarte, la prima edizione del Premio Hermès Danza Triennale Milano con il quale realizzano il loro ultimo lavoro AeReA, il Premio Danza&Danza come coreografi emergenti e vengono nominati “Talento dell’anno” dalla rivista tedesca Tanz.
La loro ultima ricerca artistica indaga il potere simbolico dell’oggetto bandiera e ha preso forma attraverso la realizzazione di un dittico composto da due lavori coreografici (AeReA / 2019 e ARA! ARA! / 2021) e si è concluso con un lavoro filmico (Silver Veiled / 2021). Con AeReA hanno vinto la prima edizione del Premio Hermès Danza Triennale Milano, mentre ARA! ARA! è stato sostenuto dalla Fondation d’entreprise Hermès nell’ambito di New Settings Program. Il lavoro filmico Silver Veiled è stato commissionato dal Dublin Dance Festival e presentato al Torino Film Festival. Nel 2021 ricevono una commissione dalla compagnia berlinese Dance On Ensemble per realizzare la loro ultima creazione per più performer MARMO, una risposta coreografica al lavoro di Lucinda Childs.
Quando avete lasciato l'Italia per trasferirvi in Germania?
Da cosa è nata questa decisione?
Ci siamo trasferiti entrambi in Germania nel 2010, dopo aver completato gli studi all’Accademia di Belle Arti di Roma. Sentivamo il bisogno di approfondire le nostre peculiarità artistiche in contesti scolastici che sostenessero maggiormente l’azione creativa attraverso molteplici linguaggi. Enrico ha frequentato a Berlino la scuola di performance e coreografia contemporanea HZT, che offre un contesto di scambio e formazione di danza contemporanea che non era presente in Italia. Ginevra invece a Lipsia ha frequentato presso l’Accademia di Belle Arti HGB il corso “Arte dei media” aperto a diversi linguaggi artistici (desiderio iniziale non appagato dall’indirizzo troppo specifico e poco esaustivo a Roma).
Come vi siete trovati inizialmente? É stato difficile ambientarsi?
Abitando in due città e frequentando due università molto diverse tra loro, l’impatto è stato differente. Ciò che ha creato la medesima reazione molto positiva in entrambi è stato il supporto offerto dalle Università e dal corpo docente che si relazionano agli studenti come giovani autori, che hanno la possibilità e responsabilità di abitare spazi professionali, ampi e ben attrezzati per crescere nell’atto pratico.
Una grande differenza tra noi è stata invece legate alla lingua straniera. L’Accademia di Ginevra era in tedesco, lingua parlata da nessuno dei due una volta arrivati in Germania, mentre quella di Enrico in inglese. La lingua è chiaramente un elemento fondamentale quando ci si trasferisce in un altro Paese perché determina la profondità dello scambio, della comunicazione sia nei rapporti privati, che tenti immediatamente di tessere, sia a livello professionale, quando presenti il tuo lavoro. L’arrivo a Berlino, anche per la sua internazionalità, è stato e si è consolidato più dolce. Lipsia, città interessante ma più piccola e dai tratti storico culturali severi, è stata una casa più complessa da abitare.
Potete raccontarci il vostro esordio all'estero e uno spettacolo che vi é particolarmente a cuore?
Durante i primi anni trascorsi in Germania, grazie al supporto di entrambe le scuole, abbiamo realizzato differenti lavori, tra cui video, istallazioni, performance e coreografie, come Die Wanderer (2011), Actio (2012), La Sala del Mappamondo (2012), Empatia (2013). Se dovessimo menzionarne uno in particolare come chiaro debutto all’estero o che ha aperto il nostro lavoro ad una prospettiva professionale è stato Le Jardin (2016). Questo perché per la prima volta abbiamo ricevuto un fondo pubblico tedesco che, non solo ci ha permesso di sperimentare la creazione in maniera più solida integrando altri collaboratori, ma anche perché ha segnato il passaggio dall’essere studenti/autori a lavoratori/autori. E’ un momento fondamentale, che permette di sottrarre il tempo a lavori necessari al basilare sostentamento per dedicarli alla creazione, pensandola finalmente anche come possibilità lavorativa. Le Jardin, nonostante sia distante dalla scena tedesca come molti dei nostri lavori per l’attenzione alla forma, è stato apprezzato per la sua partitura rigorosa, basata sul ritmo del passo e ci ha permesso il primo reale confronto con il pubblico.
Come viene vista la danza all'estero, anche a livello di educazione scolare?
E’ difficile rispondere avendo ogni Paese la propria storia e specificità, in linea generale tra i paesi esteri che più frequentiamo ossia Germania e Francia, ci sembra di osservare che venga accolta più facilmente come una forma d’arte ampia, sempre più in grado di abbracciare i più svariati linguaggi, ma questo è anche la tendenza che osserviamo generalmente nella scena contemporanea. Differente è di Paese in Paese, se parliamo invece come viene percepita in termini lavorativi, qui le differenze sono immense. L’artista in Germania è sin dall’Accademia introdotto all’idea di essere un professionista, come dicevamo in precedenza l’alunno è già un autore, giovane ma autore e dopo lo studio, ha il diritto di pensarsi come lavoratore/lavoratrice con una necessaria remunerazione. In questo la Germania è per diversi casi di grande supporto, in Francia o Belgio ci sembra di osservare molto di più grazie ad un sistema culturale solido e costante. In Italia il sistema è nella teoria buono, come possiamo dire ad esempio del sistema sanitario, mancano spesso numeri e/o volontà per renderlo reale nella pratica, a parte pochi casi ben supportati. Ci teniamo ad aggiungere però che ha in compenso tantissimi Festival e un'ottima rete di comunicazione sia per la curatela, che per i sostegni, cosa invidiabile e che dovrebbe essere osservata da un paese come la Germania che ha maggiori possibilità economiche, ma ben inferiori capacità di creare rete e offrire possibilità di diffusione sul territorio anche ad autori/autrici molto sostenuti.
Come avete vissuto il periodo della pandemia?
Il periodo pandemico ha avuto degli enormi alti e bassi. Noi siamo stati particolarmente fortunati in termini lavorativi dal momento che ha in buona parte coinciso con un lungo periodo di creazione dedicato ad ARA! ARA! (2021). Essendo in due siamo riusciti a lavorare in spazi di residenza tra Italia, Francia e Germania, riuscendo a completare la creazione anche se con diverse difficoltà. La composizione musicale ad esempio di Demetrio Castellucci, per noi fondamentale parte del processo creativo, è stata fatta completamente a distanza inviandoci di continuo file video e audio fino al debutto. Demetrio tutt’oggi non ha ancora visto dal vivo il lavoro per il quale ha composto un dominante paesaggio sonoro. La creazione che invece ha debuttato nel 2019, Aerea, ha avuto un importante rallentamento nel tour che siamo però felici stia recuperando grazie anche al sostegno di Aurelie Martin, tour manager e vicina collaboratrice.
Da cosa é nata la scelta di tornare a lavorare anche in Italia?
Non lo immaginiamo un ritorno dal momento che, come artisti, non sentiamo di essercene mai andati. Enrico vive tutt’ora a Berlino mentre Ginevra a Torino da ormai sette anni. Anche mentre abitavamo entrambi in Germania non è mai svanito l’interesse nel mantenere viva la relazione con il nostro Paese d’origine. Il nostro lavoro dichiara una provenienza culturale che siamo felici possa svelarsi anche come caratteristica all’occhio di molti. Piuttosto le possibilità di essere presenti nella scena artistica, principalmente quella della danza è stata inferiore per diversi dei primi anni trascorsi in Germania, ma siamo molto felici ad oggi di ricevere un’attenzione e un supporto che ci permettono di vivere il nostro Paese di origine anche come artisti e lavoratori.
Avete un consiglio da dare a giovani danzatori che vivono in Italia e guardano all'estero come possibilità lavorativa?
Forse più che consigli considerazioni, dubbi da porre per uno sguardo più possibilmente slegato da preconcetti. Noi cresciuti in Italia apprendiamo profondamente un senso di inferiorità nei confronti dell’ideailizzato estero che può provenire in buona parte dal nostro passato culturale di emigranti, tutt’ora in atto ma in altre percentuali. Guardiamo fin troppo all’esterno come la soluzione e per alcuni aspetti (ne siamo un esempio), questo avviene. E’ un peccato quando la stima di un sistema estero si trasformi in incapacità di osservare e riconoscere gli aspetti positivi presenti nel Paese di provenienza.
Una delle nostre caratteristiche culturali ci fa spesso oscillare da un campanilismo ottuso spesso legato al passato ad una autodenigrazione del presente. Squalificare, denigrare a priori non permette di avere uno sguardo lucido sulle molte e specifiche possibilità che esistono. L’esperienza in Germania infatti non ci ha dato solo il modo di constatare gli aspetti positivi di quel sistema, ma anche degli aspetti postivi che esistono e continuano a nascere in Italia. Ad esempio i tanti Festival che permettono in prospettiva di dar vita al proprio lavoro dal vivo, un vitale e numeroso sistema di residenze artistiche, l’interesse e l’impegno a fare rete tra tanti e differenti festival e teatri, tutti aspetti che in Germania esistono in misura estremamente ridotta.
Riteniamo comunque molto importante fare un’esperienza all’estero per avere un confronto culturale sia come artisti che come lavoratori. Il consiglio è di osservarlo come sistema differente da cui poter imparare e che in alcuni momenti può essere di particolare sostegno, ma che a sua volta può presentare delle fragilità differenti da quelle a cui siamo abituati e quindi anch’esso necessitare dello scambio per migliorarsi.
Alessia Fortuna
28 marzo 2023
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foto di Ettore Spezza