Dal 29 gennaio al 9 febbraio al Teatro Argentina Claudio Longhi porta in scena il premio Nobel Elias Canetti con LA COMMEDIA DELLA VANITÀ, grottesco e raffinato incubo distopico in cui un governo totalitario mette fuori legge la “vanita”: tutti gli specchi sono banditi. Tra il clangore della folla invasata e il tintinnio degli specchi in frantumi si snoda la parabola di un’umanità brulicante che, giorno dopo giorno, conquista la propria sopravvivenza come può facendo i conti con la violenza del potere.
Uno spettacolo che vede in scena due musicisti, Renata Lacko e Sándor Radics, e ventitré attori – Fausto Russo Alesi, Donatella Allegro, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Aglaia Pappas, Franca Penone, Simone Tangolo, Jacopo Trebbi di cui tredici diplomati alla Scuola Iolanda Gazzerro di ERT Fondazione Rocco Ancarola, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti, Oreste Leone Campagner, Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo, Elena Natucci, Marica Nicolai, Nicoletta Nobile, Martina Tinnirello, Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana – per proporre al pubblico una delle opere meno conosciute ma più attuali di Elias Canetti.
La commedia della vanità, scritta per il teatro fra il 1933 e il 1934, pubblicata solo nel 1950 e rappresentata per la prima volta nel 1965, descrive un mondo distopico nel quale un editto bandisce tutti gli specchi e i produttori degli stessi sono messi a morte. Prendendo spunto dal rogo dei libri avvenuto il 10 maggio 1933 a Berlino, Elias Canetti immagina un grande fuoco di ritratti, foto e specchi. La massa accoglie inizialmente con entusiasmo questo divieto, per poi scoprire, dopo diversi anni, che a essere distrutta è l’idea stessa di identità più che l’autocelebrazione. Sullo sfondo l’incubo di una dittatura nascente acclamata a gran voce dalla massa, come afferma lo stesso Claudio Longhi: «Per un verso è evidente nel testo la critica alla rappresentazione come strumento di auto-riconoscimento, alla propensione umana a far dipendere la propria identità dalla rappresentazione del sé, con la quale, come ci spiega Föhn, ognuno di noi vive in stato “coniugale” fin dalla nascita. Ed è una critica aspra, quella di Canetti, che non può lasciare indifferente il nostro presente, regno assoluto e incondizionato del selfie. Eppure il testo, nella sua crociata iconoclasta, ci induce a riflettere pure su come le dinamiche rappresentative siano effettivamente costitutive della dimensione identitaria. L’astinenza da immagine induce al dissolvimento dell’io, ma questo dissolvimento esaspera, per converso, il bisogno di io – aprendo la strada a sbandamenti populistici e autoritaristico-dittatoriali. Nella parte finale della drammaturgia vanno in scena individui che, dopo anni di vessazioni e negazioni della rappresentazione, hanno perso la propria identità e che proprio per questo si dedicano all’erezione della statua di un nuovo dittatore. La costruzione dell’identità si è ormai trasformata in loro in un bisogno perverso».
Dialetti, sgrammaticature, lirismi si intrecciano sulla scena precipitando lo spettatore in una torre di Babele caotica e avvolgente. Nella rilettura scenica di Claudio Longhi, questo coro polifonico deborda dal palcoscenico ad investire la platea, restituendo al pubblico tutta l’urgenza e la profondità – ma anche il divertimento – del testo di Canetti.
redazione
23 gennaio 2020
informazioni
Teatro Argentina
29 gennaio ● 9 febbraio 2020
Claudio Longhi, in continuità con alcuni dei suoi ultimi lavori fra cui La resistibile ascesa di Arturo Ui,
Il ratto d’Europa e Istruzioni per non morire in pace, accumunati tutti da una riflessione sull’idea di Europa nel nostro presente e nei primi anni del secolo scorso e
sui rischi di uno sbandamento dittatoriale, porta in scena Elias Canetti, lo scrittore premio Nobel per la Letteratura nel 1981, che con la sua voce ha segnato profondamente il Novecento.
«Per i suoi lavori caratterizzati da un’ampia prospettiva, ricchezza di idee e potere artistico», recita così la motivazione che ha accompagnato il premio.
LA COMMEDIA DELLA VANITÀ
di Elias Canetti
traduzione Bianca Zagari
regia Claudio Longhi
con Fausto Russo Alesi, Donatella Allegro, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea,
Eugenio Papalia, Aglaia Pappas, Franca Penone, Simone Tangolo, Jacopo Trebbi
e con Rocco Ancarola, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti, Oreste Leone Campagner, Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo, Elena Natucci,
Marica Nicolai, Nicoletta Nobile, Martina Tinnirello, Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana
violino Renata Lacko - cimbalom Sándor Radics
scene Guia Buzzi - costumi Gianluca Sbicca - luci Vincenzo Bonaffini - video Riccardo Frati
drammaturgo assistente Matteo Salimbeni - assistente alla regia Elia Dal Maso - assistente ai costumi Rossana Gea Cavallo
preparazione al canto Cristina Renzetti - scene costruite nel Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
foto di scena Serena Pea - si ringraziano Giovanni Zagari e Giovanna Cermelli - si ringrazia per la collaborazione Luca Napoli
Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale
Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana, LAC Lugano Arte e Cultura
nell’ambito del progetto “Elias Canetti. Il secolo preso alla gola”
ROGHI DI LIBRI _ da Canetti alla Pecora Elettrica
Assemblea cittadina sui presidi culturali a Roma
Venerdì 31 gennaio (ore 17) Sala Squarzina con Claudio Longhi, Lisa Natoli,
Christian Raimo/Collettivo Grande come una città, Alessandra Artusi e Danilo Ruggeri (La pecora elettrica)
e alcuni membri della rete di associazioni culturali di Centocelle, coordina Graziano Graziani