Domenica, 24 Novembre 2024
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I figli Alice, Vincenzo e Maria sono arrivati la sera prima. Il fratello maggiore Roberto anche. Un fine settimana nella casa di campagna di Silvio, all’inizio del villaggio spopolato dove vive da solo da tre anni. Silvio ha acquisito, nella solitudine, un buon numero di manie, la più grave di tutte: non vuole più camminare. Non si vuole alzare. Vuole stare e vivere seduto il più possibile. E da solo. Si tratta, per i figli che finora non se ne erano preoccupati troppo, di decidere che fare, come occuparsene, come smuoverlo da questa posizione che è una metafora del suo stato mentale: che è quella di un uomo che vive accanto all’esistenza e non più dentro la realtà. Emergono qua e là empatie, distanze e rese dei conti. I familiari di Silvio sono venuti a trovarlo per la messa dei dieci anni dalla morte della moglie…

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“Questi tre racconti sono nati malsani, urgenti e ruggenti per me.
Se nei miei romanzi mi sono finora confrontata con la Storia sia pubblica del nostro Paese
che privata della mia famiglia, nelle narrazioni brevi ho concentrato
fobie, illusioni, paure e fantasticherie che mi riguardano, frattaglie della mia intimità.
Se nel romanzo c’è l’ordine, il progetto, il tempo dilatato,
in questi racconti ci sono visioni, frammenti, allusioni.
C’è l’essere donna in diversi momenti della vita, c’è la vecchiaia, c’è l’estrema giovinezza,
c’è l’oblio, c’è la nevrosi, c’è la spigolosità delle parole.”
cit. Giulia Caminito


"Guardavamo gli altri ballare il tango"è un progetto teatrale tratto dalla trilogia di racconti omonima di Giulia Caminito.

Celeste ha fatto tagliare gli alberi nel proprio giardino, si fa passare il cibo da una buca per le lettere e condivide la sua casa—prigione con una giovane dai vestiti fiorati. Insieme devono far fronte a una radice nera e cattiva che spunta al centro del salotto.

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"Alla nostra generazione le scelte definitive fanno paura. Tutto è così mutevole, pieno di opportunità… Ogni cinque anni cambia tutto: computer, telefoni, automobili, vestiti. E quello che non cambia diventa obsoleto. Mentre il matrimonio sembra un blocco di marmo, che rimane lì, per sempre. Almeno in teoria."

Com'è vista l'ipotesi di un figlio dai giovani d'oggi? Maternità, precariato e dinamiche di coppia sono gli ingredienti principali di questa commedia dai risvolti a volte drammatici, a volte divertenti, scritta e diretta da Marco Pizzi.

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Un Ibsen da record, applaudito da oltre 17.000 spettatori per 31 repliche nella passata Stagione, ritorna con l’allestimento energico e potente di Un nemico del popolo diretto e interpretato da Massimo Popolizio, che firma lo straordinario successo di questa impresa teatrale dal respiro etico-politico, recentemente premiato con un doppio Ubu al miglior spettacolo 2019 e alla migliore attrice protagonista Maria Paiato, in scena in panni maschili.

Una produzione del Teatro di Roma – dal 17 al 26 gennaio al Teatro Argentina – gratificata non soltanto al botteghino ma intercettata dalla sensibilità del pubblico e della critica per la qualità dell’operazione, che replica la formidabile accoglienza dell’acclamato e pluripremiato Ragazzi di vita. Con il classico ibseniano Massimo Popolizio restituisce con slancio, modernità e senso della parodia lo scontro tra fratelli, la corruzione del potere e la contaminazione ambientale, temi ancora attuali in grado di parlarci del nostro tempo.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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