Una sorta di Madonna dei bassifondi, turpiloquiante e bestemmiatrice, la Maria Croce, protagonista di Stabat Mater, ragazza madre, ex-prostituta, ma neanche troppo ex, ora stralunata straccivendola cui l’autore impone, similmente agli altri personaggi dei suoi Quattro atti profani, un’irrefrenabile e farneticante logorrea, un’incontinenza verbale comicamente oscena, fatta di martellanti interiezioni e ripetizioni, tipiche di chi vuole riaffermarsi ri-dicendo e non riesce più a parlare se non stra-parlando. E' proprio il linguaggio o, meglio, questa sua singolare rottamazione, una delle ossessioni e cifre stilistiche di Antonio Tarantino (che è poi stata la fascinazione primaria nel voler mettere in scena questo testo).
È il linguaggio di quella marginalità suburbana, dannata, condannata e dimenticata dalla Storia.