Lunedì, 25 Novembre 2024
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DANIELA MORIZZI: UN'ATTRICE POLIEDRICA

#intervista

Il 20 gennaio 2017 al Cinema Teatro 4 Mori di Livorno, durante le prove dello spettacolo Smanie per la villeggiatura di Goldoni con la regia di Emanuele, abbiamo avuto modo di parlare con le attrici Daniela Morozzi e Romina Carrisi Power (leggi qui per leggere la seconda l'intervista).

Daniela Morozzi è una simpatica attrice fiorentina, conosciuta soprattutto al pubblico televisivo per aver interpretato i ruoli di Vittoria Guerra nella fiction Distretto di polizia e di Ada in Il commissario Manara. Molte altre sono state le sue interpretazioni. 

 

Qual è la differenza tra la recitazione televisiva/cinematografica e quella teatrale?

La recitazione è recitazione, non cambia. Cambia il modo e il linguaggio, perchè mentre in teatro hai il pubblico, nel cinema non c’è e questo ti cambia. Il modo in cui portare la voce, i movimenti, è tutto più diretto e organizzato, non ci sono pause, un’ora e mezzo e via, il rapporto con il pubblico è fondamentale, per cui devi stare con loro sempre, sono un’ora e mezzo/due intense, dove non puoi mollare, dove il corpo e la voce devono essere davvero un tutt’uno. Nel cinema o nelle fiction l’attore è più a servizio delle macchine, della ripresa e quindi l’autonomia è un po’ minore, nel senso che devi essere molto naturale, cercare un’espressività, la più semplice possibile, perché tutto quello che tu ingrandisci poi diventa enorme in un video o in uno schermo, per cui diciamo è come se tu abbassassi i toni, ma l’intensità emotiva e l’autenticità che ogni attore secondo me deve avere, è la stessa in ambo i linguaggi.

 

Può parlarmi delle Smanie per la villeggiatura e del suo ruolo?

Le Smanie è un testo rappresentassimo di Goldoni da sempre. Nella versione ridotta del testo da Emanuele Barresi che ne cura anche la regia, ha preso tanto brio e parla di un’aristocrazia che ora non esiste più, che viveva la villeggiatura come una fuga dalla realtà, dai problemi, e quindi come dire, si preoccupavano di molte cose tranne, a volte della sostanza, ma quando scappi dalla sostanza scappi dai problemi e scappi dalla quotidianità. Sono dei personaggi (non tutti) abbastanza frivoli, tranne Giacinta, che è interpretata da Romina Carrisi Power. Il mio personaggio è Vittoria, questa donna che sta un po’ sfiorendo, che riversa su questa villeggiatura tutta la sua importanza, è un personaggio un po’ vuoto, malinconico. Si preoccupa del suo abito, delle apparenze e di andare in campagna e lì passare questo mese ad essere quella che forse lei in realtà non è, quindi una donna mondana, una donna che gioca a carte e questo anche a discapito di debiti, di difficoltà di relazioni. E’ quasi fanciullesca, come se rifiutasse qualsiasi problema per andare incontro a una vacanza dove lei pensa che possa succedere qualcosa. È molto in competizione con Giacinta, che è la protagonista e una bellissima donna, ma non sull’intelligenza e cerca di essere sempre la prima, di avere sempre tutto.

 

Come’è approdata alla Compagnia Degli Onesti?

(ride) Ci fu un onesto compagno, che è Emanuele Barresi, con cui ho fatto molti anni fa un film insieme a Paolo Virzì, Baci e abbracci, ed era nata un’amicizia importante. Dopo ci siamo persi per un po’ di tempo, ma poi ci siamo rincontrati come amici e poi, quando lui ha iniziato questo percorso e mi ha chiamato, come potevo dire di no ad Emanuele Barresi? … Una follia.

 

Che tipo di teatro predilige? Classico o contemporaneo?

Quello che faccio normalmente io è sempre un teatro contemporaneo, una prosa anche di denuncia sociale, ho lavorato molto con testi sulle donne, però mi piace un sacco la commedia e non credo ci sia una cosa migliore dell’altra. Mi piace molto il reading, trovo che sia una forma sottovalutata, farla, scriverla, mi piace molto il rapporto con la musica in scena, è una cosa su cui io punto tanto a livello personale. 

 

Come vede il futuro dei giovani nel teatro?

Penso che i giovani vivano una depressione, un po’ anche indotta, nel senso che a volte fanno fatica a credere che ci siano delle possibilità, che sono in effetti poche e minate da una crisi ovviamente globale che viviamo e di cui siamo tutti consapevoli, però io credo che ci sia ancora grande spazio, grande margine e credo che il teatro sia ancora quel luogo dove si possono raccontare delle storie e trovare un’identità importante anche per i giovani. Io adoro i giovani tenaci, che se la combattono. 

 

Qual è il suo libro preferito?

L’ultimo libro che mi ha fatto impazzire si intitola Pastorale americana di Philip Roth. Ho impiegato molto tempo prima di leggerlo, ce l’avevo lì da sei anni, poi l’ho letto e mi ha “rapito”. Ci sono un miliardo di libri meravigliosi, io sono un’amante di Calvino, mi fa impazzire la sua scrittura. 

 

E in televisione cosa guarda? Oggi vanno molto di moda le serie televisive americane...

Quelle le guarda Stefano Santomauro, ma per le serie televisive americane… non mi hanno mai chiamata e non capisco perché, io sono perfetta per fare l’american girl (ride). Mi piacciono tanto, ma adesso non posso dedicarmici, però ho sul copione delle Smanie scritti tutti i titoli che mi ha suggerito Santomauro, per cui quest’estate, quando avrò un po’ più di tempo, prometto che entrerò nel viaggio senza uscita delle fiction. Credo che siano fatte bene e mi piacciono un sacco anche perché quelle americane, le poche che ho visto, hanno attori straordinari dove abbattono il muro tra televisione e cinema e così diventano cinema anche le serie. 

 

Per concludere, a Livorno si mangia bene, lei è una brava cuoca? Le piace il cacciucco? 

Faccio pena come cuoca, però mangio parecchio bene  (ride). Il cacciucco non tanto perché sono allergica a un sacco di pesci. Però la torta, non dirò cecina perché sennò mi picchiate, la torta mi “manda al manicomio”, anche quando ero incinta era una delle voglie che avevo, solo che a Firenze era complicato trovarla tranne in Piazza Duomo. (per tutti coloro che non sono livornesi, spieghiamo che con il termine torta si intende un impasto di farina di ceci cotta in teglia di rame; ma mi raccomando a Livorno chiamatelo “cinque e cinque” e non cecina come fanno a Pisa o Firenze!).

 

Gabriele Isetto

21 gennaio 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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