Sabato, 23 Novembre 2024
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Scusate, ma le principesse mica sono tutte uguali! Certo, però “Shhh…non lo dire a nessuno”

Recensione dello spettacolo "Shh... non lo dire a nessuno" andato in scena al teatro Studio Uno dal 26 al 29 gennaio 2017

Al Teatro Studio Uno, è andato in scena Shhh…non lo dire a nessuno, spettacolo scritto e recitato da una giovane Ludovica Bei, accompagnata da un “magico cantautore”, Nico Maraja.

Può uno spettacolo esser piacevole, rischiando poi di richiudersi su se stesso e sul messaggio che voleva far emergere? Il teatro è un potente mezzo comunicativo, una macchina che riporta un concentrato di immagini e messaggi annessi. La commedia della Bei, frizzante e immedesimata, si propone come la fiaba distorta di una principessa moderna. E uno spettacolo dai contorni fiabeschi viene, effettivamente, portato in scena.

Come in una fiaba, anche nello spettacolo, si parla di alleati, antagonisti, personaggi che si muovono e muovono la trama della vita della principessa. Con tanto di coroncina in testa e abito rosa, la Bei entra in scena e racconta della sua speranza di fiaba a lieto fine, del contesto contemporaneo, che già di per se è complicato da affrontare, e delle figure (della madre, del padre, del principe azzurro ecc.) riportate in chiave ironica. Uno spaccato psicologico per ogni personaggio che evidenzia le differenze generazionali, ne mette in luce le contraddizioni, i lati paradossali e, dunque, comici. Divertente e coinvolgente, il monologo viene presentato da un’introduzione sonora di un musico, un cantautore ingiacchettato ed elegante che accompagnerà con vari jingle le parole della principessa/attrice. Una coppia che funziona. Lo spettacolo fresco, leggero, dove il pubblico segue attento e divertito le battute autoironiche, i lamenti per  un mondo dove il contatto sentimentale passa prima attraverso uno schermo luminoso, dove i divieti e lo “shh…non lo dire a nessuno” hanno rappresentato la base educazionale di individui che sarebbero poi i giovani di oggi.

“L'occhio vigile di questo quadro è un personaggio ingenuo e per lo più vittima di una società che regala l'ipotesi di grandi aspettative e la certezza di grandi delusioni.

Sicuramente tramite questa storia vorrei raccontare il senso di inidoneità che attraversa la mia generazione” afferma la Bei. Nella sua storia, oltre a ironizzare sui sensi di colpa e ridere di un mondo contraddittorio, la principessa spera nella possibilità di realizzare un suo piccolo sogno di normalità (o meglio quella che viene definito come normalità) e cioè avere una casa, una famiglia numerosa, una grande tavola dove si sta tutti insieme a mangiare, un principe azzurro che non sia il solito mammone o vanesio o con paranoie, insomma, un principe azzurro da favola. E che male c’è a sognare, che male c’è a voler sentirsi davvero una principessa? Nessuno. Ognuno desidera ciò che vuole e guai a distruggere i sogni! Ognuno cerca di riparare con le speranze e ricostruire aspetti fragili dovuti anche ad alcune mancanze.  Però, sono tutte uguali queste principesse? O meglio, chi ha detto che esser principessa vuol dire avere casa, famiglia, principe azzurro a carico e coroncina in testa?  Voleva essere solo la favola di chi vuole realizzare i suoi personalissimi sogni ? Giusto, peccato che fuori ancora molti credono che la favola del lei rosa confetto e lui blu sul cavallo debba essere uno schema rigido in cui rinchiudere i sessi. Da uno spettacolo che si propone come satirico nei confronti dei comportamenti umani non ci si vuole aspettare poi la chiusura nello stereotipo. Frasi come “tu principe azzurro mi devi sposare, salvare” possono sì essere dette con leggerezza, ironia e sempre riferimento al sogno personale di una singola persona, ma destano una sorta di orticaria derivata da anni di immagini standardizzate, sulle quali ci sono ancora dibattiti accesi dove donne  hanno cercato e cercano da tempo di non far rinchiudere i desideri propri in clichè comuni.

Lo spettacolo per alcuni versi scardina degli elementi che sono prototipi, e quindi ridicoli per natura quando ci si ironizza su, nel contempo scivola nel rischio di ripristinare degli elementi di sottile ideologia anche patriarcale. Giusto, giovane principessa, desiderare ciò che più ci rende felici, ma il principe azzurro al massimo deve sostenere e supportare, perché compagno e individuo, non salvare. Voleva essere veramente sarcastico nei confronti di un mondo folle lo spettacolo? Ad esempio, se il tutto si fosse concluso con uno “Shhh….non lo dire a nessuno, ma sono lesbica” si sarebbe veramente ribaltato lo stato della storia, che sembrava procedere in un senso, ma poi si risolveva in altro.

Qualcuno ora dirà che basta con questo alternativismo ribelle dove l’omosessualità, il gendere ecc devono stare al centro della ribalta (non accorgendosi che non sono forme di esibizionismo, al massimo di educazione sessuale assente per alcuni). La vera rivoluzione, dicono, sta nel riconfermare dei canoni di normalità. Ecco, il punto sta proprio qui. Se esiste ancora gente che definisce una cosa normale e un’altra no … beh, non ci siamo proprio. Attendiamo altri lavori dove la carica della Bei possa ancora esprimersi.

 

Erika Cofone

4 febbraio 2017

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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