Recensione dello spettacolo Il sentiero dei passi pericolosi in scena al Teatro dell’Orologio dal 3 febbraio al 5 febbraio 2017
Una fitta nebbia invade lo spazio teatrale non appena la porta della sala viene aperta: quale miglior modo per addentrarsi ne Il sentiero dei passi pericolosi? Dopo aver raggiunto il proprio posto, con qualche difficoltà a causa della ridotta visibilità, ci si accorge che sul limitare esterno del palco c’è un modellino d’auto che corre all’impazzata all’interno di una pista giocattolo, i cui bordi sono disseminati di bottiglie vuote. Dietro di essa tre figure maschili non meglio definibili sembrano essere in attesa, mentre nell’aria è diffusa la melodia vagamente inquietante di un carillon.
Mano mano che la nebbia si dirada, le tre figure prendono contorni sempre più distinguibili quando un lampo accecante, accompagnato da un brusco cambio musicale, sembra scagliarle in aria per poi ricomporle. Tornate in sé, iniziano a rincorrersi anche con le parole: si tratta di tre fratelli, che rispondono ai nomi di Carl (Matteo Sintucci), Ambroise (Mauro Parrinello) e Victor (Andrea Fazzari). Nonostante la strettissima parentela, però, non potrebbero essere più diversi tra loro: Carl, il minore, ha un temperamento piccolo borghese e pare voglia evitare qualsiasi argomento riguardi il padre e certi episodi del passato; Ambroise, al contrario, è divenuto uno snob di città e ha fatto della sua passione per l’arte una professione. La sua omosessualità sembra rappresentare un problema per il fratello più giovane, assieme alle sue tipiche battute salaci sulla famiglia e i rapporti umani; Victor, infine, è il maggiore e più misterioso dei tre: nella vita non ha voluto combinare nulla, lasciando agli altri due l’ingrato compito di compatirlo. L’occasione per ritrovarsi insieme è data dall’imminente matrimonio di Carl: poche ore prima della cerimonia, però, Victor ha proposto inaspettatamente una gita verso una località boschiva - detta Il sentiero dei passi pericolosi - per mostrar loro un casino dove ama trascorrere il suo tempo. Rimasti vittima di un grave incidente stradale durante il tragitto, i tre sembra non riescano più ad orientarsi: non riescono, quindi, a recarsi alla cerimonia di nozze e nemmeno a ritrovare la strada di casa. Ma cosa nasconde davvero tutta quella nebbia e perché i loro dialoghi, delirantemente circolari, sembrano andare a zonzo per poi tornare inesorabilmente a riferirsi al padre?
Il sentiero dei passi pericolosi è un complesso testo di Michel Marc Bouchard, uno tra i più importanti autori canadesi contemporanei: il tema principale è quello dell’incomunicabilità di certe verità, superabile solo durante alcuni momenti davvero estremi, quando ogni convenzione sociale si azzera e non si ha più nulla da perdere o temere. Solo allora è possibile rivelare la morbosa attrazione per un fratello, confessare le proprie piccole o grandi tragedie intime e affrontare la pesante eredità di un padre deceduto ma il cui comportamento violentemente bizzarro ha lasciato tracce indelebili. Il tentativo di mettere in scena quest’opera, portato avanti dall’Associazione Tedacà e firmato dalla regia di Simone Schinocca, è in buona parte riuscito: là dove non arriva la giusta scansione delle parole o la corretta dizione – perché non italianizzare i nomi visto che spesso scappa qualche accento del Nord Italia di troppo? – giunge certamente lo sforzo fisico degli attori, bravissimi nel mantenere viva la tensione emotiva che scorre tra i personaggi per tutta la durata dello spettacolo. E persino l’idea di sottolineare il continuo interrompersi del flusso narrativo con un lampo e un’esplosione musicale - sebbene inizialmente possa addirittura infastidire - una volta svelato il mistero diventa elemento imprescindibile, quasi commovente, ai fini della comprensione dell’intera vicenda. Una storia che dimostra, ancora una volta, come certi odi o amori siano possibili solo in famiglia: anche oltre la morte.
Cristian Pandolfino
5 febbraio 2017