Recensione dello spettacolo Il Sorpasso in scena al Teatro Quirino dal 14 al 26 febbraio 2017
La scelta di portare a teatro il capolavoro di Dino Risi del 1962 non è stato un sorpasso azzardato, anzi. La trasposizione teatrale aggiunge un tocco in più alla versione cinematografica, e questo grazie anche alla straordinaria interpretazione degli attori in palcoscenico, Zeno primo tra tutti. Il suo adattamento al personaggio di Bruno Cortona, allora impersonato dal compianto Vittorio Gassman, riproduce in maniera a dir poco stupefacente l’omonimo protagonista de Il Sorpasso, il pubblico lo nota sin dalla prima battuta con cui fa il suo ingresso in scena.
La storia la conosciamo tutti. In una Roma deserta nel giorno di Ferragosto, lo “spaccone” quarantaduenne e nullafacente Bruno Cortona (Giuseppe Zeno), amante delle donne e della guida sportiva, vaga per le strade della città a bordo della sua Lancia Aurelia B24 convertibile, alla ricerca di un telefono pubblico e di un pacchetto di sigarette. Lo accoglie in casa Roberto Mariani (Luca Di Giovanni), studente in legge che lo nota in strada affacciandosi alla finestra del suo appartamento in affitto mentre sta ripassando l’esame di diritto privato che darà a settembre. Al termine della telefonata, e dopo essersi dato una rinfrescata in bagno, Bruno chiede al ragazzo di accompagnarlo a fare un giretto in macchina. Roberto, pur se con una certa reticenza a seguirlo – sentimento che proverà per gran parte del tempo che passerà insieme a Bruno – alla fine accetta.
Quel che doveva essere lo svago di qualche ora si tramuterà così in una vera e propria gita fuori porta di tre giorni, che vedrà i nostri due protagonisti spingersi fino in Toscana alle porte di Castiglioncello raggiungendo mete occasionali sempre più distanti, percorrendole a velocità sostenuta a bordo della Lancia. Durante il viaggio molti saranno i personaggi con cui Bruno e Roberto verranno a contatto, a partire da un contadino (Marco Prosperini) al quale daranno un passaggio, un cuoco, dei camerieri e una commessa di una trattoria a Civitavecchia dove si fermeranno a pranzare, i parenti di Roberto (zia Lidia, interpretata da Cristina Vaccaro – la Maddalena della serie televisiva targata Rai, Un medico in famiglia 10 – zio Michele, interpretato da Marco Prosperini, e Occhiofino interpretato da Simone Pieroni) e, per finire, la moglie di Bruno, Gianna (interpretata ancora una volta da Cristina Vaccaro), la figlia Lilli (Marial Bajma Riva) e il fidanzato di quest’ultima, Bibi (ancora, Simone Pieroni). Ma ogni esperienza nuova ha i suoi pro e i suoi contro, e i pro e i contro sono rappresentati in maniera eccellente dal personaggio di Bruno Cortona. Gran parte del fascino dell’opera di Dino Risi sta proprio in questo, riuscire a concentrare nel personaggio di Gassman non solo l’aura di benessere che si respirava in Italia negli anni del boom economico, ma nell’aver saputo includere in un personaggio così “spaccone”, “sbruffone”, “scanzonato”, “frivolo”, un insieme di miscele positive e negative (i pro e i contro, appunto).
All’apparenza sempliciotto, Bruno Cortona in realtà è il meccanismo ad orologeria che fa esplodere la bomba, con lui saltano in aria tutti gli schemi della società, le regole delle buone maniere, i principi etici, i pregiudizi mentali, un po’ per carattere, un po’ – potremmo supporre – perché è lui che ha il compito di incarnare l’euforia del miracolo economico che caratterizzò gli anni Sessanta. Roberto Mariani, al contrario (nel film allora interpretato da un giovane Jean-Louis Trintignant), rappresenta la pacatezza, il giusto equilibrio tra le cose, la timidezza, qualcosa che stenta a venir fuori, sia esso un sentimento, una prevaricazione, un gesto impulsivo, una mossa azzardata. Il titolo del film è altamente significativo anche sotto questo punto di vista: il sorpasso inteso non solo come l’affiancamento di una autovettura ad un’altra per superarla (nel senso più comune e codicistico delle norme stradali), ma l’andare oltre una persona, prevaricarla, stare un passo più avanti “per sottometterla”.
È esattamente quello che fa Bruno Cortona nei confronti della sua nemesi, Roberto Mariani: lo domina, lo manipola, fa prevalere la sua autorità fino al tragico epilogo della vicenda. È un personaggio che suscita antipatia ma anche simpatia, complesso da inquadrare perché non si sa mai se stia fingendo o se stia dicendo la verità, se agisce in una certa maniera perché è fermamente convinto di quello che fa o per un suo tornaconto personale. In una scena, la moglie Gianna afferma: “Io voglio bene a Bruno, nonostante è quel che è, lo considero come un figlio sfortunato”. Eppure, nonostante la sua indole di ragazzino, il Peter Pan mai cresciuto, da tutti è considerato un vincitore: dalla moglie, dalla figlia, persino dallo zio Michele che gli permette di toccare mobili d’antiquato che mai prima d’ora aveva fatto toccare ai nipoti, e, per finire, dallo stesso Roberto. Nei tre giorni che trascorrerà insieme a Bruno comincerà finalmente a scoprire cos’è la vita, si allontanerà dai miti e dai timori adolescenziali, inizierà la rilettura delle sue relazioni familiari, dell’amore e dei rapporti sociali, temerà Bruno ma, allo stesso tempo, ne rimarrà attratto, arriverà persino a dirglielo nelle battute finali (“Con te ho trascorso i tre giorni più belli della mia vita”).
Mai come questa volta, insomma, il teatro ha saputo rendere omaggio ad un film cult come quello del Maestro Risi e riconsegnare la chiave di lettura di questo testo senza tempo. Connotazioni che possono essere sfuggiti all’occhio dello spettatore nella pellicola, riaffiorano tutte in questa versione teatrale ad opera di Micaela Miano grazie in primis, ribadiamo, agli attori, ma anche alle scenografie curate da Alessandro Chiti (stupende le proiezioni dei paesaggi sul fondale del palcoscenico che riproducono a perfezione le scene del film, tanto da sembrare che si stia viaggiando sul serio a bordo della Lancia, di cui se ne può ammirare un esemplare originale sul palco) alle musiche di Massimiliano Pace, ai costumi di Francoise Raybaud e, non da ultimo, alla regia di Guglielmo Ferro.
Il lavoro eccellente della Compagnia ha fatto sì che il pubblico rivivesse i momenti clou de Il Sorpasso, si è avuto così modo di apprezzare la giovane promessa Luca Di Giovanni (che ha saputo reggere alla perfezione il confronto con Trintignant e il ruolo di contraltare con Giuseppe Zeno), di ritrovare alcuni amatissimi attori di fiction come Cristiana Vaccaro e Simone Pieroni e, per concludere, Giuseppe Zeno che ha superato se stesso nel ruolo di Cortona rendendo onore alla memoria di Vittorio Gassman. Momento reso ancora più bello perché, coincidenza vuole, che sia avvenuto in un Teatro che porta il suo nome.
Costanza Carla Iannacone
16 febbraio 2017