Recensione dello spettacolo L’ispettore Drake e le regole del delitto perfetto in scena al Teatro Sala Umberto dal 7 al 19 marzo 2017
Buona la prima! Sergio Assisi piace anche nei panni di regista. A teatro, con L’ispettore Drake e le regole del delitto perfetto, di cui firma l’adattamento e la regia, il noto attore napoletano riesce a dare un tocco personale e “partenopeo” alla commedia inglese di David Tristam. Del resto, “lo spettacolo - come lui stesso dichiara – nasce dalla volontà di rappresentare qualcosa di nuovo e di classico nello stesso momento”. E gli elementi, classici e nuovi, ci sono tutti, anche grazie alla ricca e accurata scenografia di Roberto Crea che non lascia alcun dettaglio al caso ed è protagonista indiscussa insieme al cast.
Siamo a Londra (il Big Ben si intravede dalla finestra), in un “classico” salotto inglese di un ricco lord inglese, il dottor Short, per indagare sull’omicidio di sua moglie, la signora Victoria Short. A condurre le indagini la bizzarra accoppiata Assisi-Procopio, nei panni, rispettivamente, del goffo e incompetente Ispettore Drake e del suo braccio destro, l’ignorante e ottuso poliziotto Plod, fiore all’occhiello della pièce.
Non c’è da attendere neppure un secondo per accorgersi che i due rappresentanti di Scotland Yard o forse “Scoiattolard” non sono gli unici fuori contesto. Quella che si gioca sul palcoscenico del Sala Umberto, fino al prossimo 19 marzo, è una partita a scacchi sui generis, tra geni incompresi del male e del bene, tra il logico e l’irrazionale, tra realtà e finzione.
Del resto, quale essere umano sano di mente piazzerebbe nel bel mezzo del salotto di casa un lampione? E ancora, che ci fa appeso alla parete il deretano di un cinghiale? E quel telefono extralarge? Perché ci sono due Sabrina? E se anche il dottor Short è stato ammazzato, perché si aggira ancora per le stanze del suo appartamento? Queste sono solo alcune delle assurde domane alle quali il pubblico in sala cerca di dare una risposta, per risolvere il caso e per trovare un senso apparente a quanto di surreale va in scena.
L’ effetto finale è una parodia esasperata ai massimi livelli del genere, il poliziesco, e dei suoi protagonisti. La pièce è un vero e proprio contenitore di tutti i luoghi comuni, a volte troppi, che accompagnano le figure del detective e della sua spalla, siano essi di stampo british o made in Italy. Non è un caso se, accanto alla comprovata ironia inglese, gli attori in scena tradiscano dialetti, modi di dire e fare tipici di determinate regioni italiane, puntando su quella comicità nazional popolare, spesso intrisa di “doppi sensi”, che regala sempre e comunque una risata.
Se a tutto questo si aggiungono la bravura, la versatilità e l’espressività di Francesco Procopio e l’abbattimento della quarta parete, le risate e gli applausi scrosciano spontanei. Perfetti nei rispettivi ruoli anche Fabrizio Sabatucci nelle vesti, in senso letterale, di Sabrina (quale delle due?), Luigi Di Fiore (nei panni del dottor Short, forse) e Beatrice Gattai (l’altra Sabrina).
Concetta Prencipe
12 marzo 2017