Recensione dello spettacolo “Il medico dei maiali” in scena al Teatro Quirino di Roma dal 23 al 27 aprile 2025
“Il teatro non è il luogo dove si va a guardare. È il luogo dove si va a capire.”
— Bertolt Brecht
Quando dei lenti e significativi cambiamenti avvengono all’interno del tessuto sociale, è inevitabile che gli artisti, siano essi scrittori, drammaturghi, attori, ne percepiscano le avvisaglie e sentano il bisogno di condividere con il pubblico storie che, seppure superficialmente surreali e fantasiose, nascondano significati ben più profondi. È così per Il medico dei maiali, pièce scritta e diretta da Davide Sacco, che vuole raccontare una storia scomoda per scuotere le menti e gli animi del pubblico in platea, e lo fa in modo grottesco, lucido e visionario per far sì che lo spettatore sia il primo a mettersi in discussione.
La storia che qui si narra è quella della morte di un non ben identificato re d’Inghilterra, avvenuta all’improvviso con modi che si renderanno pian piano noti grazie al coinvolgimento del veterinario Alfred Scott, intervenuto in assenza del medico ufficiale. Tramite l’autopsia, Alfred confermerà l’avvelenamento del sovrano inglese avvenuto da parte dei suoi consiglieri, interpretati da David Sebasti e Mauro Marino, per instaurare sul trono il principe Eddy, uno stupido fantoccio manovrabile che sarà utile a restaurare la monarchia assoluta. Questo piano, ben escogitato, non andrà come sperato proprio a causa del medico dei maiali.
Ambientato in un mondo immaginario eppure familiare, il testo di Sacco appare tagliente, mai autoreferenziale, immediato e d’azione: i dialoghi sono a tratti ironici, ma sempre di una spietata lucidità e, per questo loro crudo realismo, feriscono come un pugno nello stomaco. Si comprende che lo scopo sia quello di mettere a nudo le contraddizioni che contraddistinguono anche il nostro presente come l’adorazione per l’autorità e il potere o la paura del pensiero critico.
Probabilmente proprio per questo la scelta registica mira alla sottrazione più che alla spettacolarizzazione: la scenografia di Luigi Sacco è asciutta e semplice perché si punta sulla forza evocativa del testo e sul ritmo della narrazione. L’uso sapiente e chirurgico delle luci curate da Luigi Della Monica carica di tensione le parole e i gesti per sottolineare la claustrofobia di un sistema malato, mentre il ritmo serrato sostenuto da un cast d’eccezione rende palpabile una sensazione di inquietudine tra il pubblico. I due antagonisti, Luca Bizzarri nei panni di Alfred e Francesco Montanari in quelli del principe Eddy, funzionano in modo alternato come vittima e carnefice in un meccanismo scenico ben oleato. All’inizio il rapporto tra i due è disteso e informale, ma quando il principe assapora il piacere del potere e si trasforma diventandone dipendente, la relazione si rovescia e il medico diventa l’ennesimo capro espiatorio.
Alla fine della messinscena, si esce dalla sala con la certezza di aver assistito a una parabola surreale che racconta il potere, la corruzione, la paura e, soprattutto, l’assuefazione in un modo spietato al punto da costringere il pubblico a guardarsi dentro, a interrogarsi su ciò che è diventato l’uomo oggi e sulla deriva delle responsabilità individuali all’interno del sistema, tra obbedienza cieca, paure collettive e normalizzazione della disumanità.
Diana Della Mura
25 aprile 2025