Venerdì, 22 Novembre 2024
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Todi Festival 2024, dove il teatro è protagonista

Todi Festival, dal 24 agosto al 1 settembre 2024, il racconto delle prime due giornate del Festival

 

“…Ho visto dalla mia finestra
la festa del ponente sui monti lontani.
A volte, come una moneta
mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani….” (Pablo Neuda)

Iniziare questo breve resoconto dei primi due giorni del Todi Festival con le parole di Pablo Neruda acquista senso solo se si ha la fortuna di aver visto l’opera di Mark Di Suvero istallata apposta in Piazza del Popolo come corolla a questa XXXVIII edizione. L’opera di Suvero si chiama Neruda’s Gate” ed è temporaneamente collocata nella storica piazza. Per chi arriva dalle vie laterali l’impatto visivo è unico, un’ immensa cornice rosso fuoco che raccoglie in sé la storia dell’antico borgo umbro, valorizzandone l’ocra dei mattoni che ne sorreggono i palazzi.  Eugenio Guarducci, nell’intervista che ci aveva regalato qualche settimana fa, ci aveva allertato a una sorpresa, ebbene il suo “ultimo” regalo da direttore del festival (visto che questo è l’ultimo anno della sua direzione) ci sembra davvero riuscito. L’istallazione in piazza del Popolo è il cappello anche alla mostra “Spacetime” dello stesso Suvero nella Sala delle Pietre, inaugurata il 24 agosto e che sarà in sede fino al 06 ottobre, organizzata dalla Fondazione Progetti Beverly Pepper a cura di Marco Tonelli. Un’operazione ardita da parte della Fondazione riportare in Italia le opere di Di Suvero, oramai novantunenne, dopo la sua partecipazione alla Biennale di Venezia negli anni Novanta. 

“Non si fa così”, Teatro comunale di Todi, 24 agosto 2024

Il compito di inaugurare la rassegna teatrale del Todi Festival è toccato allo spettacolo in prima nazionale “Non si fa così”, testo di Audrey Schebat, interpretato da Lucrezia Lante Della Rovere e Arcangelo Iannace, per la regia di Francesco Zecca, produzione di “Argot Produzioni”, in collaborazione con Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per “Infinito”. Un debutto di un testo fresco, appena un anno di vita, fatto  dinanzi ad un Teatro Comunale gremito. L’opera, che in Francia ha avuto un grande successo,  affidata alle interpretazioni di Sophie Marceau e François Berléand, nella traduzione italiana ci è parso abbia vacillato un po’ nell’intento non troppo chiaro di porsi tra dramma e commedia; ma ci sarà tempo per mettere mano al testo, visto questo debutto che ha palesato tutto sommato una buona riuscita. La storia è quella di una coppia che si trova ad affrontare una crisi importante, a causa di un terzo incomodo; il terzo incomodo in questione non è un amante, bensì la morte, visto che il marito della coppia prima dell’arrivo a sorpresa della moglie stava per tentare il suicidio. Questo evento scardina completamente le dinamiche tra i due ed apre ad una riflessione che assume caratteri a tratti profondi e a volte comici. L’uomo è insoddisfatto della sua vita, seppure è una vita che vista dal di fuori parrebbe perfetta; eppure manca la spinta, il desidero che dovrebbe muovere lo stare al mondo. La moglie attonita dalla scoperta di questa insoddisfazione (non della coppia, ma della vita stessa) agisce il suo disappunto di non essere considerata in questa scelta, quasi non ponendo alcuna attenzione al dolore del marito. I personaggi, ognuno chiuso nel suo piccolo mondo, trovano con difficoltà una via d’uscita che si risolve nello scappare insieme, ancora una volta non tenendo conto della vita degli altri (in questo caso i figli). Interessanti sia la scenografia che le trovate sceniche. Il mare di carta che sovrasta la scena e che dovrebbe racchiudere parole che non si riescono a scrivere, ci è parsa una metafora efficacie di tutti i non detti che scorrono tra la coppia e che li sovrastano, a volte li soffocano. Lo spettacolo spicca nell’interpretazione dei due attori, assolutamente differenti in stile e forma recitativa, ma che insieme funzionano bene e prevediamo con un buon rodaggio possano diventare una bella “coppia teatrale”. Eroi a recitare con delle temperature altissime, vestiti con abiti pesanti (bellissimo quello di Lucrezia Lante Della Rovere) senza perdere mai un colpo e tenendo sempre il pubblico sull’attenti. 

 

“Cuore puro- Favola nera per camorra e pallone”, 25 agosto 2024, Teatro Comunale di Todi

Nella serata del 25 agosto al Teatro Comunale di Todi è andato in scena lo spettacolo, anch’esso in debutto nazionale, “Cuore puro- Favola nera per camorra e pallone  tratto da uno degli ultimi romanzi di Roberto Saviano, nonché la riscrittura di uno dei suoi primi racconti. Si era sparsa la voce che lo scrittore fosse stato presente a questo debutto, così non è stato, peccato; perché sarebbe stato fiero di questa riduzione teatrale così riuscita e carica di impegno, buona volontà e dedizione da parte degli attori. La scrittura dell’ adattamento teatrale e la  regia sono di  Mario Gelardi, che a nostro parere tiene fede essenzialmente ad una cosa l’intento divulgativo dei fatti, riprodotti in forma teatrale (che poi ci pare sia stato negli anni lo stesso intento di Saviano). I fatti sono noti, eppure rientrano in quella sfera di cose omesse, o non dette per troppo tempo, che quandosi palesano sorprendono non tanto perché non si conoscono, bensì perché si sanno bene, ma nessuno ha avuto mai il coraggio di dirle. La storia è quella di un gruppo di amici che vive a Napoli, assoltati dalla camorra per fare da palo. Il loro compito è quello di avvertire dell’arrivo della polizia esercitando però come strumento la loro grande passione: il calcio. Forse è questo che più colpisce e fa più male, l’utilizzo di una passione a biechi fini da parte di un’associazione che non guarda in faccia niente e nessuno. Ed è intorno al calcio, alle sue dinamiche, alla sua antropologia che i tre ragazzi si affiliano alla camorra, con la speranza di raggiungere un obiettivo più alto, uscire da un quartiere da cui forse non emergeranno mai. La personalità dei tre ragazzi è totalmente diversa ed affiora appieno grazie anche alle bellissime interpretazioni dei tre giovani attori Vito AmatoEmanuele Cangiano, Francesco Ferrante, che hanno dato davvero prova di saperlo fare questo mestiere, reggendo alcuni momenti di azioni teatrali complicate (azioni in corsa e prove i fiato) e che hanno disegnato i loro personaggi con una cura da cesellatori: il pavido, l’impavido, il rassegnato. Bravi! Altra nota di merito al bravo Carlo Di Maro a cui tocca il ruolo del cattivo, che però non fa fatica a svolgere, lui noto oramai nel panorama attoriale napoletano, sa bene come si fa. Toni, il camorrista  è crudele, senza scrupoli, ma anche lascivo e sottomesso dinanzi a chi è più forte di lui. Un diavolo tentatore vestito non a caso nei toni del rosso scuro, mitigato dalla figura della madre di uno degli altri tre personaggi in scena, unica donna sul palco, interpretata da Antonella Romano, a cui è affidato il ruolo del grillo parlante inascoltato di questa storia. Sottolineiamo storia, poiché quello che più ci ha colpito è stato rivedere a teatro finalmente una storia strutturata, con inizio, corpo e fine, laddove spesso il teatro degli ultimi anni si perde proprio nei plot narrativi. Un’ ultima nota di merito al regista Mario Gelardi, per le belle trovate sceniche, non ci sono mai vuoti, i corpi sono in movimento, o statici se serve. Il pubblico così non si annoia.

E grazie perché non ha avuto “…paura di giocare il calcio di rigore…”.

 

Barbara Chiappa

27 agosto 2024

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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