Venerdì, 22 Novembre 2024
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Ferzan Özpetek porta a teatro le sue Magnifiche Presenze in un mix di umorismo e nostalgia

Recensione dello spettacolo “Magnifica presenza” in scena al Teatro Ambra Jovinelli dal 7 al 18 febbraio 2024

 

È il 2012 quando il film “Magnifica presenza” irrompe nelle sale cinematografiche italiane. Sulla scia dei precedenti successi, Ferzan Özpetek rinnova in questa pellicola le sue scelte stilistiche, il legame con i suoi attori feticci e, soprattutto, l’interesse per un certo periodo della storia italiana. La vicenda prende spunto dall’intento di ricordare le persone perse: il regista rende protagoniste della storia delle magnifiche presenze che rappresentano un punto di congiunzione tra presente e passato in un andirivieni tra realtà e illusione che si percepisce anche a teatro. 

La pièce, presentata al Teatro Ambra Jovinelli di Roma, vanta un cast che non ha fatto troppo rimpiangere quello del film, segno che la scelta di Özpetek è stata ben calcolata. Il giovane e promettente attore Federico Cesari è un Pietro che si presenta al pubblico come un ragazzo puro, sensibile, fin troppo chiuso nel suo mondo e per questo sembra decollare pian piano fino a spiccare il volo verso il finale, rivelando la propria interiorità senza remore. Inizialmente Cesari sembra subire l’ingombrante presenza di Tosca D’Aquino: è inevitabile che un’attrice navigata come lei riesca a risplendere di luce propria anche con poche battute, ma Cesari riesce bene a marcare i propri spazi. Tanto che, accanto a Serra Yilmaz, Toni Fornari, Luciano Scarpa, Tina Agrippino, Sara Bosi e Fabio Zarrella, dimostra di essere del tutto a proprio agio. Tutto il cast brilla come un unicum surreale che convince abbastanza. Oltre a Cesari e alla D’Aquino, quelli che conquistano maggiormente l’attenzione sono gli attori impegnati nei doppi ruoli: Luciano Scarpa è una incredibile e affascinante Signora Ennio ma anche un austero e deciso Filippo, la Agrippino passa con disinvoltura dalla avida Livia Morosini alla superficiale padrona di casa dalla risata squillante, mentre Zarrella dimostra di saper essere un amante dolce e premuroso nei panni del fantasma ma anche un violento e irruento Massimo.

Fin da subito, Özpetek mostra la sua intenzione di rendere il palco un tutt’uno con la platea e di voler il suo pubblico attivo coinvolgendone la magnifica presenza nella messinscena. E così, quando le luci illuminano la platea, gli attori si intrufolano tra le fila delle poltrone emozionando la sala, e gli spettatori sono chiamati in causa anche durante i provini di Pietro così come per le prove di “Sogno proibito”.

A esaltare emozioni e sentimenti dei personaggi è la colonna sonora, in cui ritroviamo tutta la carica emotiva di Özpetek, che scandisce i momenti tristi del protagonista e quelli allegri della magnifica comitiva. Galeotta, però, è proprio la musica che porta troppo spesso lo spettatore che conosce il film, a rievocare quelle stesse scene e il paragone tra l’Özpetek cinematografico e quello teatrale è inevitabile. 

Indubbiamente l’adattamento teatrale di un prodotto cinematografico non è mai semplice, se non altro perché tempi, ritmi e spazi sono inevitabilmente diversi tra i due mezzi. In teatro, però, Özpetek dimostra di sapersi muovere: orchestra con precisione entrate e uscite, studia le coreografie insieme al giovane Fabrizio Coppo, e dirige l’azione sul palco come se fosse dietro la macchina da presa. In tutta questa calcolata armonia di elementi una nota stonata appare evidente, soprattutto a chi ha amato il film: la passione spasmodica nella scoperta della verità da parte dei fantasmi, la ricerca della stessa da parte del protagonista e l’analisi delle relazioni tra le varie presenze sembrano essere state sacrificate per presentare al pubblico uno spettacolo più vivace, veloce e popolare.

 

 

Diana Della Mura

11 febbraio 2024

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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