Recensione di ‘Il Malloppo’ in scena dal 30 gennaio all’11 febbraio 2024 nei teatri della rete ERT Friuli Venezia Giulia
Si ride e si riflette con il lavoro di Orton in scena a Gemona del Friuli
Il 30 gennaio è andata in scena a Gemona del Friuli, nell’ambito della stagione dell’Ert, la prima delle tappe della tournee regionale di ‘Il Malloppo’.
Joe Orton , con questo titolo, venne consacrato, negli anni Sessanta, come uno degli autori di maggior successo della scena teatrale, sia londinese che americana.
Di tratta di una commedia nera, grottesca, acida, che regala sorrisi amari, che diventano spunti per riflessioni acri.
La storia, surreale, è quella di due maldestri ladri che riescono a portare a termine un furto piuttosto clamoroso, nascondendo il malloppo nella bara che avrebbe dovuto contenere il feretro della madre di uno dei due.
Un’ infermeria che colleziona mariti, un vedovo bacchettone, un ispettore acutissimo, un figlio ingrato ed un amico inaffidabile sono i protagonisti della vicenda che, pur scritta più di mezzo secolo fa, sembra raccontare in modo puntuale il nostro tempo.
Arguta ed attenta la traduzione di Riccardo Erba, che riesce a regalare pennellate di attualità al testo, senza travisarlo.
Al centro della storia, quanto mai surreale e proprio per questo drammaticamente autentica, una sete di denaro inestinguibile.
Quando il lavoro si apre, sulla ricca e funzionale scena ideata da Luigi Ferrigno piacevolmente illuminate da Antonio Molinaro, siamo in presenza di una veglia funebre.
La morta campeggia in una bara e l’avvenente killer in divisa ha già puntato al vedovo.
Uno sguardo cinicamente goloso, un passo da leopardo di periferia, un susseguirsi di frasi che dovrebbero rincuorare ma che appaiono come un rosario di luoghi comuni, sono i tratti di questa donna, sulla scena divertente, ma in realtà declinata in moltissime epigoni nelle cronaca di tutti i giorni.
Matrimoni di interesse, omicidi per sottrarre patrimoni, testamenti fasulli, circonvenzione di incapace, menzogne, ipocrisia, strumentalizzazione della fede, razzismo, ghettizzazione, corruzione, ricatto, inaffidabilità dello stato sono solo alcuni dei temi toccati nella pièce.
Certo si ride al momento, forse sarebbe più giusto dire si sorride, perché non è un lavoro che punti alla risata franca, alla battuta al fulmicotone, ma poi si riflette, non senza preoccupazione.
E’ un rincorrersi di gag grottesche, un magnifico duello di tempi comici, un intelligente giocare con i significati delle parole, un racconto parallelo affidato alla mimica facciale, che non viene mai forzata e proprio per questo appare più godibile ed immediata.
Francesco Saponaro realizza una regia brillante, mai forzata, nonostante l’eccessività della vicenda.
Tanti i riferimenti, ben supportati dai divertenti costumi di Anna Verde: da ‘Dick Tracy’ al ‘Tenente Colombo’, fino ad una sfrontata citazione dell’infermiera di ‘Addio alle Armi’.
A ricordare ancora una volta che lo spettacolo appare come una serata divertente, ma lascia al pubblico una miriade di riflessioni amare.
Molto bravi gli interpreti. A cominciare dai due ladri, ingiustamente penalizzati a comprimari nel cartellone, ma figura centrali della narrazione: Giuseppe Brunetti e Davide Cirri
Il primo è uno spassoso figlio della defunta. Incerto su tutto, dalla sessualità alla morale, identifica il suo difetto principale nell’incapacità di mentire. L’onestà come lacuna. Una perla per descrivere un mondo fuori dalla morale, tristemente contemporaneo.
La sua recitazione è caratterizzata da tempi comici brillanti, una mimica facciale di grande efficacia, la rara capacità di essere grottesco senza risultare sovrabbondante.
Cirri dovrebbe essere il duro del gruppo. Un ladro becchino, già ospite delle galere, che accompagna i defunti con una divisa in pelle e gli stivali con la zeppa, che ha come obiettivo il matrimonio, per di più con l’infermiera assassina.
Appropriato nei movimenti , divertente nella leggera inflessione , sicuro nei ritmi, tratteggia con abilità la mancanza di punti fermi di una generazione che ha sostituito la forma ai contenuti, ma che in realtà li rimpiange.
Gianfelice Imparato, attore dal ricco curriculum cinematografico, è un detective che si presenta alla villa della defunta sotto mentite spoglie. Geniale, gli basta un attimo per capire la situazione ma, superato il primo impatto, si rivela cinico e corruttibile, indifferente alla giustizia e privo d’etica.
La resa del personaggio è decisamente riuscita, con una recitazione giustamente referenziale: siamo davanti ad un uomo meschino che interpreta il ruolo di una sorta di eroe senza macchia. Riesce ad essere realistico ma finto, prevedibile ma inaffidabile.
Valerio Santoro è il vedovo. Alla fine i maramaldi che lo circondano si alleeranno e lo manderanno in carcere, in modo da dividersi i suoi beni e lui non saprà reagire perché di fatto è un uomo senza reali ideali, che vuole solo essere popolare, che ha bisogno di un consenso vasto e rassicurante, il tutto reso con un bell’uso della voce, sempre nel registro centrale, qualunque cosa succeda, a descrivere una abitudine a vestire una maschera che si è fatta seconda pelle.
La figura centrale è Marina Massironi, infermiera apparentemente svanita ma in realtà calcolatrice ed egoista.
Disincantata, cinica, sa usare tutto e tutti con sorridente pacatezza e riesce a spuntarla ogni volta.
La Massironi si muove con calcolata lentezza, come una pantera, in un continuo corteggiamento verso chiunque le appaia innanzi.
Abilissimo l’utilizzo dei volumi vocali. All’inizio dello spettacolo, per poche battute la si sente a fatica, distante. Non è un difetto dell’attrice, ma un pregio dell’interprete: la sua infermiera in quel momento è una figura ufficiale, celata dietro la maschera. Tiene lontano tutti perché deve decidere quali carte giocare. Man mano che il lavoro procede, crescono volume e chiarezza d’intenti e la donna è al centro di tutte le trame. Un colpo di sopracciglio e riesce a commentare una frase del detective, un sorriso e sappiamo cosa vuole. Una bella prova attoriale che la conferma una primadonna, senza il bisogno di scene madri e monologhi pomposi.
Alla fine applausi per tutti, equamente divisi.
Gianluca Macovez
1 febbraio 2024
informazioni
La Pirandelliana e Teatro Stabile di Verona presentano:
‘IL MALLOPPO’
di Joe Orton, nell’adattamento di Edoardo Erba
con MARINA MASSIRONI, GIANFELICE IMPARATO, VALERIO SANTORO, GIUSEPPE BRUNETTI E DAVIDE CIRRI
regia FRANCESCO SAPONARO
scene LUIGI FERRIGNO
costumi ANNA VERDE
disegno luci ANTONIO MOLINARO
Teatro Sociale, Gemona del Friuli, 30 gennaio 2024