Recensione di Anna Bolena di Donizetti in scena al Verdi di Trieste il 27gennaio 2024
Su queste pagine abbiamo già recensito il titolo di Donizetti in scena al Verdi in questi giorni, ma il teatro ha messo in campo una seconda compagnia sulla quale vale la pena soffermarsi. Principalmente perché questa ulteriore proposta chiarisce meglio alcune situazioni.
Per esempio, in alcuni casi delle criticità erano state attribuite agli interpreti ma che forse sono da far ricadere sulle ragioni registiche e direttoriali.
Ma anche come l’interpretazione profondamente diversa modifichi le dinamiche dello spettacolo.
Rimane positiva, al di là di alcune scelte, la considerazione della regia di Graham Vick, ripresa da Stefano Trespidi.
Un mistero, però, alcune scelte che se alla prime visione potevano essere attribuite agli interpreti, a questo punto sono da assegnare al regista.
Anna Bolena appare remissiva per tutto il primo atto. Manca la regina carismatica, l’autorevolezza non fa parte delle sue doti, nonostante il ricco apparato documentario al riguardo. Sembra che Vick ne abbia voluto fare una vittima sacrificale, che segue un destino già scritto e del quale sembra averne preso atto. Una scelta condivisibile o meno, ma che spiega certe scelte interpretative di entrambi i soprano.
Perché poi i cantanti nei momenti più forti non si guardino, risulta di comprensione ancora più complessa. Si supplicano, si maledicono, ricordano il passato e minacciano la morte, ma pare non riescano a farlo guardandosi negli occhi.
Metateatro? Citazione pittorica? Certamente una ragione ci sarà, perché nulla in questo spettacolo è fuori controllo, ma certamente la scelta non semplifica la vita ai cantanti, giovani e bravi.
Di grande suggestione le scene di Paul Brown, che firma anche i sontuosi costumi
Una ulteriore osservazione, questa volta positiva, riguarda proprio questi: l’impressione iniziale era che l’importanza dell’abito fosse prevaricante nell’equilibrio visivo, mentre dal confronto fra gli interpreti, ci si è resi conto di quanto queste vesti, ricchissime e di opulenta bellezza, sappiamo adattarsi alla personalità dell’interprete.
La Seymour del secondo atto, per esempio, pur con lo stessa veste, pare indossare capi completamente diversi nei due cast: una Giovanna sensuale ed inevitabilmente oggetto del desiderio, quella regalata da Laura Verrecchia, una donna gravata dai rimorsi quella di Alessia Nadin.
Una Bolena imprigionata dal dolore quella del secondo atto di Salome Jicia, mentre la veste nera addosso alla Cortellezzis si faceva ombra incombente.
L’orchestra conferma la sua buona prova, supportando la lettura raffinata e pulita di Francesco Ivan Ciampa, che si conferma attento alla partitura, scevro da effetti e sottolineature che spesso hanno avvelenato lo spirito di Donizetti e quanto mai incline a sottolinearne delicatezza ed eleganza.
Al di là delle considerazioni già formulate a proposito del primo cast, va detto che Ciampa dimostra una grande sensibilità verso le voci, che accompagna senza prevaricare mai con il suono dell’orchestra e che guida con sicurezza, garantendo un supporto importante in una composizione così complessa.
Pur con qualche insolita criticità, soprattutto nel primo atto per quel che concerne in particolare il settore maschile, il coro, diretto da Paolo Longo, ha portato avanti una prova complessivamente buona, con alcuni passaggi di grande suggestione
Passando agli interpreti, si confermano le buone prove del cast fisso.
Nicolò Donini ,Lord Rochefort, è stato credibile scenicamente ed adeguato vocalmente. Il suo strumento vocale presenta un colore decisamente personale e nel giusto repertorio può offrirgli occasioni di risaltare.
Andrea Schifaudo, Sir Hervey, si conferma tenore capace, sia scenicamente che vocalmente.
Una presenza importante, che riporta il livello dei comprimari del Verdi a quell’eccellenza che portava ad esibirsi in questi ruoli voci preziose da Susca alla Jankovich, dalla Scalchi alla De Mola, alcuni dopo aver cantato accanto a mostri sacri come la Callas, altri prima di prendere il volo per i maggiori teatri internazionali. Fondamentale che il teatro offra a questo ed agli altri talenti messi in evidenza in questi anni le occasioni giuste, il repertorio appropriato per mettere in evidenza il loro talento in parti di maggiore spessore.
Veta Lipipenko, Smeton, ha offerto una prova convincente, brillando per colore, volume, acuti e capacità sceniche.
Riccardo Fassi si è confermato un ottimo Enrico VIII .
Vocalmente dotato di uno strumento importante, ricco, con un colore di grande personalità ed una estensione ampia ed omogenea, si è distinto anche per la sicurezza negli acuti e la tavolozza di sfumature.
Di grande interesse, ancora una volta, la prestazione scenica. Sotto dei costumi che erano autentici elementi di scena, si vedeva pulsare l’uomo. La sua rabbia, malcelata grazie ad una serie di movimenti nervosi magnificamente descritti; il suo orgoglio raccontato con pose tracotanti e così di seguito con una sequenza narrativa decisamente magnetica.
Percy è ruolo improbo, complesso vocalmente ed ancor più dal punto di vista interpretativo.
Sicuramente il tenore Francisco Brito ha mostrato di avere molte delle note richieste dal ruolo, di possedere uno strumento potente, ma anche di spingere troppo, di dover riaggiustare il suono che in certi momenti sembra andare indietro o forse solo domandarsi se il suo repertorio è quello donizettiano, nel quale non pare completamente a proprio agio. Anche se va detto che nel corso della serata è riuscito a calibrare meglio i suoni nei pezzi d’insieme, risultando man mano più inserito nella visione complessiva.
Uno dei trionfatori della serata è stato Marco Ciaponi , tenore di grande talento, dotato di una voce
Alessia Nadin è una Giovanna vocalmente credibile. La sua è una voce mezzo sopranile che brilla particolarmente nella zona alta. Mancano le atmosfere più sensuali, forse anche perché la voce non ha un colore bronzeo, ma alla fine il personaggio risulta credibile. Una donna che viene scelta da Enrico VIII e che subisce gli eventi. Una vittima come la Bolena, elemento oltretutto ampliato da certe similitudini vocali che rendono interessanti i duetti dell’opera.
Anna Bolena era Sara Cortellezzis. Soprano giovane dalla tecnica sicura, dotato di una voce che nel corso dello spettacolo rivela sempre maggiori colori, ha trovato nella grande scena finale il momento migliore della serata.
Nel primo atto , come è stato osservato per la Jicia, titolare della prima compagnia, la Bolena sembrava poco regale, remissiva. A questo punto si tratta di una scelta della direzione e non un limite delle due interpreti .
Cortellezzis ha una voce non particolarmente potente, che corre bene, ricca di mezzevoci, pianissimi eleganti, filati preziosi .
L’interpretazione è interessante, con una Bolena che pare una bambola di porcellana mentre viene condotta al patibolo.
Lo sguardo assente, la carnagione lattea, il costume che sembra un’ombra di morte che la insegue rendono ancora più lunare il canto, che si fa sidereo, purissimo , perfino metafisico nei momenti più struggenti come ‘Al dolce guidami’.
Grande la coerenza esecutiva, che permette un cambio di colore ma non una cesura narrativa al momento dell’invettiva ‘Coppia iniqua’, risolta con intensità vocale e scenica.
Alla fine , applausi copiosissimi per tutti gli interpreti, con ovazioni per il maestro Ciampa e per la signora Cortellezzis
Gianluca Macovez
29 gennaio 2024
informazioni
Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2023-24
“ANNA BOLENA”
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani
Anna Bolena Sara Cortellezzis
Lord Riccardo Percy Francisco Brito
Giovanna di Seymour Alessia Nadin
Enrico VIII Riccardo Fassi
Smeton Veta Pilipenko
Lord Rochefort Nicolò Donini
Sir Hervey Andrea Schifaudo
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Maestro Concertatore e Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Paolo Longo
Regia Graham Vick
Regista collaboratore Stefano Trespidi
Scene e costumi Paul Brown
Allestimento in coproduzione tra la Fondazione Arena di Verona e la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Trieste, 27 gennaio 2024