Recensione dello spettacolo La classe in scena dal 7 al 9 novembre 2023 al Teatro Vascello all’interno del Roma Europa Festival
Terrore: in un unico termine il leit motiv, l’emozione dominante del pluripremiato spettacolo di Fabiana Iacozzilli del 2018 in scena al Roma Europa Festival anche quest’anno. I protagonisti di questo scenario angosciante sono gli alunni di una scuola negli anni ’80 la cui maestra è la sadica Suor Lidia. I personaggi non sono interpretati realmente da bambini, ma da puppets/marionette che trasformano l’atmosfera in scena in una dimensione onirica. Il disegno luci coadiuvato dalle lampade sulla fronte dei performer, presenze fondamentali per animare i pupazzi, realizzano perfettamente tale finalità. I movimenti cadenzati e inquietanti delle marionette penetrano nel silenzio del pubblico in sala, paralizzato dall’angoscia. Anche degli oggetti inanimati come questi, se ben utilizzati, riescono a comunicare emozioni agghiaccianti. Il gioco di luci e di oscurità crea poi un suggestivo effetto trasognato, proiettando sulle pareti le ombre dei protagonisti in scena. Le vicende rappresentate trattano la storia autobiografica della Iacozzilli, autrice e regista dello spettacolo: gli audio fuori campo appartengono a lei e ai suoi compagni di classe. In questo contesto scolastico obsoleto prevalgono metodi didattici costruiti sull’umiliazione e sulla violenza fisica.
Emblematica la scena degli occhiali di un’alunna frantumati dalle botte della suora in mille pezzi di vetro che diventano il correlativo oggettivo dello stato d’animo di questi minori: un mondo interiore in frantumi per la violenza e il terrore di cui si nutrono quotidianamente. Nel contempo, questi stessi bambini vivono in una condizione ambivalente: da una parte ricercano l’approvazione e l’affetto di questa inconsueta maestra, dall’altra sono spaventati e inibiti nell’esprimere se stessi dalla minaccia delle percosse. Sul finale, come si intuisce dalle testimonianze dei singoli, ognuno elaborerà quest’esperienza traumatica a modo proprio e il messaggio conclusivo suggerisce che “dalla propria infanzia non si guarisce mai, ma dipende da ciò che uno decide di farne”. Proprio all’interno di questa classe con delle regole non comuni, l’autrice-registra scopre paradossalmente la sua vocazione per il teatro grazie ad un suggerimento di Suor Lidia. I chiaroscuri, dunque, non sono solo parte integrante della costruzione scenica, ma corrispondono anche ad una visione della realtà dove il male e il bene possono avere confini molto più sfumati di quanto presupponiamo. Aprendoci ad un scorcio di vita personale, la nostra autrice/regista ammette di avere assorbito l’esempio di suor Lidia nella parte più profonda di se stessa riproponendo, spesso e involontariamente, le sue spietate richieste di perfezione.
Indiscutibile la potenza di una macchina scenica perfettamente costruita con molteplici elementi originali, nonostante un’esigua presenza umana fatta solo di audio fuori campo, anche se completamente funzionale a comunicare le atmosfere e i vissuti di un gruppo di bambini di circa 40 anni fa. Estremamente espressivi i puppets nella creazione di Fiammetta Mandich abilmente mossi dai performer ben diretti e sintonizzati tra loro dal lavoro della regia.
Mena Zarrelli
12 novembre 2023