recensione dello spettacolo “Angela a strange loop”, coproduzione REF2023, in scena al teatro Argentina in Roma dal 19 e il 20 settembre 2023
Immaginiamo il popolo del teatro che inizia ad affollare platea e palchi di un teatro “biblico” come l’Argentina di Roma, il sipario è aperto e la scena è “già in scena”, compreso il personaggio principale, Angela, seduta su un letto a terra che fissa nel vuoto. Si potrebbe pensare che fissi il pubblico, che lo aspetta sedersi, ma non è così. E’ esattamente in quello sguardo, vitreo assente, eppur presente, per chi si fosse soffermato a guardarlo per un attimo, l’essenza dello spettacolo “Angela (a strange loop)” collaborazione tra la drammaturga tedesca Susanne Kennedy e l’artista visivo Markus Selg, in prima nazionale al Romaeuropa Festival 2023, che ne ha curato anche la cooproduzione. Uno spettacolo oggettivamente complesso, visionario, ricco dai linguaggi digitali e realtà virtuale.
La stessa scenografia, che rappresenta la stanza di Angela è proiettata su uno schermo, ma sembra vera, il video trasforma completamente l’ambiente, ma anche lo spazio virtuale è a volte irreale, colori flou, oggetti animati e inanimati che lo attraversano; una realtà parallela che si intreccia costantemente con i personaggi in carne e ossa, che di umano paiano avere ben poco. In questo gli attori calzano perfettamente il loro ruolo. In scena, un’influencer, (l’attrice Ixchel Mendoza Hernández) in una età ibrida (a tratti bambina, a volte adolescente, altre volte adulta) che combatte con una malattia misteriosa, ipotizziamo una sorta di “male virtuale”, con lei il suo fidanzato, la sua migliore amica e la madre, che entrano ed escono dalla sua vita come da una sitcom televisiva. Interessanti i dialoghi, a tratti assolutamente surreali, pre-registrati, che gli attori ripetono in playback, conferendo ancora di più l’effetto straniante alla messa in scena.
La Kennedy in un’intervista afferma in proposito : “Dal mio punto di vista, si crea così un divario interessante tra il corpo e la voce in cui si aprono una serie di possibilità che mettono in dubbio la percezione e le aspettative”. In questo senso il risultato a nostro parere è assolutamente assicurato. La malattia di Angela, che lo spettatore attraversa insieme a lei anche fuori dal palco, brucia, infiamma, il corpo quasi si smaterializza tanto da sparire e riprodursi in immagini ripetute in frattali di realtà parallele, in modo da farci osservare il personaggio fino quasi al dentro più profondo. Questo processo di trasformazione di Angela viene giustificato dagli autori addirittura attraverso l’ Opus Magnum un processo alchemico in tre fasi che permette di trasformare i metalli in oro, attraverso le fasi nigredo, albedo e rubedo. Alla prima fase quella della Nigredo, si associa la depressione , la distruzione; alla seconda fase , quella dell’Albedo, si associa la purificazione; la terza fase Rubedo, è la fase finale in cui si ottiene la pietra filosofale. Questo colto escamotage narrativo, che lo spettatore può visualizzare con chiarezza sulla scena, giustifica il processo immateriale della protagonista e il suo viaggio verso l’evoluzione spirituale. A noi rimane una sorta di profondo straniamento dinanzi a questa scorpacciata di messaggi fatti pervenire attraverso il filtro del virtuale che la regista in qualche modo ci giustifica con le sue parole: “Mi affascina questo tipo di confusione sensoriale che sfida la nostra concezione della realtà; spesso è il punto di partenza di una mitologia. Abbiamo bisogno di storie per spiegare il reale, soprattutto ciò che rimane difficile da spiegare”.
Barbara Chiappa
23 settembre 2023