Sabato, 23 Novembre 2024
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“La storia” al teatro Vascello: l’incanto della vita contro uno “scandalo che dura da diecimila anni”

Recensione dello spettacolo La storia, in scena al Teatro Vascello dall’8 al 19 Febbraio 2023

 

Ci sono opere che si rivolgono all’intelletto ed altre che parlano direttamente al cuore.

Quando, nel 1974, “La storia” divenne un caso letterario con le sue 800.000 copie vendute in un anno, il romanzo ricevette critiche da più fronti, compreso quella particolarmente sferzante - ed amara per l’autrice -dell’amico Pier Paolo Pasolini. Quello che principalmente si imputò ad Elsa Morante fu appunto un’eccessiva pateticità, peraltro esplicitamente indirizzata non alla comunità intellettuale, ma al grande pubblico (per volontà della scrittrice il romanzo uscì direttamente in edizione economica). Qualcuno parlò di “retorica della disperazione”. In una lettera pubblicata da “Il manifesto” si parla addirittura di “scrittori reazionari” e “bamboleggianti nipotini di De Amicis”. Fra coloro che sostennero la Morante, ci sembra opportuno ricordare Anna Maria Ortese, che in una lettera privata le scrisse “Non so di strutture e di altro. So di emozioni. Queste sole dicono che in un racconto, o in una letteratura, è passata la vita. E solo la vita - a umiliazione dei critici - è forma”.

Il pensiero di Ortese è quello che meglio si può associare a questo adattamento teatrale, in scena al Teatro Vascello dall’8 al 19 Febbraio. Se volete sentire le emozioni che si ridestano urlandovi dentro, se volete essere turbati fino al fondo delle viscere ed alzarvi dalla poltrona scossi e con gli occhi tumidi, incapaci per qualche minuto di muovere un passo verso l’uscita, andate senz’altro al Teatro Vascello.

Gli anni fra il 1941 e il 1947 furono gravidi di fatti non solo per il mondo intero, ma anche per quei minuti granelli di esso, che sono gli uomini. È, fra questi, sugli ultimi che punta l’obiettivo di Morante. Privati di tutto, sballottati, deportati, le vicende che li toccano, in proporzione alle loro piccole vite, hanno lo stessa portata dei grandi accadimenti. La maestrina di origini ebraiche Ida Ramundo, discesa dal Nord, e i suoi due figli Nino, di primo letto, e Useppe, nato dallo stupro operato da un soldato nazista, si muovono in una Roma dilaniata dalle bombe, fra San Lorenzo, Pietralata, Testaccio; fra l’ordinaria povertà e la miseria più nera; uniti da un amore che sembra resistere a tutto.

Non deve essere stato facile per Marco Archetti estrarre una drammaturgia dal poderoso corpo delle 661 pagine della prima edizione Einaudi (presente anch’essa in scena), scavando in quella miniera di personaggi e storie, che accompagnano la vicenda principale. L’autore sceglie una strada che, per una rappresentazione teatrale, è rischiosa, costruendo un racconto per più voci narranti, dove la parte dialogica è solo un intercalare all’interno dell’esposizione agìta dei fatti e dove particolare rilievo viene dato alla martellante elencazione cronologica degli eventi, a rappresentare l’inarrestabile cammino della Storia, la mostruosa protagonista.

Su questo materiale Fausto Cabra costruisce un impianto registico di straordinaria potenza e di devastante impatto emotivo, avvalendosi di tutti gli strumenti tecnici a sua disposizione, i quali vengono utilizzati in maniera sorprendentemente efficace, a confronto della relativa semplicità dell’allestimento. Mai come in questo caso, per l’importanza del loro lavoro nell’economia complessiva dello spettacolo, ci sembra necessario coinvolgere nella menzione tutti coloro che sono intervenuti, volendo pensare, più che a una sola mente ordinatrice, al lavoro corale di una vera e propria equipe di regia.

Nell’impianto del regista, fondamentale è il progetto delle luci, curato da Gianluca Breda e Giacomo Brambilla: i loro fasci luminosi percorrono, sezionano o colorano il palcoscenico in maniera apparentemente imprevedibile, eppure perfettamente orchestrata, guidando gli spostamenti che vengono richiesti al fuoco dell’attenzione.

Per la forza evocativa che gli è propria, determinante è il contributo del sonoro (nella locandina si parla di drammaturgia del suono). La compositrice (ed attrice) Mimosa Campironi ha costruito una complessa orditura di suggestioni musicali, rumori, vibrazioni, voci off, che si unisce al recitato, non semplicemente accompagnandolo, ma come un’ulteriore voce narrante.

Ideando le sue scenografie, Roberta Monopoli crea un mondo dal nulla: un materasso opportunamente disposto al centro del palcoscenico, una sedia dai mille utilizzi, i costumi (ancora suoi) saggiamente disseminati sul perimetro della scena a servizio dei continui cambi d’abito, una borsa trascinata per la tracolla o un cuscino appallottolato, che diventano i cani Blitz e Bella.

I movimenti di scena, orchestrati da Marco Angelilli, denunciano un progetto esasperatamente accurato, che impone ai protagonisti maschili uno sforzo sovrumano.

Nonostante l’adattamento sembri voler rinunciare a poco del testo originale, portando in scena un gran numero di personaggi, sebbene 6 anni così importanti della nostra Storia scorrano davanti agli occhi dello spettatore, il peso, conseguentemente immane, della rappresentazione viene affidato solo a tre attori, a cui si richiede, ottenendola, una performance straordinaria.

Ida è il baricentro di quanto accade in scena e Franca Penone, con vertiginose modulazioni, ne disegna il perenne dolore cui pare destinata, in tutti i suoi accenti: straziante fino al parossismo nel toccante incontro con la deportata volontaria Celeste Di Segni; silente e rassegnato, ma acuto ed affilato come la lama di un coltello, dopo il riconoscimento del cadavere di Nino. È lei, principalmente, chiamata a spremere il cuore dello spettatore e lo fa, senza darsi limitazioni.

Alberto Onofrietti (Nino) e Francesco Sferrazza Papa (Useppe) devono riprodursi più e più volte, obbligati da un severo copione che li vuole ubiqui e molteplici, talora nella stessa scena, con un’esibizione di virtuosismo attoriale e di vera e propria performance fisica.

Onofrietti, davvero straordinario, dopo aver interpretato, colorandola di smargiassa romanità, l’esuberante vitalismo e l’ingenuità animalesca, che sono i tratti caratteristici di Nino, si cala con altrettanta credibilità nel pessimismo amarissimo e senza speranza di Carlo Vivaldi/Davide Segre e il suo monologo finale, pronunciato quasi fra le poltrone, scuote nel profondo anime e coscienze.

Sferrazza Papa deve, con pari bravura, rappresentare un infante, addirittura sin dai primi vagiti e dalle prime parole farfugliate, dispensando i pochi sorrisi che la vicenda regala e suscitando inevitabile tenerezza.

È proprio a questi sentimenti semplici che ci vogliamo rifare, per trovare il senso più profondo di questo adattamento, che supera il pensiero di Ortese e forse trova un filo che va oltre la stessa riflessione di Morante. È nell’incanto ineffabile del piccolo Useppe di fronte alle rondini e alle farfalle, così vicino all’immaginario fiabesco caro alla scrittrice; è nell’amore per i cani; è nell’indissolubile legame fraterno, che travalica ogni differenza di origine e pensiero. È, in sostanza, nell’illogico, eppure invincibile amore per la vita, che l’Uomo trova la sua rivincita, non importa quanto effimera, sull’”interminabile assassino”, la Storia.

 

 

Valter Chiappa

10 febbraio 2023

 

informazioni

 

Dall’8 al 19 Febbraio 2023

TEATRO VASCELLO

LA STORIA

liberamente ispirato a “La storia” di Elsa Morante

drammaturgia:                                   Marco Archetti

regia:                                                Fausto Cabra

con:                                                  Franca Penone, Alberto Onofrietti, Francesco Sferrazza Papa

scene e costumi:                                Roberta Monopoli

drammaturgia del suono:                   Mimosa Campironi

luci:                                                  Gianluca Breda, Giacomo Brambilla

video                                                Giulio Cavallini

assistente alla regia:                           Silvia Quarantini

consulenza movimenti scenici            Marco Angelilli

produzione:                                       Centro Teatrale Bresciano, La Fabbrica dell’Attore - Teatro Vascello

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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