Recensione di Otello di Giuseppe Verdi in scena al Teatro Verdi di Trieste dal 4 al 15 novembre 2022
Il 5 novembre a Trieste è andata in scena con ampio successo la seconda replica dell’ Otello di Verdi, spettacolo d’apertura della stagione, che presentava numerosi motivi di interesse, dal ritorno al teatro giuliano di Oren, alla presenza di diverse voci interessanti al loro esordio triestino, al fatto che con questo titolo si punti ad una vera ripartenza di questa istituzione dal glorioso passato ma che in questi anni ha vissuto momenti di alterna fortuna.
Il lavoro è stato rappresentato con due intervalli, proponendo il primo atto, il secondo, ognuno della durata di circa trenta minuti ed terzo e quarto uniti, per ben settanta minuti filati.
Sicuramente ci sono delle ragioni pratiche che hanno indotto a procedere in questo modo e probabilmente anche la memoria dell’ultima edizione, che aveva brillato per una disorientante direzione e la durata esagerata degli intervalli, ma di fatto si è trattato di una scelta sulla quale discutere, non per una questione di mera tempistica, ma di delicati equilibri teatrali verdiani.
In questo modo si cancella quel modernissimo viaggio narrativo che a tappe regolari portava l’azione dalla dimensione pubblica a quella intima e si toglie rilevanza alla figura di Desdemona, perché ‘La Canzone del Salce’ e l’ ‘Ave Maria’, non sono più i momenti di apertura dell’ultima tappa della narrazione, sublimazione della figura della donna, ma vengono inseriti dentro un racconto che è stato dominato dal dialogo fra Otello e Jago.
Inoltre la regia ha scritto di aver delegato alle agenzie degli interpreti la scelta di scurire o meno la carnagione del protagonista, che alla fine per entrambe le compagnie appare caucasico.
Importante ricordare che nè Rossini , nè Verdi e neanche Shakespeare avevano intenti razzisti. Casomai il contrario: tutti loro puntavano a mettere in risalto l’importanza di superare gli stereotipi, di non cadere nella trappola delle maschere di facciata.
La figura negativa, colui che crede ‘in un dio crudel’ è Jago, bianco fuori e torbido dentro.
Giulio Ciabatti, uomo di teatro dalla lunga esperienza, ha proposto una regia di impianto tradizionale, che puntava ad immagini eleganti, coadiuvata dalle luci di Fiammetta Baldisseri.
Tutto scorre, senza grandi idee, in un ambiente fisso ed un po’ claustrofobico, che non distingue fra ufficiale e privato e limita l’articolazione narrativa.
I costumi di Margherita Platè sono sicuramente ben realizzati e benissimo disegnati, ma certo non premiano la fisicità di alcuni degli interpreti.
Va registrato il bel movimento delle masse corali, mentre i protagonisti sembrano alle volte disorientati, statici.
L’entrata iniziale di Otello è sommessa, non sempre vengono raccolti gli stimoli del testo, ed alcun passaggi del racconto sembrano sfuggire.
Va detto, però, che la scelta operata da Ciabatti pare essere stata apprezzata da buona parte del pubblico.
Dal punto di vista musicale la grande attesa era per il ritorno a Trieste di Daniel Oren, direttore amatissimo, che a partire dai primi anni Ottanta con il Verdi ha avuto un rapporto intenso e conflittuale, interrottosi bruscamente una quindicina d’anni fa.
Si è trattato di un rientro alla grandissima, con un’orchestra che ha saputo rispondere agli stimoli del Maestro, che ha consegnato una lettura struggente del capolavoro.
Oren è un conoscitore attento della complessa partitura, che ha saputo asciugare nei tempi, rendere essenziale nella narrazione, sublimarla in una lettura magnetica, senza eccessi o forzature, che cattura il pubblico, che segue l’esecuzione in un anomalo silenzio, pronto ad esplodere in applauso liberatorio alla fine di ogni atto .
In Otello il coro ha un ruolo determinante ed in questo caso gli artisti del Verdi, preparati dal Maestro Paolo Longo, hanno offerto una prova di grande qualità, musicalmente inappuntabile, ben calibrata nei volumi, intensa scenicamente. Pare di essere ritornati ai tempi dei grandi splendori di questa istituzione e questo è un merito non da poco.
Come sempre affidabili e molto musicali I Piccoli Cantori della Città di Trieste, diretti con bravura da Cristina Semeraro.
Passando alle voci, diciamo subito che il teatro ha saputo selezionare una seconda compagnia all’altezza della situazione.
Mikheil Sheshaberidze, giovane tenore già conosciuto al Verdi, era un piacevole Otello.
Forse arrivare ad un ruolo così complesso tanto presto è stato un azzardo, pagato con qualche forzatura del suono ed un volume che avrebbe potuto essere più sontuoso, ma indubbiamente il tenore ha una voce interessante, non ha mostrato cedimenti , ha superato indenne la temibile entrata e tratteggiato momenti suggestivi, come ‘Già nella notte densa’ ed una straziata ‘Nium mi tema’ che ha emozionato la platea.
Certamente un ruolo sul quale farà bene a lavorare ancora, ma la sua è stata una prova positiva.
Elia Fabbian, Jago, ha sfoggiato una voce potente, dal colore interessante, acuti sicuri, eleganti mezze voci e fiati notevoli gli hanno permesso di costruire un personaggio compiuto, soprattutto vocalmente, ripagato alla fine da franchi e meritati applausi del pubblico soddisfatto.
Desdemona è Salome Jicia, soprano georgiano, dalla voce ampia, sicura negli acuti, elegante nei filati sostenuti da notevoli fiati, con un colore intenso nella parte bassa e suoni purissimi nel registro superiore.
La pagina dell’atto quarto, con una ‘Canzone del Salce’ commovente, seguita da una ‘Ave Maria’ di metafisica intensità, è stato sicuramente il momento più suggestivo dello spettacolo, premiato dall’unico applauso a scena aperta, sollecitato dallo stesso Oren. Raffinata.
Nella parte di Cassio Mario Baha, voce emergente del panorama lirico mondiale; Marina Ogii è stata una Emilia elegante nella figura e con una voce dal colore suggestivo; Giovanni Battista Parodi , è stato un Lodovico elegante e decisamente in parte ; Fulvio Parenti ha bene interpretato il ruolo di Montano; Enzo Peroni era un affidabile Roderigo ; Damiano Locatelli è stato come sempre una sicurezza nella breve parte dell’ Araldo.
Alla fine applausi meritati per tutti, in particolare per il terzetto dei protagonisti ed ovazioni per il Maestro Oren.
Gianluca Macovez
8 novembre 2022
Informazioni
“OTELLO”
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Arrigo Boito da William Shakespeare
Otello Mikheil Sheshaberidze
Iago Elia Fabbian
Desdemona Salome Jicia
Cassio Mario Bahg
Emilia Marina Ogii
Lodovico Giovanni Battista Parodi
Roderigo Enzo Peroni
Montano Fulvio Parenti
Un araldo Damiano Locatelli
Orchestra Coro e Tecnici della Fondazione
Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Direttore Daniel Oren
Maestro del coro Paolo Longo
Con la partecipazione de I Piccoli Cantori della Città di Trieste
diretti da Cristina Semeraro
Regia Giulio Ciabatti
Costumi Margherita Platè
Luci Fiammetta Baldisseri
Allestimento della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Trieste, 5 novembre 2022