Recensione dello spettacolo Au Bord in scena al teatro Vascello, nell’ ambito della rassegna Romaeuropa Festival, dal 18 al 20 ottobre
“Au Bord” in scena al teatro Vascello dal 18 al 20 ottobre 2022, vincitore del Grand prix de littérature dramatique; prende spunto da una nota fotografia, quella pubblicata il 21 maggio del 2004 dal Washington Post, momento in cui vengono rese note le immagini delle torture e degli abusi subiti dal popolo iracheno nel carcere di Abu Ghraib. L’immagine in questione, è quella di una donna soldato che tiene al guinzaglio un prigioniero, ed è questa visione che attraversa la mente del’ autrice Claudine Galea in modo così incisivo, da costruire intorno ad essa una sceneggiatura. Un testo che sembra quasi un’analisi interiore, un diario di sensazioni, un progetto intimo e personale che trova la forza di trasformarsi in parole. Ed è oggettivamente il testo il protagonista di “Au bord”, un testo lungo un ora, più che recitato, scandito, dettagliato, sancito a volte come un verdetto dalla bravissima Monica Piseddu.
L’attrice è racchiusa per tutto il tempo dello spettacolo in un parallelepipedo di stoffa trasparente, sul quale a tratti si proiettano immagini e che si trasforma in colori mutevoli come le sensazioni che le parole lasciano nello spettatore che le ascolta. Pochissimi i movimenti, anche questa volta, a nostro parere, in funzione del testo, vero protagonista; un testo non urlato, che non subisce cambi di toni, che pare quasi dattilografato. L’autrice analizza con questo lavoro, in che modo le immagini si imprimono nel nostro vissuto emotivo, come lo trasformano, come ci cambiano a volte irrimediabilmente e soprattutto perché ne selezioniamo una piuttosto che un’altra. Nel caso della protagonista risuona il bisogno della ricerca del femminile, quella donna vestita da soldato che tiene al guinzaglio il prigioniero. C’è la donna, quella che vede, quella che forse desidera, c’è il ricordo della madre che affiora; ma c’è il guinzaglio: “Io sono il guinzaglio” ripete sovente. Perché in un'immagine posso essere catturata in egual modo, sia da un corpo, piuttosto che da un oggetto che diventa un’ossessione, un simbolo. La regia di Valentino Villa è la cornice perfetta alle parole, le chiude nel parallelepipedo di stoffa, insieme alla protagonista e le fa risuonare in un interno, come se tutta la scena divenisse il nostro corpo interiore. “L’immagine partorisce altre immagini”, ripete il testo, le nostre immagini interiori, perché il mondo in cui viviamo si fonda su una civiltà visiva, di immagini, che privilegia la vista, su cui l’individuo pensa di possedere un controllo maggiore agli altri sensi, ma che in realtà non domina affatto.
Barbara Chiappa
19 ottobre 2022
Informazioni
di Claudine Galea
Traduzione: Valentina Fago
Regia: Valentino Villa
Con Monica Piseddu
Movimento: Marco Angelilli
Lighting e stage design: Sander Loonen / ARP Theatre Limited
Sound design: Fred Defaye
Assistente alla regia: Andrea Dante Benazzo