Recensione dello spettacolo Ma che colpa abbiamo noi di e con Chiara Casarico e Giuseppe De Trizio. In scena all'Altrove Teatro Studio dal 18 al 20 Febbraio 2022
Ci sono molti modi di descrivere un'epoca e nel farlo ci si sorprendere nel raccontare, di fatto, se stessi. Perchè quelle vecchie istantanee apparetemente in bianco e nero restituiscono, negli occhi di chi c'era, emozioni a colori la cui vibrazione interiore non accenna a sfumare: impossibile descriverle senza descriversi. Sono le stesse storie la cui narrazione è composta da silenzi e pause, unica forma espressiva per chi sente ancora sulla propria pelle il bruciore di certe estati.
Chiara Casarico racconta il suo '68, anno della sua nascita, attraverso i riecheggi di quell'epoca di rottura che cambiò per sempre il pensiero e il modo di essere degli italiani, offrendo loro un'alternativa e un cielo più alto in cui volare. L' accento quindi, sfuggendo ad una connotazione unica e squisitamente politica, racconta le policromie di un cambiamento, l'eco del quale, attraversando e compenetrando i decenni, giunge nel nostro qui ed ora. Immagini e fotogrammi di diversa gradazione si inseguono trovando la loro sintesi nel racconto che armonizza e condensa i chiaroscuri di quel periodo. Alternando la narrazione al canto dei brani più emblematici di quegli anni, sostenuta dalla chitarra di Giuseppe De Trizio, Chiara Casarico genera e veicola emozioni. A ben guardare, anche il canto stesso viene utilizzato dalla stessa attrice come elemento espressivo e di sottolineatura: un grido di protesta e, come tale, superiore e indifferente ai canoni melodici e musicali. I fotogrammi emotivi vengono a volte condensati in fugaci frammenti, altre volte sviluppati in storie di coraggio e rivoluzioni interiori. Particolarmente densa è apparsa la descrizione della vicenda di Franca Viola, la prima donna ad aver rifiutato il matrimonio riparatore, ribellandosi alla cultura e alle regole della sua terra.
Apprezzabili per originalità e portata emotiva alcuni spunti drammaturgici. Riuscita, a tal proposito, la metafora che assimila il 1968 ad una crepa sul muro: non si sa quando arriva, progredisce lungo la parete e divide il muro in due quadranti rappresentanti un prima e un dopo la crepa. Analogamente, niente sarebbe stato come prima, dopo il 1968.
Benchè arricchita da spunti musicali, la formula della narrazione ha forse oltremodo compresso e limitato le potenzialità espressive della pièce. È mancato quindi quel cambio di passo e imprevedibilità che avrebbero esaltato le doti artistiche della Casarico, rimasta parzialmente prigioniera del suo schema, privo, questo, di varianti convincenti. Ben accurato è apparso il progetto luci che ha saputo intercettare e accompagnare il tenore emotivo della narrazione, restituendone la relativa vibrazione.
Il pubblico, numeroso e soddisfatto, ha tributato il proprio apprezzamento per una storia che, oltrepassando il colore politico, riguarda tutti, compreso chi non c'era.
Simone Marcari
20 febbraio 2022
Informazioni
Ma che colpa abbiamo noi
Testi di Chiara Casarico
Musiche di Giuseppe De Trizio
Coproduzione: Il NaufragarMèDolce & Radicanto