Domenica, 24 Novembre 2024
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Un solo attimo e la passione finisce per dominare la ragione: commento del Canto V al Teatro Flavio

Recensione dello spettacolo Dante per tutti in scena al Teatro Flavio il 18 novembre 2021, un’iniziativa di Luca Maria Spagnuolo, storico dell’arte e studioso del Medioevo

 

L'iniziativa Dante per tutti, è nata nella capitale nel 2015 e costituisce ormai un appuntamento fisso con Dante, attesissimo dagli estimatori del poeta, ma fruibile da tutti, come viene dichiarato esplicitamente nel titolo della rassegna. Dante per tutti quest'anno, nel settecentesimo anniversario dalla morte del "padre della lingua italiana", introduce delle novità per il suo pubblico affezionato: la scenografia, proiettata su uno schermo gigante, posto al centro del palco, diventa volutamente protagonista dello spettacolo. Si tratta, come lo stesso Spagnuolo chiarisce all'inizio della rappresentazione, di immagini realizzate ad opera degli studenti della Scuola di Scenografia dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli, coordinati dal maestro e professore Gennaro Vallifuoco.

Ha inizio quindi il viaggio in sala, coinvolgente, interessante e ricco di suggestioni, e il pubblico del teatro Flavio, situato a pochi passi dal Colosseo, viene catapultato dal centro di Roma dritto all'Inferno di Dante. 

Luca Maria Spagnuolo sa condurre gli spettatori, attenti e partecipi, lungo lo stesso percorso compiuto da Dante e Virgilio, guidando, passo dopo passo, il pubblico in maniera sapiente ad un'interpretazione più autentica del canto V e alla scoperta delle intenzioni e motivazioni dell' illustre poeta medievale. Solo spogliandolo di tutti gli orpelli romantici, afferma lo studioso, possiamo giungere alla vera comprensione del Canto V: incosciente, meraviglioso, complesso e pietoso.

La storia d'amore di Paolo e Francesca, vera, bellissima, travolgente e struggente, che continua a far sospirare i ragazzi tra i banchi di scuola di generazione in generazione, aveva fortemente impressionato sicuramente anche Dante ventenne. Paolo Malatesta e Francesca da Rimini erano cognati. Francesca fu costretta a sposare, per volere del padre, Giangiotto, fratello di Paolo. I due cognati si innamorarono perdutamente, ma subito scoperti, furono uccisi da Giangiotto.  Il fatto di cronaca non aveva per nulla lasciato indifferente il giovane Dante, che si trova, però, a dover condannare nell'Inferno dei lussuriosi questo amore che si ferma alla carne e non va oltre, non senza, tuttavia, provare un fortissimo sentimento di pietà per i due amanti. Dante ha conosciuto questo tipo di sentimento, ne è fortemente attratto, ma si trova costretto ad allontanarlo per aspirare, invece, ad un amore puro, il solo in grado di condurre l'uomo verso Dio. E' per questo che colloca i due giovani innamorati nel secondo cerchio dell'Inferno... ciò non gli impedisce, però, di partecipare intensamente al loro dolore " pietà mi giunse, e fui quasi smarrito", immedesimarsi nella loro sofferenza "io venni men così com'io morisse" e addirittura perdere i sensi "E caddi come corpo morto cade" all'ascolto della loro storia.

Prima di condurre gli spettatori nel vivo del canto, lo studioso propone la lettura di un exemplum, una leggenda medievale, opera di un predicatore fiorentino, che narra di un monaco integerrimo, un anacoreta, che dopo aver trascorso l'intera esistenza nel deserto, era divenuto assai superbo. Dio decise allora di metterlo alla prova facendolo tentare dal diavolo sotto le sembianze di una donna avvenente, conducendolo, dunque, al peccato e punendo così la sua superbia. 

La scelta di introdurre i canti della rassegna "Dante per tutti" con il racconto di un exemplum, spesso inedito, nasce dall'idea dello studioso di far immergere gli spettatori nel vivo del contesto storico nel quale è stata appunto concepita e prodotta la Divina Commedia e suscitarne, quindi, una comprensione piena ed autentica. Tali exempla, emersi nel corso delle ricerche dello studioso Spagnuolo all'interno delle biblioteche romane, sono stati da lui stesso trascritti e restituiti agli studi medioevali. Fa da sfondo alla leggenda narrata un'immagine proiettata sul grande schermo posto al centro del palco, sulla quale, sotto un enorme cielo pieno di stelle, viene raffigurato il momento della tentazione.  L'immagine introduce un leit motiv di questi "incontri danteschi" al Teatro Flavio, come detto in precedenza, una novità rispetto agli anni passati. La scenografia, come è evidente, è stata anch'essa concepita e realizzata in linea con l'obiettivo dell'intera rassegna, quello cioè di offrire al pubblico uno spettacolo ispirato all'opera originale in chiave autentica, proiettando gli spettatori in un universo di immagini ispirate da un attento studio delle leggende e dei canti danteschi.

L'immagine successiva ci riporta subito al canto V: Paolo e Francesca, avvinghiati l'un l'altra, che avvampano in un bacio appassionato, sottolineato dal colore rosso fuoco delle loro labbra. Lui la abbraccia, lei gli accarezza i capelli.

Entriamo nel Regno del Male vero e proprio...si percepiscono le note di dolore e si avverte un vento rovinoso, una bufera, che è anche una bufera dei sensi, la bufera che travolge coloro che sottomisero la ragione all'istinto, giungendo alla perdizione e quindi al peccato della lussuria.  Ascoltando i versi di Dante, terzina dopo terzina, e immaginando il poeta e il suo maestro che vedono passare, trascinati dalla bufera infernale, i protagonisti di famosissime storie d'amore e passione del mondo antico e medievale, come Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride, Tristano... il pubblico è trascinato in un'altra dimensione.

Sullo schermo appare un'immagine con uno sfondo quasi fiabesco, colorato di rosa, celeste, bianco, in netto contrasto con l'aere maligno, perso di cui ci parla Dante, piuttosto in linea, invece, con i sentimenti di pietà del poeta verso il mal perverso dei due amanti. Al centro, in primo piano, Paolo e Francesca, stretti in volo, che planano verso Dante e Virgilio e contemporaneamente sembrano avvicinarsi anche agli spettatori. Paolo e Francesca si fanno più vicini, paragonati dal poeta a due colombe. Parla solo Francesca, Paolo piange. Giungiamo allora all'ascolto delle famosissime tre terzine dantesche che si aprono con la parola Amor... rispettando una formula tipica della letteratura cortese. 

Francesca prosegue e racconta, sollecitata da Dante, il momento dell'innamoramento. Leggevano la storia d'amore di Lancillotto e Ginevra e al momento della narrazione del bacio, Paolo baciò tutto tremante la bocca di Francesca. E' il libro, quindi la letteratura cortese, a far prendere coscienza Francesca e Paolo della reciproca passione, Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse. Il ruolo di Galeotto, siniscalco della regina Ginevra, testimone del patto d'amore col cavaliere Lancillotto, nelle terzine dantesche, è attribuito, invece, al libro, che diviene "galeotto", spettatore e garante dell'amore di Paolo e Francesca. Il racconto della passione amorosa e rovinosa di Paolo e Francesca parla, quindi, della fragilità dell'essere umano, di Dante stesso, di tutti gli uomini. Basta un solo attimo, improvviso ed inaspettato, e la passione finisce per dominare la ragione, conducendo l'uomo e la donna alla perdizione e alla morte, per lo sfrenato ed irresistibile desiderio di accarezzare dolcezza e felicità.

 

 

Cristina Fasolino

21 novembre 2021

 

 

 

 

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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