Domenica, 24 Novembre 2024
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Giusto la fine del mondo al teatro Piccolo Eliseo: quando le parole non dicono niente

Recensione dello spettacolo Giusto la fine del mondo, in scena al Teatro Piccolo Eliseo dal 13 Febbraio al 1° marzo 2020

 

A volte ritornare a casa può non essere una buona idea.

Louis (Alessandro Tedeschi) se n'era andato molti anni prima, quasi senza lasciare traccia. Ci torna quando, a quasi 34 anni, sta per morire. Li ritrova tutti lì. La madre Martine (Anna Bonaiuto), la sorella Suzanne (Angela Curri), il fratello Antoine (Vincenzo De Michele): i membri della sua famiglia, chiusi nella scatola di casa, immobili, quasi fossilizzati. Unica novità la cognata Catherine (Barbara Ronchi). Louis è lì per annunciare ai familiari il suo destino, cui vuole dare un senso con quel gesto. Ma non riuscirà nel suo intento. All'interno della casa viene travolto da un mare di parole che tutti, a turno, gli riversano addosso, lasciando libero sfogo alle loro frustrazioni. Louis, con il suo segreto, andrà via di nuovo. Questa volta definitivamente.

Giusto la fine del mondo, con cui l'autore francese Jean-Luc Lagarce, morto a 38 anni di AIDS ripercorre la personale vicenda biografica, è un dramma dell'incomunicabilità, vista come male endemico del nucleo familiare e raccontata paradossalmente attraverso l'ipertrofia della parola, che pur dovrebbe essere il naturale strumento di congiunzione all'altro.

I personaggi, nei loro sfoghi torrenziali che Louis ascolta senza interloquire, si esprimono caoticamente, senza articolare i discorsi, ripetendo ossessivamente ogni locuzione. Ma soprattutto parlano solo ed esclusivamente di sè. Catherine dei figli, forse la sua unica ragion d’essere, Antoine della sua rabbia di uomo da sempre poco considerato, Suzanne delle insicurezze di adolescente, Martine delle preoccupazioni di una madre, che cerca di ricomporre col quadro sconnesso. Tutti parlano, nessuno ascolta. Chiusura che è una malattia senza rimedio, come quella che sta portando Louis alla fine e da cui lo stesso protagonista non è esente, pur manifestandola con il silenzio e l’isolamento.

Il giudizio sul testo di Jean-Luc Lagarce è inevitabilmente condizionato, per chi ha visto il bellissimo film di Xavier Dolan, tratto dalla pièce. Nella trasposizione cinematografica, forse per la dilatazione del tempo filmico, i personaggi vengono analizzati e definiti compiutamente, potendo assumere un preciso ruolo in una vicenda che crea un quadro organico. Ad esempio, Catherine, lì interpretata da Marion Cotillard, è l'unica, forse perché esterna al nucleo familiare originale, a comprendere senza bisogno di parole il doloroso segreto di Louis. Nell'opera teatrale le cause del rispettivo disagio dei personaggi hanno una accentuazione secondaria ed esso appare essenzialmente nella sua manifestazione finale: una logorrea scomposta e autoreferenziale. E i personaggi sono singole note staccate, che compongono una partitura dissonante. Antoine è costantemente scontroso fino alla brutalità, Catherine evapora nella remissività, Suzanne è instabile e umorale.

Ottime le scelte di regia di Francesco Frangipane, che, ben servendosi delle scene di Francesco Ghisu, delimita con schermi visivi, subito pronti a richiudersi, la casa – prigione, ambito della vicenda; inoltre grazie al sapiente lavoro di luci di Giuseppe Filipponio, illumina o spegne gli alternanti protagonisti della scena, relegando gli altri alla usuale immobilità.

L’essenzialità del testo penalizza però gli attori, limitandone di fatto il potenziale espressivo. Esempio ne è l'interpretazione di Vincenzo De Michele, chiamato per buona parte dello svolgimento a urlare frasi di rabbiosa - e monocorde – contrapposizione, che nello spazio esteso del suo vibrante monologo può finalmente estrarre e mostrare al pubblico la forza drammatica di cui è capace. All’evanescenza del personaggio Anna Bonaiuto sa contrapporre il mestiere; gli altri rimangono inevitabilmente appiattiti nel disegno monodimensionale dell'autore. Prigionieri, come la famiglia nella casa di una gabbia troppo stretta.

Protagoniste di Giusto la fine del mondo restano le parole. Parole che riecheggiano nel vuoto e, percorso un cerchio asfittico, ritornano al mittente. Parole che vorrebbero dire molto e che, in mancanza di orecchie e per una insanabile atrofia del senti-mento, non dicono niente.

 

Valter Chiappa

16 Febbraio 2020

 

 

informazioni

GIUSTO LA FINE DEL MONDO

di Jean-Luc Lagarce

Regia Francesco Frangipane

con 

Anna Bonaiuto

Alessandro Tedeschi

Angela Curri

Barbara Ronchi

Vincenzo De Michele

Scene Francesco Ghisu

Costumi Cristian Spadoni

Musiche originali Roberto Angelini

Luci Giuseppe Filipponio

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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