Recensione dello spettacolo ‘Non è vero ma ci credo’ in scena al Teatro Della Cometa dal 20 dicembre 2019 al 12 gennaio 2020
Non è mai facile riproporre una pièce che è già stata portata sul palco da due grandi nomi del teatro quali Peppino e Luigi De Filippo, eppure Enzo Decaro è riuscito a vestire egregiamente i panni dell’avaro superstizioso commendator Gervasio Savastano protagonista di ‘Non è vero ma ci credo’.
Sposando perfettamente la commedia dell’arte con un pizzico di verve e comicità tipicamente napoletana, Decaro restituisce allo spettatore un’interpretazione del personaggio nuova, fresca e, anche se a tratti il pubblico percepisce un pallido parallelismo con il Gervasio di Peppino o Luigi, la sua performance ha il pregio di non essere una mera imitazione o un rifacimento delle precedenti: il suo personaggio risulta ben caratterizzato e delineato e affrontato con quella pacatezza e quel garbo che rendono unica l’interpretazione di Decaro. Forte della sua esperienza, infatti, l’artista dona al suo personaggio la sua stessa comicità, la sua gestualità e la bravura di tenere incollato lo spettatore alla poltrona grazie al ritmo incalzante ed energico che il regista Muscato ha affidato alla commedia.
La trama ruota tutta intorno alla fissazione che Gervasio nutre per la superstizione: i suoi affari sono influenzati dai rituali propiziatori che compie prima di ogni accordo e che ultimamente non stanno funzionando a causa del suo impiegato Belisario Malvurio, cui attribuisce un influsso malefico. Per non parlare poi del giovane di cui sua figlia Rosina si è innamorata e che ha rinominato ‘gufo iettatore’ perché per colpa sua la ragazza è stata ricoverata per un mese. All’improvviso, però, sembra che la buona sorte torni a sorridere per Gervasio: in azienda arriva un giovane gobbo e di colpo tutto sembra andare per il meglio, anche in famiglia. Ben presto, il nostro commendatore si ritroverà a fare i conti con la Dea Bendata…
I personaggi, creati da Peppino De Filippo e presentati con tutti i loro pregi e difetti, risultano ancora attuali e probabilmente ancora per lungo tempo a venire, riusciremo a rivedere in noi stessi quei vizi e quelle virtù dipinte nel lontano 1942 da Peppino. Interessante a questo proposito, l’operazione registica di collocare l’azione in un’epoca più vicina all’attuale: erede della direzione artistica della compagnia di Luigi, Leo Muscato ha voluto continuare nel segno dei De Filippo retrodatando l’ambientazione e riportandoci nella Napoli degli anni ’80 in cui aleggiano i fantasmi di Mario Merola, Pino Daniele e Maradona. Questa scelta ha permesso di attribuire un taglio più contemporaneo alle scene che risultano più armoniose e fluide nel loro susseguirsi trascinante e travolgente: Decaro è particolarmente bravo a non perdere il ritmo e a non farsi sopraffare dallo stesso. Anzi, insieme a Lucianna De Falco, vera forza della natura sul palco, riescono a calibrare il rapporto tra i propri personaggi e a modulare l’andamento della pièce coadiuvati dagli altri nove attori che calcano il palco insieme a loro. La scenografia, curata da Luigi Ferrigno, celebra ogni scena donandole una caratteristica propria e si adegua al ritmo repentino dell’azione dei personaggi, cambiando e adeguandosi alla stessa, cosa non semplice da fare live.
Finalmente torna a calcare il palco la grande tradizione napoletana del teatro dei De Filippo: indagatori dell’animo umano, lo hanno saputo analizzare anche severamente ma sempre con quel pizzico di ironia che non guasta e che fa ridere di gusto dei nostri difetti e delle nostre ossessioni. Ossessioni come quella che Gervasio nutre per la superstizione cui è possibile trovare una soluzione: l’unico rimedio per liberarsi dalle proprie nubi e dalle ombre che popolano le nostre menti è sapersi abbandonare alla felicità.
Diana Della Mura
3 gennaio 2020