Recensione dello spettacolo Don Chisci@tte in scena al Teatro Golden dal 26 novembre al 15 dicembre 2019
È uno spazio scenico singolare quello che ospita l’azione di questo spettacolo che vede sul palco una coppia di attori collaudatissima e amatissima dal pubblico, Alessandro Benvenuti e Stefano Fresi, pronti a dar vita a un Don Chisciotte davvero particolare. La scrittura di Nunzio Caponio, infatti, trae ispirazione dall’opera originale di Cervantes dalla quale prende in prestito il fervore, l’anima e lo spirito critico per attualizzarli nella figura di un moderno cavaliere errante che si esprime a suon di video su Youtube contro chi semina odio: questo anziano blogger, che vuole combattere nemici meno tangibili dei mulini a vento ma non per questo meno pericolosi, è accompagnato nella sua impresa da un Sancho che è molto di più di un fedele compagno e che, forse proprio per questo, riesce anche a comprenderlo meglio.
Scagliandosi contro la nostra epoca fatta di relazioni virtuali in cui vengono a mancare gli autentici valori su cui dovrebbero basarsi le relazioni umane, Don Chisci@tte, così come si fa chiamare nell’epoca dei social, vuole contrastare l’assuefazione che ha reso l’uomo una marionetta nelle mani della tecnologia, e dei governi mondiali, abituati ormai a manipolare gli uomini al solo scopo di renderci tutti ‘zombie al contrario’, ovvero vivi fuori e morti dentro. Diventa così un’impresa non essere risucchiati dal nulla cosmico a cui ci si potrebbe avvicinare a causa della crisi dei valori e della disintegrazione neuronale: oggi l’essere umano tende ad assuefarsi allo status quo, diventando pigro, inerte e privo di volontà di reazione come una rana quando si abitua pian piano a stare nell’acqua calda e non riesce a uscirne anche quando diventa bollente. Per evitare una degenerazione di questa situazione, Don Chisci@tte chiede al suo Sancho di aiutarlo a far veicolare il suo messaggio sui social perché per contrastare l’odio e l’abbattimento morale che sta contagiando tutti, l’unico mezzo è l’amore.
In poco più di un’ora di spettacolo il duo Benvenuti-Fresi dà vita a una messinscena che regala un’ironia graffiante allo spettatore, cui scappa spesso qualche risata, grazie anche al feeling crescente che si instaura tra i due attori che, unici sul palco, riescono ad animarlo e a catturare vicendevolmente l’attenzione del pubblico senza monopolizzarla in un’unica direzione. Lo scambio di battute è fluido, elastico e ritmico quasi come fossero due tennisti che si giocano la partita della vita: circondati dalla sola scenografia, posta a creare una ambientazione significativa del messaggio che il regista Davide Iodice vuole veicolare, Benvenuti e Fresi animano l’intera scena e la popolano quasi come se stesse recitando un’intera compagnia di attori. Definirla solo una forte presenza scenica è un eufemismo visti i due ‘mostri’ che si avvicendano sul palco: Benvenuti è riuscito a creare e a far suo un Don Chisciotte pieno di paure e manie ma anche capace di genialità e profondità senza cadere nel grottesco o nel macchiettistico, regalando un personaggio dai toni naïf che parla con entusiasmo della vita e con semplicità di temi scottanti e attuali, mentre Fresi con una schietta autenticità incarna perfettamente il moderno Sancho Panza, pronto a ribellarsi al suo padrone così come è pronto ad affiancarlo nelle sue avventure virtuali, animato da un pizzico di amore filiale e di curiosità per l’impresa.
Quello creato da Caponio, è un Don Chisciotte che consegna allo spettatore molto materiale su cui riflettere: il pubblico è genuinamente coinvolto dal rapporto tra padre e figlio e da quello cavaliere-scudiero e non può che divertirsi quando assiste al giuramento dei cavalieri quantici professato con tanto di bizzarre armature o quando il Don risponde a suon di video ai suoi detrattori, e alla fine esce dalla sala con un sorriso dolce-amaro perché sa che le idee veicolate dal testo stanno diventando più concrete che mai.
Diana Della Mura
2 dicembre 2019