Recensione dello spettacolo Femme Letale andato in scena al Teatro Trastevere dal 4 al 7 maggio 2017
Che cos'hanno in comune Pauline, Juliet, Denise, Catherine ed Elvira, oltre ad essere donne? La debolezza? L'emotività? Il sentimentalismo elevato alla massima potenza? Cos'è che spinge un uomo ad uccidere?
Ogni anno in Italia si registrano sempre più casi di femminicidio e il "movente" sembra essere sempre lo stesso: quello di considerare la propria partner come un oggetto personale, spogliata della sua libertà e del suo essere individuo, di cui disporre a proprio piacimento. Ma cosa succederebbe se le cose si capovolgessero? Se la donna, da vittima, diventasse l'esecutore materiale di un omicidio?
In Femme Letale, spettacolo ideato e diretto da Natascia Bonacci si assiste ad una catartica e distorta rivalsa di quanto avviene consuetudinariamente, così Pauline, Juliet, Denise, Catherine ed Elvira diventano protagoniste di fatti di sangue esponendosi in prima persona e questa volta in vesti insolite: quella del carnefice.
Le scene si compongono di quattro monologhi, quattro storie, quattro solitudini (anzi cinque), e quattro crimini. Femme Letale nasce dalla necessità della regista di raccontare storie di violenza familiare con finali imprevedibili e dai contorni inquietanti. Spunto di questo suo lavoro prende il via con l'ultimo capitolo della rappresentazione, "Accettalo", in cui vengono narrate le vicende della sua tata e a cui fanno seguito altre storie ispirate a fatti realmente accaduti. Ciò che colpisce è non soltanto la violenza di questi gesti efferati, quanto l'intensità nella recitazione delle quattro attrici che ben hanno saputo riprodurre la follia e l'oblìo che ottunde la mente in un soggetto solo, disperato, corruttibile e labile.
La prima parte, "Folie a deux", che mette in scena un assassinio compiuto da due donne, Pauline e Juliet, nei confronti di un'altra donna, è interpretata da Beatrice Picariello. Pauline e Juliet sono due adolescenti vittime prima ancora di una malattia congenita dalla nascita, ragion per cui nella loro scuola sono le "escluse". La loro amicizia ogni giorno si rafforza sempre più, fin quando la madre di Pauline decide di separarle emigrando all'estero con la famiglia per via del rapporto morboso che si è venuto ad instaurare tra la figlia e l'amica. Decisione questa non ben accolta da Pauline la quale, di comune accordo con Juliet, finiscono con l'ammazzarla cosicché la loro amicizia non trovi più alcun ostacolo. Nella seconda parte, "La super coppia" (forse la più cruenta e crudele di tutte), la storia di Denise è interpretata da Martina Di Fazio, una donna facilmente manipolabile che, stanca della solitudine, per essere accettata da un uomo (altrettanto folle), arriverà a compiere il più innaturale e impensabile dei gesti: l'uccisione della sua unica figlia. In "Tutta colpa di un vino francese" Susanna Stefanizzi interpreta una "strega" di inizi '600 dedita all'occultismo e al satanismo, mentre nell'ultima parte "Accettalo" a calarsi nel ruolo di Elvira è un'altra brava attrice, Maria Antonia Fama (che abbiamo già avuto modo di apprezzare altri spettacoli sul palco del Teatro Trastevere), una tata che lavora ad orari stabiliti, oltre i quali non può sforare visto che è costretta a tornare in carcere per scontare la pena per aver ucciso il marito, reo a sua volta di continue torture, umiliazioni ed offese nei confronti di Elvira e dei loro figli.
Storie di solitudini, quindi, di dolore e malesseri sociali, messe a nudo e a crudo e presentate con coraggio e forza da una donna, accompagnata e sostenuta da altre quattro straordinarie donne sul palco che hanno meritato un grande applauso per l'intensità espressiva e gestuale del proprio ruolo. Lo spettacolo, già drammatico e greve di per sé, non avrebbe retto infatti senza le loro doti interpretative – efficacissime – il segreto della riuscita di Femme Letale sta tutto nella loro recitazione.
Lo scenario non presenta un tono leggero, è concitato, violento, smisurato; ci si trova ad essere proiettati in questo "ring dell'inferno" e non si vede l'ora di uscirne. Ci si sente soffocare, annegare, annaspare, eppure, nonostante tutto e di malavoglia, si rimane travolti da questo turbinio di emozioni e sentimenti contrastanti. Con una eccezione: non è un aula di tribunale, non si viene a giudicare. Si scopre un po' di più della propria natura, uomo o donna non fa differenza.
Perché, in fondo, quelle persone non siamo altro che noi.
Costanza Carla Iannacone
8 maggio 2017