Recensione dello spettacolo OscuraMente in scena al Teatro Ballet dal 3 al 6 ottobre 2019
C'è qualcosa di osceno e perverso quando una mente geniale e brillante si mette al servizio dei desideri più nascosti e profondi della propria anima, soprattutto quando quell’anima, particolarmente sensibile e vulnerabile, si sente profondamente ferita e oltraggiata: è cosi che appare allo spettatore il personaggio di Leonardo, che muove le fila dello spettacolo presentato al Teatro Hamlet di Roma.
Figlio in balìa di un uomo e una donna che non riescono più a ritrovarsi come coppia e a ritrovare il senso di essere una famiglia, e costantemente pressato da una parte e dall’altra, Leonardo non sopporta più di sentirsi vessato dalla crudeltà e spietatezza dei suoi genitori corrosi dall’odio, dalla rabbia, dalla gelosia e dalla disperazione, finendo inevitabilmente per diventare a sua volta spietato e disperato. Sono questi suoi sentimenti oscuri a permettergli di ordire un piano semplice quanto geniale, per ritrovare la sua libertà e spezzare quei vincoli familiari che lo tengono assoggettato a due persone che non considera più come i propri genitori perché non hanno più amore da dargli. Forte di questa oscurità e delle sue conoscenze come chimico, il ragazzo riesce a lavorare sulla debole psiche di Lena e Gerardo per metterli definitivamente l’una contro l’altro per un’ultima fatale volta e ottenere il suo agognato lieto fine.
Per quanto oggi risulti molto complesso per le realtà teatrali indipendenti portare in scena un thriller così subdolo e arguto, il testo di Angela Turchini adattato e diretto da Marzia Verdecchi riesce ad arrivare in maniera diretta allo spettatore e a incollarlo alla sedia coinvolgendolo nel dramma vissuto da Leonardo ma anche dai genitori, che si ritrovano in una situazione non troppo estranea alle coppie odierne. Forse è proprio perché il tema scelto dalla Turchini risulta così familiare, che il pubblico riesce a immedesimarsi e a comprendere sia le ragioni che guidano Leonardo alla scena finale, sia la disperazione di Lena che ha dovuto rinunciare alla propria carriera professionale per essere madre finendo con il rinfacciare e farsi rinfacciare questo ‘sacrificio’, così come si comprendono bene anche i motivi che muovono l’atteggiamento autoritario di Gerardo, il personaggio probabilmente più fragile dei tre che, divorato dai suoi incubi interiori, deve preoccuparsi di mandare avanti un’intera famiglia che gli è estranea e ostile.
La scelta registica di dividere il palco in tre scene in cui i personaggi si muovono in penombra, a voler sottolineare ancora di più le loro oscurità personali, consente al pubblico di immergersi nell’atmosfera angosciante, pesante e pericolosa che si respira sul palco risultando così funzionale alla diegesi stessa della storia. L’enfasi della narrazione viene costantemente sottolineata anche dalla scelta delle musiche che accompagnano i pensieri e le azioni dei personaggi rimarcandoli ancora di più, così come fondamentale appare la scelta di lasciare che siano dei costumi non colorati a definire l'incapacità dei personaggi di esternare nel modo corretto i propri sentimenti.
La difficoltà delle relazioni umane e del complesso rapporto genitori-figli e moglie-marito è stata efficacemente resa dalle performance dei tre attori sul palco che hanno dimostrato di saper creare e dominare scene cariche di tensione, dando vita a un dramma estremamente attuale e capace di innescare nuovi pensieri, dubbi, riflessioni e domande nello spettatore.
Diana Della Mura
6 ottobre 2019