GIORNO 3 – Domenica 29 Settembre 2019
Le condizioni meteorologiche hanno decretato quest’ultimo giorno di festival come il più gelido degli ultimi appena trascorsi. Mi piace pensare che anche il cielo, a suo modo, sia dimostrando il proprio dispiacere per la conclusione dell’FMTM19. In aggiunta a questo, poi, scopro, con una certa sarcastica gioia, che i due spettacoli in programma per oggi sono situati esattamente ai vertici più estremi della cittadina, il che mi rende in poco tempo conscia della lunga strada che mi attende da percorrere. Equipaggiata di tutto punto, mi accingo ad affrontare abbondanti trenta minuti di camminata, in piacevole compagnia di nove simpatici gradi e una copiosa dose di pioggia fresca.
VIDA (Javier Aranda)
La risposta più valevole al perché il teatro sia qualcosa da dover amare è questo spettacolo.
“Vida” raddensa nel proprio DNA un’espressività umile e abissale, che si lascia assimilare dal buio del palcoscenico senza però che la sua mite e pur vigorosa luce si indebolisca mai. Rischiarato da un faro che gli piove sopra la testa, Javier Aranda si fa creatore di una realtà resa tanto vivida, che per tutta la durata dello spettacolo diventa per il pubblico la sola unica e concepibile. Quasi si trattasse di una simbolica placenta, da un paniere abbandonato ai capricci del mare nascono due mani che si animano di una vita di sorprendente verità. Con una tecnica pulita e raffinata, il burattinaio, che mai come in questo caso si presta al proprio mestiere, compone storie e vicende che permettono ad una cosa tanto ordinaria ed ovvia come il ciclo vitale di convertirsi nella magia più poetica e sorprendente di sempre e sconcerta rendersi conto che l’argomento per il quale, per un’ora di tempo, si ride, ci si commuove, si piange e si è seri è la cosa più vicina a ciascuno di noi. Un’ode che esalta le cose semplici con una semplicità che sbalordisce, integrata ad una bravura della quale ci si rende conto solo dopo aver metabolizzata una grande lezione infusa con la tenera affettuosità propria di un padre che racconta una favola della buonanotte. Il linguaggio è espresso nella forma più universale e democratica che esista, ad ulteriore riconferma del fatto che “Vida” riguarda tutti, nessuno escluso, e, a tal fine, l’impiego di un esiguo vocabolario di parole di comprensibilità planetaria, estratte da lingue diverse, crea un autentico e per nulla artificiale contatto tra tutti i presenti. La stessa sensibilità, Aranda la ripone nell’accurata scelta musicale di brani che appartengono all’immaginario collettivo o che, nonostante il gap linguistico, possiedono comunque un potere evocatorio determinate, capace di risvegliare precise sensazioni. Ogni elemento, nella sua minutezza, rende, insomma, “Vida” non solo uno spettacolo, ma un atto d’amore, e senza l’imbarazzo di cadere in un commento mellifluo e troppo personale, mi assumo in piena coscienza il rischio di dirmi semplicemente riconoscente dell’averne fatto parte.
Per informazioni sul lavoro della compagnia consultare il sito: http://www.javieraranda.es
Oggi, essendo l’ultimo giorno di festival e dato il clima piuttosto impervio, mi accorgo di avere molto tempo libero. Questa constatazione mi consente libero accesso ai meandri delle mie infinite considerazioni su “Vida”, lo spettacolo al quale ho appena finito di assistere e che, senza giudizi troppo frettolosi, mi spingo a considerare lo spettacolo più bello mai visto non solo qui a Charleville-Mézières, ma in generale in tutta la mia esperienza da spettatrice avuta sino ad oggi, o almeno… sino al prossimo spettacolo; già, perché ancora una tappa mi separa dal termine di questo mio viaggio e nulla è ancora detto!
KAZU DANS LE FROID DE LA NUIT BIPOLAIRE (Singe Diesel)
Lo studio antiquato di un giovane burattinaio fa da romantico scenario ad un susseguirsi irrefrenabile di storie e personaggi, che parlano di vita, di morte, di amori perduti e talvolta ritrovati. Storie quotidiane, che riguardano un po’ tutti, ma alle quali si conferisce una suggestiva sensibilità che riesce a poetizzare ogni cosa, persino la malinconia e la banalità. Lo spettacolo è un concerto visivo sapientemente orchestrato, dove ogni personaggi esegue la propria parte in maniera integerrima, sebbene talvolta, forse a causa di un fraseggio in lingua di tanto in tanto troppo pretenzioso, ci si possa dimenticare di qualche pezzo. Piacevole, poi, la proiezione di delicatissimi disegni che talvolta intervalla l’azione scenica contribuendo a costruire una scenografia intelligente ed immersiva, che difficilmente si sarebbe potuta realizzare. Non mancano sprazzi di leggero umorismo, che ben contornano la dimensione onirica, poetica ed immaginaria della narrazione.
Per informazioni sul lavoro della compagnia consultare il sito: https://singediesel.org/kazu/
Come per tutte le cose belle, anche per questa è giunta una fine. Mentre me ne sto sola per strada, contrastando il vento che pare come volermi dire di tornare indietro, rifletto su quanto sia bello alle volte poter considerare finita una cosa tanto bella come questo festival si è rivelato essere. La sua temporaneità lo rende ancora più pregiato e suggestivo. Soprattutto lo trasfigura in qualcosa da attendere, qualcosa da aspettare con quell’irrequieta eccitazione che hanno i bambini a Natale. Io lo aspetterò così, contando i giorni…
Giuditta Maselli
30 settembre 2019
Il video racconto della nostra inviata