Recensione dello spettacolo: ‘Na Santarella. Di Eduardo Scarpetta. Con Fabio Gravina, Claudia Federica Petrella, Mara Liuzzi, Antonio Franco, Tito Manganelli, Giuseppe Vitolo, Fausto Morciano, Patrizia Santamaria, Elodie Serra. Regia e riduzione di Fabio Gravina. Andato in scena al Teatro Prati dal 3 maggio 2019 al 2 giugno 2019.
Ciò che appare di noi quasi mai riflette tutto ciò che realmente siamo, oscurando all’altrui consapevolezza aspetti portanti della nostra vera identità.
Felice Sciosciammocca (Fabio Gravina) è un fedele e umile organista in un Collegio di educande, Le rondinelle, diretto dalla madre superiora, suor Rachele (Mara Liuzzi). Il suo segreto è quello di essere un compositore di operette che, quando rappresentate a teatro, lo costringono a rischiose fughe serali dal Collegio, per assistere alla messa in scena delle stesse, e ad altrettanto pericolosi ritorni mattinieri, caratterizzati da muri scavalcati e attraversamenti di campagne. Nannina (Claudia Federica Petrella), la più esemplare delle collegiali, ha scoperto però la vera identità dell’organista, rimanendo così estasiata dalla sua musica da pretendere di accompagnarlo a teatro per assistere alla prima: pena la divulgazione nel collegio del segreto.
Tuttavia, quella stessa sera Nannina sarebbe dovuta partire per Roma su richiesta dello zio, ed essere accompagnata in treno dallo stesso Felice, su ordine della madre superiora. Pur di non rinunciare ai loro rispettivi desideri, i due confezionano un’ improbabile scusa atta a giustificare la mancata partenza per Roma e a garantire loro la presenza a teatro. Tuttavia, la prima donna dell’operetta, Cesira Perrelli (Patrizia Santamaria), nonché amante dello stesso maestro Sciosciammocca, ingelosita dalla presenza e dai racconti su Nannina, decide, nell’intervallo del primo atto, di abbandonare il teatro, lasciando Felice e l’impresario Nicola (Tito Manganelli) in una situazione di assoluta difficoltà. Sarà Nannina, grazie alla sua profonda conoscenza delle opere del maestro, a salvare la situazione.
Fabio Gravina, nel ridurre e dirigere la commedia di Eduardo Scarpetta datata 1889, restituisce pienamente il sapore e le atmosfere originarie, impreziosite da una recitazione complessiva dotata di eleganza espressiva d’altri tempi. Il cast attoriale ha infatti colto e rappresentato l’anima dei singoli personaggi, alcuni dei quali forse eccessivamente stereotipati e poco modulati, sfioranti a volte la prevedibilità. Di spessore la prova di Fabio Gravina, in termini di presenza scenica e mimica facciale, capace quest’ultima di comunicare diverse tonalità emotive, assurgendosi a vera e propria maschera. Espressione della migliore tradizione napoletana, la drammaturgia sviluppa attorno al nucleo primario diversi intrecci narrativi che, pur prendendo vita dal tema centrale, possiedono una loro autonomia. Essi colorano la pièce di un sottobosco di storie e “fattarielli” paralleli, agiti da personaggi fortemente caratterizzati e registicamente ben tratteggiati, come il maggiore Angelo Cannone (Vittorio Franco), il tenente Eugenio Porretti (Fausto Morciano), Biase, il cuoco del Collegio e Vincenzo il custode del Teatro ( Giuseppe Vitolo), Michele, custode del Collegio (Tito Manganelli) e Amelia, (Elodie Serra) seconda ballerina.
La scenografia d’epoca di Francesco De Summa, oltre a distinguersi per la cura e l’attenzione al dettaglio, sembra voler raggiungere ed “accogliere” il pubblico stesso, rendendolo interlocutore privilegiato, sfumando così il distacco tra scena e platea, ovvero tra realtà e finzione. Risposta del pubblico convincente per una rappresentazione di qualità, in un Teatro accogliente e prezioso che ha da sempre onorato la commedia napoletana e i suoi grandi interpreti, a tal punto da rimandare la sensazione di scorgere tra velluti rossi la sagoma del principe De Curtis e del commendatore De Filippo.
Simone Marcari
3 giugno 2019