Recensione dello spettacolo La cena aziendale - da un’idea di Alessia De Bortoli, scritto da Adriano Bennicelli. Con Alessia De Bortoli, Christian Galizia, Ilario Crudetti, Marco Landola, Ilaria Mariotti, Emiliano Pandolfi, Alessandro Bevilacqua. Regia di Leonardo Buttaroni. In scena al Teatro Trastevere dal 28 maggio 2019 al 2 giugno 2019
Bisogna esserci, è necessario esserci. Ci sono situazioni apparentemente ricreative e di alleggerimento slegate a prima vista dall’ufficialità e asettica impostazione del contesto lavorativo. Momenti in cui dovrebbe prevalere la persona sul lavoratore, dove anche il direttore o capo ufficio sembra essere più “raggiungibile” dai suoi dipendenti, perché quando a contattarsi sono le persone, e non i ruoli, ci si riscopre simili nella nostra comune natura. Tuttavia, tali situazioni, che trovano nella cena aziendale il loro paradigma, vengono spesso vissute dai dipendenti con ansia e senso del dovere tali da rappresentare, nel vissuto, una prosecuzione del lavoro.
In attesa dell’arrivo del direttore, i dipendenti della Premiata Grandiflora S.P.A., azienda leader nella vendita ed esportazione di piante tropicali, stanno ultimando i preparativi in occasione della cena aziendale, in prossimità delle feste natalizie. Le interazioni tra i colleghi, tradiscono tuttavia differenze individuali, spesso enfatizzate dall’ansia, che mal si coniugano con la filosofia di gruppo. Ognuno di loro sembra in effetti soggiocato e frenato dalle proprie nevrosi e peculiarità caratteriali che non permettono una relazione funzionale. Costanza ( Alessia De Bortoli), infatti, preda del suo tratto nevrotico ossessivo, si sofferma sul dettaglio, disperdendo la sua energia e sostituendola col panico causato dal mancato abbinamento delle sedie con la tavola; Tommaso (Ilario Crudetti), similmente, è altrettanto preoccupato per l’approvazione del vino, da parte del direttore, che ha affannosamente scelto per la circostanza. Filippo ( Marco Landola), invece, sembra essere troppo occupato nel corteggiare in modo “diretto” le sue due colleghe, Costanza e Arianna (Ilaria Mariotti), mentre i due sindacalisti, Maurizio ( Alessandro Bevilacqua) e Benito (Emiliano Pandolfi), esacerbatamente nostalgici di una sinistra marxista e guevarista, immettono il loro fervore politico all’interno di una situazione che richiederebbe collaborazione e non improbabili comizi. A rendere ancora più precario il vissuto di ciascuno, sarà la notizia comunicata dal direttore (Christian Galizia) a fine pasto: l’Azienda è in crisi, e se entro un mese i suoi dipendenti non troveranno la soluzione per risanarne le sorti, avrà luogo il primo licenziamento. Ma è proprio nelle situazioni di pericolo che gli esseri umani si ritrovano uniti sfumando le differenze individuali in nome di un agire comune, figlio di un’anima di gruppo, laddove la mancanza di un pericolo percepito permette al singolo di concentrarsi su se stesso e riscoprire la propria unicità.
La drammaturgia di Adriano Bennicelli sembra soffermarsi maggiormente sul momento antecedente l’arrivo del direttore, creando un “prima”, caratterizzato da una ritmica recitativa moderata, atta ad evidenziare le prerogative dei singoli personaggi, ed un “dopo” colorato da un crescendo di espressività e di movimento, grazie ai quali la regia di Leonardo Buttaroni trasferisce efficacemente l’emozione e l’urgenza del momento, complice un evidente intervento sulla corporeità dei personaggi. La drammaturgia, pur trattando un argomento drammaticamente attuale, riesce efficacemente ad essere vivace e colorata, prendendosi quasi gioco di sè attraverso l’uso di rime nel parlato e un tratteggiamento dei personaggi al limite della caricatura. Le buone intuizioni registiche e la ricercatezza della scrittura trovano il proprio eco nella convincente interpretazione del cast attoriale che restituisce credibilità a personaggi dalle caratteristiche rintracciabili realmente sui posti di lavoro e nella vita. Basti pensare a Costanza, organizzatrice della cena, icona dell’impiegata che non riesce a distaccarsi emotivamente dal lavoro a tal punto da divenire quasi un secondo direttore: per lei la cena aziendale viene vissuta esclusivamente come una mission per creare team building e fare brainstorming. Oppure Filippo, paradigma dell’uomo sposato e insoddisfatto, con figlio problematico, privo di direzione, alla ricerca eterna del brivido istantaneo che spera di trovare nella sessualità, corteggiando e illudendo le colleghe.
Nonostante lo spessore del costrutto portante della commedia, il tema centrale della stessa non è risultato particolarmente originale, risuonando spesso come qualcosa di già visto. La tematica, inoltre, per sua natura non ha permesso di offrire sbocchi risolutivi diversi dal prevedibile, viziando leggermente la qualità dello spettacolo che rimane comunque di livello , come l’ottima affluenza di un pubblico divertito testimonia.
Simone Marcari
31 maggio 2019