Recensione di Otello in scena al Teatro Quirino dal 30 aprile al 5 maggio 2019
Laddove si rinuncia alla parola, si ricorre al corpo, eliminare il verbale per far spazio al non verbale diventa una scelta mirata quando si tenta la coraggiosa operazione di trasporre nel linguaggio della danza una delle più intricate opere di Shakespeare. La danza contemporanea è lo strumento scelto a questo scopo da Luciano Carratoni, direttore del Balletto di Roma che, con l'ausilio delle coreografie di Fabrizio Monteverde, coglie e trasmette la complessità delle emozioni, delle dinamiche relazionali e dei vissuti interiori orbitanti attorno all’Otello di Shakespeare, caratterizzata da una tematica quanto mai attuale, quella del femminicidio.
Le ossessioni, la gelosia, il tarlo del tradimento arriveranno ad annebbiare la mente del protagonista al punto tale da impedirgli di essere lucido e finire per soffocare la moglie Desdemona sul letto nuziale. In realtà Otello è caduto nella trappola del suo sottoposto Iago che lo induce a credere che la moglie lo tradisca con Cassio e l'ira del Moro lo poterà alla tragedia. Tutto il substrato psicologico che sottende le azioni dei protagonisti viene sviscerato dai movimenti dei corpi dei ballerini del Balletto di Roma. Due sono sostanzialmente i nuclei isolati sulle scene: la gelosia di Otello e i rapporti di potere con i suoi sottoposti Iago e Cassio. I legami relazionali tra Otello (Vincenzo Carpino) e Desdemona (Roberta De Simone) e Otello, Iago (Paolo Barbonaglia) e Cassio (Riccardo Ciarpella) sono amplificati dal corpo di ballo in scena che esprime con passi di danza appassionati e sensuali l’indicibilità dell’amore sfociante in violenza che caratterizzerà per sempre la coppia principale, conferendole un carattere universale. Monteverde sceglie di connotare in modo sensuale, quasi sessuato, anche gli intrecci tra Otello, Iago e Cassio, incarnando così, in questa triade, la seduzione del potere sui suoi sottoposti a cui Otello pare rispondere con la stessa ambiguità nell'interpretazione di Carratoni e Monteverde.
L'apoteosi del dramma è raggiunto nella tragedia finale in cui sulla scena rimangono solo Otello e Desdemona che, attraverso passi di danza concitati, si rincorrono, si prendono, si allontanano, complice un gioco di luci che proietta un'ulteriore presenza sulla scena: le loro ombre. Esse sembrano indicare già il trapasso dei due all'immaterialità della morte. Il corpo morto di Desdemona viene trascinato più e più volte sul palco da un Otello disperato, in preda alla follia. Questo momento esprime il punto più alto della rappresentazione in cui si giunge alla coincidentia oppositorum di amore e morte trasformatisi in un'unica entità. La scelta dei mantelli rossi all'interno, neri all’esterno, indossati dal corpo di ballo nelle fasi iniziali, preannunciano questo punto di non ritorno dell’opera shakespearina. Fondamentale il ricorso alle musiche di Antonin Dvořák su cui tutta la collettività dei ballerini si muove con ritmo, sincronia e sensualità: esse accentuano le sfumature psicologiche dei protagonisti, modulando tutti i toni della rabbia, della passione, della follia, della tragedia, della morte..
Mena Zarrelli
6 maggio 2019