Recensione dello spettacolo Otto donne e un mistero in scena al Teatro Quirino dal 2 al 14 aprile 2019
La morte non reca mai con sé nulla di buono, sia che sia accidentale che voluta. E il puzzo diventa ancora più nauseabondo se essa è avvenuta in seguito ad un assassinio. Questo è quanto si assiste nella commedia thriller di Robert Thomas, Otto donne e un mistero.
Tutto si svolge nel periodo di Natale, nella casa di Marcel invasa dalla neve.
Costui è il padrone di casa e le vacanze natalizie sono un ottimo pretesto per il ritorno in famiglia della figlia Suzanne (Claudia Campagnola) dal college di Londra, accompagnata dalla madre Gaby (Anna Galiena). Assieme alla famiglia di Marcel, composta da Gaby, Suzanne e Catherine (Mariachiara Di Mitri) vivono anche la suocera di lui, Mamy (Paola Gassmann), la sorella di Gaby, Augustine (Debora Caprioglio), Chanel la governante (Antonella Piccolo) e Louise la cameriera (Giulia Fiume).
Suzanne è appena arrivata col treno; saluta la nonna, costretta su una sedia a rotelle, la sorella Catherine e la zia Augustine. È mattino e tutte le donne di casa sono intente a fare colazione ma, quando Louise si accinge a portare il vassoio in camera di Marcel scopre che questi è stato ucciso con un colpo di pugnale dietro la schiena. La prima cosa da fare, si pensa, è chiamare la polizia e metterla al corrente di quanto è accaduto… peccato però che i fili del telefono sono stati tagliati, il cancello della casa è bloccato dalla neve e la macchina che fino a qualche minuto fa ha accompagnato nella dimora di campagna Gaby e Suzanne ha il motore che non parte. Ovvio che l’assassino si nasconde tra le otto donne. Quale delle otto con esattezza? E, soprattutto, perché lo ha fatto?
Ognuna di esse nasconde un segreto. Che sia Mamy, la nonna, la quale ancor prima della fine del primo atto si scoprirà che non è la buona e vecchia nonnina paralizzata dalla vita in giù sulla sedia a rotelle? Che sia zia Augustine la quale, sotto la veste di una signora rispettabile, nasconde ben altro? O Suzanne? O Catherine, divoratrice di gialli, o la stessa Gaby, moglie di Marcel? E che dire delle due donne di servizio di casa? E poi c’è zia Pierrette (Caterina Murino), sorella di Marcel che ha torbidi segreti da raccontare… alla sua entrata in scena sono tanti i misteri e i sotterfugi che verranno a galla.
Otto donne e un mistero è una squisita commedia/thriller/dramma/noir che coinvolge lo spettatore immediatamente al calare delle luci in sala. Gran parte della riuscita è data anche dalle musiche, curate da Massimiliano Pace, e dal disegno luci di Aliberto Sagretti.
La vicenda si svolge interamente in un’unica scena, la dimora di campagna di Marcel – unico personaggio di sesso maschile che non vedremo mai comparire – suddivisa in un angolo soggiorno, angolo letto, e un angolo biblioteca/studio con annesso camino. Le luci hanno consentito così che lo spettacolo si svolgesse sfruttando interamente lo spazio presente sul palcoscenico senza mai stancare chi assiste alla rappresentazione, dando ritmo all’azione e senza far mai mancare i colpi di scena. Anche il copione è dinamico, i dialoghi sono serrati e veloci e tutte le otto interpreti sono bravissime nel calarsi nei panni dei loro personaggi e a tener testa alle battute senza mai incespicare; ciò ha permesso di aggiungere altra suspance a quella che già connota di suo il testo di Thomas, offrendo così un valore aggiunto allo spettacolo.
Otto donne e un mistero è una storia fatta di donne e che narra di donne, un testo che racconta la loro forza, le loro ambizioni, la loro natura e, sotto certi aspetti, il loro coraggio. È una storia caratterizzata da piccole sfaccettature che racchiude tutte le tonalità di colori, passando da quelli accesi, aspri, a quelli tenui e poi scuri; attraversa un po’ (come tutte le storie) le fasi della vita, le cadute, le riuscite, le falle, mette in scena pregi e difetti della donna. E lo fa con ironia, comicità ma anche con toni duri e sarcastici “utilizzando” la morte per parlare della vita. Si tratta di una commedia completa sia nella struttura che nella trama; ogni scelta registica (diretta da Guglielmo Ferro, già regista de Il fu Mattia Pascal con Daniele Pecci e Il Sorpasso con Giuseppe Zeno) è ben congeniata, così come la caratterizzazione di ogni singolo personaggio, esaltata dalla scelta dei costumi di Françoise Raybaud, ha permesso di cogliere le sfumature che si nascondevano dietro le maschere delle otto grandiose interpreti.
Uno spettacolo insomma privo di difetti ma, questa volta, la perfezione non gioca a sfavore, anzi.
Un congegno diabolico.
Costanza Carla Iannacone
3 aprile 2019