Lunedì, 25 Novembre 2024
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La Gioia di Pippo Delbono presta agli acrobati le ali degli angeli

Recensione dello Spettacolo La Gioia in scena al Teatro Argentina dal 5 al 10 febbraio 2019

 

“Ogni amore della vita mia

ogni amore della vita mia

è cielo e voragine,

è terra che mangio per vivere ancora”

 

 Canzone per Alda Merini - R. Vecchioni

 

C’è un teatro che non può essere scrutato, ma deve esser vissuto. C’è un teatro sacro, misterioso, fluttuante, autentico. In quel luogo assaporiamo il moto trepidante con cui s’infrange la vita. Lì, in quella folgore, abita il teatro della Compagnia Pippo Delbono. 

Proprio lui, Delbono, conduce il viaggio. È vicinissimo, non soltanto perché si aggira in platea. La sua voce penetrante e la sua anima vibrante pervadono corpo e mente di tutti. Non siamo semplici spettatori, ma pulsione integrante. 

L’intimità con cui racconta il suo sentire, quello dei suoi attori ha il sapore impalpabile del sogno e al contempo possiede tutta l’amarezza dell’esistenza. 

Le sue parole si materializzano in scena. I pensieri mutano in immagini poetiche: corpi luminosi, esplosioni di colori, primavere, fiori; poi buio, prigioni al neon, smisurati silenzi, oceani di sensi e invocazioni liturgiche.

La Gioia è un malinconico e soave canto sull’esistenza. È l’inafferrabile stato supremo dell’essere: la connessione dell’io individuale con l’io universale, dell’alto con il basso, del terreno con il celeste. “La gioia scioglie i nodi. È il maggio delle ossa, l’aprile degli occhi.”

Prima di ogni primavera c’è sempre l’inverno. Tutto avvolge quel manto di foglie secche sparse sul palcoscenico. Così il dolore diviene terrore, diviene follia. Come quando una scarica elettrica e possente di luci intermittenti avventa i corpi degli attori che, intrisi di furia e mutati nei costumi terrificanti, irrompono in platea. Disperazione e alienazione lacerano le viscere.  

Delbono non provoca, non giudica, ma si rivela e condivide. È portatore sano di empatia, dote inestimabile, che rimette a noi quando recita Mare nostro che non sei nei cieli di Erri De Luca. L’onda anomala di panni riversati sul palco – come i corpi dispersi dei rifugiati nel mediterraneo – giacciono nell’oscurità, segnati dall’oscillare del pendolo luminoso che batte a tempo di morte. 

Ed ecco che un urlo lancinante spezza il silenzio: Ma dov’è questa gioia? 

E sembra quasi un’invocazione al malinconico Bobò recentemente scomparso, icona del teatro di Delbono. Bobò è presenza-assenza: lo sentiamo e quasi ci sembra di vederlo, col suo sguardo immenso e il suo mezzo sorriso, seduto su quella panchina circondata da un mare di barchette di carta. 

A riportare la primavera dopo l’inverno sono i fiori, bellissimi e colorati, della composizione floreale di Thierry Boutemy. Sono emblema del conflitto tra gioia e morte: presagio luttuoso, ma inno all’amore e all’accettazione di sé. 

In quell’istante altro e unanime in cui si mescolano storie reali, paure, impeti di felicità, balli, vortici sonori si celebra il circo della vita. 

Mai fu più indovinata la scelta di inserire la Preghiera del Clown di Totò: “Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C'è tanta gente che si diverte a far piangere l'umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla; manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri”. 

Funamboli e clown, acrobati e uomini affrontano il viaggio solcando buchi neri, deserti emotivi senza mai perdere il contatto prezioso con la follia che libera le anime. 

Vivaci costumi, fiori, tumulti cromatici si fondono al malinconico abbraccio di un tango, all’oblio, all’emarginazione in un pellegrinaggio tra il sacro e il profano. Onestamente ci riconosciamo e dischiusi, come i fiori in scena, ridestiamo l’essenza eucaristica che è in noi.

 

 

Caterina Matera

8 febbraio 2019

 

Informazioni

LA GIOIA

uno spettacolo di Pippo Delbono

con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Margherita Clemente, Pippo Delbono

Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti

Pepe Robledo, Zakria Safi, Grazia Spinella

E con la voce di Bobò

composizione floreale Thierry Boutemy

musiche Pippo Delbono, Antoine Bataille e autori vari

luci Orlando Bolognesi

suono Pietro Tirella

costumi Elena Giampaoli

Produzione Emilia-Romagna Teatro Fondazione - Teatro Nazionale, Théâtre de Liège

Le Manège Maubeuge - Scène Nationale, Compagnia Pippo Delbono

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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