Recensione dello spettacolo L’idea di ucciderti scritto e diretto da Giancarlo Marinelli con Fabio Sartor e Caterina Murino in scena al teatro Ghione dal 22 gennaio 2019 al 27 gennaio 2019
Una maledetta nebbia..di quelle che odorano di pioggia, dove anche le luci della notte, rimanendo imbrigliate, trasformano in bianco e nero storie e persone, dove tutto diviene non luogo. Una nebbia che attutisce le parole, distorce le verità, le sfuma, e dove ci si sente soli anche se dietro quella coltre di acqua condensata c’è qualcuno.. o qualcosa...non la vedi, ma sai che c’è. Nell’opacità la verità si confonde con la menzogna e anche le persone non hanno molta voglia di trovarla. Ma si è lui, il sign. Luca Modin l’assassino della moglie trovata col cranio fracassato.
Chi altri se non lui, beccato vicino casa con la camicia ancora sporca di sangue! E nell’ asettica stanza del commissariato, alla presenza di un incattivito pm, dottoressa Gagliardi (Caterina Murino), guidata più dalla fretta di accusare che da quella di comprendere....Modin (Fabio Sartor) confessa. Ma ciò che racconterà sarà la sua storia di uomo, di marito e di padre, fatta di illusioni, crolli e resurrezioni, inafferrabile dal giudizio degli uomini ma così importante per capirli, perchè è dalle loro storie, quelle mai raccontate, che si comprendono le persone. Il tratto caratteriale di Modin sembra essere quello tipico degli psicopatici, emotivamente indifferente, capace di raccontare anche i più agghiaccianti episodi senza provare emozioni e molto abile a cogliere anche i più piccoli dettagli nel volto dei propri interlocutori, per carpirne i particolari della loro vita privata. Egli amava tantissimo sua moglie Elaida, di quell’amore che fa sentire piccoli e inadeguati, a tal punto da sperare di morire almeno in modo non banale, per accorciare, con una morte dignitosa, quella distanza che lui sentiva incolmabile. Dal loro matrimonio era nata una figlia, Ginevra, che lo rapì emotivamente sin da subito, e quando lui vide quel piccolo corpicino muoversi, lo paragonò ad una danza del miglior Nureyev, perchè tutti i padri, innamorati delle proprie figlie, esagerano sempre.
Fingere di corrispondere amore per arrivare a qualcosa così tremendamente distante dall’amore: forse anche questo è un delitto. Viscido, obeso ma ricco è l’uomo inglese con il quale Elaida tradirà il marito, affamata di soldi e disposta a qualsiadi cosa per ottenerli...anche accusare Modin di averla malmenata. L’accanimento miope di un giudice, presumibilmente affamato di rivalsa, completerà il tutto, portando alla rovina affettiva, umana ed economica Luca Modin. Silenzioso e uggioso come la nebbia che si continua a respirare in quel maledetto commissariato, il cuore ferito di Modin impersona quello di tutti quei padri dilaniati ed ammazzati da una giustizia ingiusta, sbilanciata a favore di certe donne di cui sembra premiarne la recita e la creatività. Il femminicidio è diventato un business mentre padri e mariti dormono alla Caritas urla il protagonista con quella sofferenza che rende le parole pesanti e affilate, in grado di filtrare da quella fumosa nebbia e arrivare alla pancia del pubblico. Attraverso uno stile espositivo irritante, istrionico e provocatorio, egli cela la sua disperazione in cerca di qualcuno che lo ascolti, che lo veda e che lo faccia esistere ancora per un attimo...perchè l’ingiustizia lascia soli e ci si dimentica anche di se stessi.
Drammaturgia densa e coraggiosa ad opera di Giancarlo Marinelli che firma anche la regia e impernia la scrittura attorno a tematiche che ancora non trovano piena dicibilità, come il dolore silenzioso di molti padri e il loro sfiorire altrettanto silenziosamente. Lo scopo della rappresentazione non è quello di schierarsi contro o a favore ma restituire dignità e purezza all’amore che quando viene stracciato e mortificato, suscita per un istante, come un brivido distratto.. l’idea di uccidere. Tuttavia, troppo articolata è sembrata la trama che da una vicenda principale ( il femminicidio), già autonoma in termini di potenza comunucativa, intreccia storie secondarie dal sapore un po forzato e distogliente. In quella stanza del commissariato, infatti, non è solo Luca Modin a dover confessare, perchè tutti i presenti hanno tra loro conti rimasti aperti: l’avvocato d’ufficio di Modin (Antonio Rampino) già conosce il brigadiere (Mauro Racanati) mentre Rossella (Francesca Annunziata) la segretaria della pm, ha una relazione con l’ex marito della stessa. Da un punto di vista registico, decisamente interessante l’idea di assegnare a Caterina Murino una doppia parte in cui un personaggio è l’opposto dell’altro: Elaida, infatti, per moralità rettitudine e valori è una figura sideralmente distante dal freddo e intransigente pubblico ministero Gagliardi. Emozionante la prova di Fabio Sartor che con la sua recitazione ha saputo colpire al cuore, esaltato da un copione che forse lo ha eletto troppo protagonista solitario, nascondendo tra le nebbie una convincente Caterina Murino, comunicativa nella mimica e nella corporeità e penalizzata da una dizione che non sempre ha restituito spessore ai concetti. Apprezzabile la prova complessiva di Mauro Racanati, Antonio Rampino e Francesca Annunziata, accomunati anch’essi da una incompiuta pienezza della parola recitata. Paila Pavese, nel ruolo della madre malata della pm, con classe recitativa ha rifinito elegantemente il tono struggente della vicenda.
Le scene di Lisa De Benedittis e le luci di Luca Palmieri hanno trasformato, con nebbie e colori luminosi, la rappresentazione teatrale in una esperienza sensoriale, permettendo al pubblico di sentire l’odore delle emozioni rappresentate.
Occhi lucidi e pianto trattenuto a stento da parte degli attori a fine spettacolo. I loro personaggi li accompagneranno a casa e faranno parte del loro vissuto. E anche del nostro.
Simone Marcari
26 gennaio 2018