Recensione di Songs For Eternity - Canzoni per l’eternità. Teatro Brancaccio, 27 maggio 2017
Per la prima volta a Roma, al Teatro Brancaccio, Ute Lemper con Songs For Eternity.
Mentre nel 1941 Radio Belgrado trasmetteva Lili Marleen, celebre canzone nata da un poemetto antebellico del 1915, poi musicata nel 1938 e utilizzata per intrattenere l’esercito tedesco stravolgendone le intenzioni, sei milioni di ebrei, tra loro più di un milione e mezzo di bambini, venivano deportati e uccisi nei campi di concentramento.
Donne, uomini, giovani e vecchi venivano prelevati dai ghetti e strappati alle loro case e alle loro famiglie per essere portati a soffrire atrocemente e morire nei lager.
E’ con Lili Marleen che Ute Lemper, straordinaria artista e donna bella, di una bellezza fiera e pura, apre la sua serata evento dedicata alle canzoni nate nei ghetti e nei campi di concentramento, Songs For Eternity, per la prima volta a Roma al Teatro Brancaccio.
Un viaggio doloroso eppure emozionante attraverso una ricca e incredibile composizione musicale nel quale l’artista accompagna il pubblico non solo con le sue splendide e intense interpretazioni, ma anche con regolari introduzioni ai brani.
Dichiara subito che si tratta di un viaggio difficile, complicato, dedicato a quei milioni di ebrei che furono perseguitati, privati della loro umanità e dignità, denunciati, umiliati, torturati e uccisi dai nazisti tedeschi e a tutti coloro che, nonostante fossero sopravvissuti, si trovarono a vivere un’altra insopportabile realtà: la solitudine e l’oblio.
Dopo la liberazione, infatti, i sopravvissuti si ritrovarono soli: parenti e amici erano stati uccisi e le case distrutte. Non avevano un posto dove andare. Intanto il mondo andava avanti con la voglia di ricominciare, ma, soprattutto, di dimenticare e loro si ritrovarono soli e abbandonati, quasi fossero colpevoli di essere sopravvissuti.
Prezioso nel preservare la memoria, fu l’intervento di Smerke Kaczerginsky che, oltre a salvare documenti appartenuti agli ebrei durante l’occupazione nazista, salvò le canzoni dei ghetti e dei campi di concentramento, trascrivendo quelle che ricordava o che sentiva da altri. Convinto che le parole non fossero sufficienti a descrivere civilmente l’orrore e il dolore dell’Olocausto, pensò che le canzoni potessero essere testimonianza, memoria e storia.
Canzoni che gli ebrei cantavano durante la giornata e per ogni attività che svolgessero: quando erano in fila per una scodella di zuppa, quando lavoravano nei lager, quando combattevano, quando andavano alle camere a gas. Canzoni tristi e dolorose, canzoni di speranza, canzoni di ribellione, ninne nanne per i piccoli.
In particolare, il campo di Theresienstadt, gestito dagli stessi ebrei, ospitò la maggior parte dell’elite culturale del tempo: musicisti, compositori, scrittori, pittori, filosofi che organizzavano esibizioni ed eventi culturali di grande qualità. In quattro anni vi passarono 140.000 ebrei e ne sopravvissero solo ventimila. Anche l’attività di questi uomini ha consentito che potessero essere conservate testimonianze per ricordare.
Ute Lemper, tedesca, nata dopo la Guerra, sposata ad un uomo ebreo, da sempre legata alla storia, terribile, dell’Olocausto, avverte come una responsabilità e un dovere etico onorare la cultura del popolo ebreo e tenere acceso il dialogo su questo orribile passato.
Un impegno che ha assunto già nel 1987 quando fu protagonista di una grande serie DECCA dal titolo ‘Entartete Music’ che presentava i compositori ebrei e la loro musica bandita dai nazisti.
Con Songs for Eternity, continua questa missione, che raggiunge così la sua massima estensione emozionale. Col procedere della ricerca è stata sopraffatta dalle storie che stavano dietro i brani scritti nei ghetto e nei campi di concentramento e che ha approfondito con studi dedicati.
Il repertorio di musiche e canzoni composte nei campi di concentramento è vastissimo e Ute,per Songs For Eternity, ne ha messe insieme un gran numero, ognuna con tratti diversi. Ci sono canzoni di grande disperazione, ma anche di ribellione e speranza; canzoni lente e ballate folk; c’è il tango; art songs e ninne nanne.
C’è tutto un mondo creativo, ma soprattutto emozionale in queste canzoni che Ute restituisce in modo semplice, diretto e sincero, commossa e commovente, coinvolta e coinvolgente.
Artista fine, elegante e di grandissimo talento, accompagnata in scena da cinque musicisti eccezionali, Ute condivide con il pubblico non solo la sua arte, ma il proprio cuore, raccontando di un difficilissimo e sofferente viaggio che, però, è indispensabile fare affinché non si perda memoria.
Un percorso nel quale accompagna con la presentazione dei brani, ma anche della storia personale di alcuni grandissimi autori e compositori protagonisti di quei tragici eventi che ci hanno lasciato, però, importantissime testimonianze: Victor Ullmann, Willy Rosen, Johanna Spector, Ilse Weber e tanti, tanti altri.
Con un salto geografico, Ute passa per la Louisiana del 1937 dove Abel Meeropol cantava contro un’altra enorme e tragica forma di razzismo, quella verso i neri d’America, terminando, poi, con una trascinate Yiddishe Folksong.
Una serata emozionante, grazie all’interpretazione ricca e intensa di Ute e alla bellissima musica eseguita dal vivo da bravissimi musicisti.
Grandissima partecipazione in sala e un tripudio di applausi alla fine di ogni brano con finale trionfale e standing ovation per una grandissima artista, fine, elegante e di carattere che a chi scrive ha fatto tanto pensare alla nostra grandiosa Milva.
Flaminio Boni
30 maggio 2017
Informazioni
Teatro Brancaccio
UTE LEMPER
Songs for Eternity
Ute Lemper voce
Vana Gierig pianoforte
Victor Villena bandoneon
Daniel Hoffman violino
Lucas Eubel-Frontini contrabbasso
Gilad Harel clarinetto