Recensione dello spettacolo Zozòs in scena al Teatro Brancaccino dall’8 al 18 novembre 2018
Tre minuti di dialogo a sipario ancora chiuso segna l’inizio di Zozòs, commedia imprevedibile e folle che accoglie il pubblico in sala al Teatro Brancaccino.
Poche battute, utili per far immaginare a chi si trova dall’altra parte della tenda rossa che là dietro è avvenuto qualcosa di… sconcio. Ed infatti quando i due protagonisti si palesano agli spettatori si trovano l’uno dietro all’altra con solo un paracadute che nasconde le loro pudende.
Una situazione, a prima vista, alquanto imbarazzante ma, in realtà, comica. Molto, molto comica.
Il riso vien spontaneo principalmente per la straordinaria bravura degli attori e per la loro espressività indispensabile a caratterizzare tutta la commedia. Lei, Bice (Siddhartha Prestinari), è una piacente signora coniugata, Tito invece (Paolo Roca Rey) un ragazzo più giovane con il quale ha deciso di spassarsela un po’. Tutto sarebbe filato liscio se non fosse successo un “piccolo” imprevisto che ha costretto i due a restare, per così dire, “intrecciati” e a non poter più disgiungersi. L’arrivo di Tobia (Riccardo Bàrbera) padre di Tito, nonché ginecologo, è provvidenziale per risolvere l’incresciosa faccenda... certo, sì ma se fosse un vero specialista, perché a lungo andare si sveleranno nuovi retroscena e una nuova storia (anzi, una vecchia storia) si aggiungerà a quella già presente.
Due sole cose ci sentiamo di aggiungere: le risate sono assicurate e il finale è una vera sorpresa.
Zozòs è una commedia leggera che si gusta come un cioccolatino mai provato prima. Tutto ciò che ci si aspetta da un teatro comico è racchiuso in questo gioiellino ben confezionato grazie alla regia di Claudio Boccaccini e alla verve degli attori presenti sul palco. Zozòs si presenta un po’ come un testo dell’assurdo e un suo primo punto di forza sta proprio in questo: una storia, a sfondo erotico, che si caratterizza come psicoanalitica, romanzesca, con anche del noir e che si snoda attraverso le storie e i ricordi dei personaggi; che ne svela i loro punti deboli e i punti di forza (nel senso letterale del termine), costruita non su doppi sensi, ma sul senso vero e proprio di quel che si vuol dire e si intende (il termine zozòs nello slang parigino significa “uccellini”) accompagnato dalla mimica facciale degli interpreti (altro punto di forza) che rendono il tutto molto piacevole e divertente.
Talmente piacevole che, al termine della rappresentazione, si ha come la sensazione di aver passato una serata con un gruppo di amici… intimi.
Costanza Carla Iannacone
12 novembre 2018