Sabato, 23 Novembre 2024
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Mimì: voce nera, anima bianca

Recensione dello spettacolo “Mimì – In arte Mia Martini”, in scena al Teatro Off/Off dal 6 al 25 Novembre 2018

 

Canto e recitazione. Musica e teatro. L’emissione della voce si incanala, il suo flusso raggiunge diverse forme espressive. Non è così per Melania Giglio. L’attrice piemontese non compartimenta il suo talento di cantante, non lo limita ad una ulteriore specializzazione o ad una passione da coltivare come divertissement. Del canto fa teatro, in tutto e per tutto, non un semplice lavoro di ricerca sulla tecnica canora, ma un progetto complessivo. La Giglio, costantemente impegnata in un intenso studio sulle potenzialità della voce, dopo aver abitualmente inserito nelle sue interpretazioni il contributo del canto, ha costruito, coadiuvata dal regista Daniele Salvo, una forma di spettacolo originale, in cui amalgamare intimamente due forme d’arte, che non sono solo parte del suo bagaglio, ma forse corrispondono a due angoli stessi della sua anima.

L’originalità dell’idea le ha richiesto un impegno diretto come autrice, che non poteva non ispirarsi immediatamente alla vita di artiste, la cui biografia si prestasse naturalmente a diventare racconto. Quindi, dopo il successo della pièce dedicata ad Edith Piaf, presentata durante la scorsa stagione nello stesso Teatro Off/Off, la sua ispirazione è stata attratta dalla tragica vicenda umana di Mia Martini.

L’autrice conduce bene a termine il suo proposito. È suo merito se “Mimì – In arte Mia Martini” non è un recital in cui proporre una carrellata di brani, ma ha la dignità di un testo teatrale vero e proprio, dove le canzoni diventano i capisaldi attorno a cui si snodare il filo drammaturgico. Semplice l’espediente narrativo. Alla figura della cantante, racchiusa sotto la sua chioma corvina, avvolta dal suo nero abitino, viene offerta, affettuoso omaggio, una scena candida, dove due eterei angeli la attendono. Il dialogo con i suoi interlocutori diventa un flusso di coscienza, in cui ripercorrere la vita tormentata dell’artista, partendo dalla spiaggia di Bagnara Calabra, dove si dilatavano i suoi sogni di bambina. Parole come solitudine, fragilità, insicurezza si ripetono ossessive. Nel racconto biografico si traducono nella perpetua ricerca di un padre distante nella sua severità o nel difficile rapporto con gli uomini. Sul palcoscenico invece diventano canzoni entrate ormai nel patrimonio della musica leggera italiana, da “Minuetto”, a “Piccolo uomo”, da “E non finisce mica il cielo” a “La nevicata del ‘56”, da “Gli uomini non cambiano” a “Almeno tu nell’universo”. Testi in cui Mimì, coraggiosamente, si presenta per ciò che è, un essere delicato, sempre proteso alla ricerca di un segno di affetto, sempre disillusa dalla cattiveria del mondo.

Il copione della Giglio funziona principalmente nella prima parte, quando si addentra in un’indagine quasi psicanalitica della protagonista; cede poi inevitabilmente il passo al racconto biografico, quando questo, per l’affastellarsi degli eventi, diventa preponderante. Un arricchimento viene dal rilievo dato ai giovani compagni di scena, non relegati al ruolo di semplici comprimari. Mamo Adonà, cantante dotato di una particolarissima estensione da soprano e Sebastian Morosini, giovane dalle promettenti doti attoriali, hanno occasione di esibire i loro talenti, mentre i loro dialoghi frizzanti formano un efficace contrappunto al drammatico evolvere del racconto principale.

Infine i brani. Melania Giglio canta e recita, con l’impeto e la potenza, che sono la cifra stilistica del suo stare sul palcoscenico. L’esecuzione canora è amplificata dalla forza drammatica dell’interpretazione attoriale. La sua voce graffia o accarezza, risuona cupa o tintinna, fa vibrare le eleganti pareti del Teatro Off/Off, colpisce duro orecchie e stomaco, raggiungendo talora toni struggenti, come nell’intensissima interpretazione di “La costruzione di un amore”, evocativa dell’infelice storia d’amore con Ivano Fossati.

Solo nel finale, a pièce conclusa, l’attrice si mette da parte e la cantante, per la prima volta davanti ad un microfono, spiega la voce per intonare, apprezzata appendice, “Mimì sarà”, il bellissimo omaggio reso da Francesco De Gregori all’artista dai “neri pensieri”.

La formula funziona. Lo spettacolo raccoglie un applauso scrosciante e lunghissimo dagli spettatori presenti alla prima. Melania Giglio, sfiancata dall’impegno profuso, lo accoglie grata. Ma ci piace pensare che nel suo sguardo brillasse principalmente la soddisfazione per aver omaggiato con una luce chiara ed un palcoscenico candido un’anima oscura che forse sente alloggiare dentro di sé. Che al suo pubblico continuasse a ripetere il verso di quell’ultima canzone, “Chiamatemi Mimì”.

 

Valter Chiappa

09 Novembre 2018

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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