Recensione dello spettacolo BU21 in scena al Teatro Belli dal 2 al 4 novembre 2018
Il quinto spettacolo della Rassegna TREND è BU21 di Stuart Slade, direttore artistico del Kuleshov Theatre e il direttore creativo della Ivanov Films.
BU21 è una black comedy, dissacrante e satirica, nel consueto stile britannico. Slade elabora un processo di negazione in pieno stile Surrealista, conferisce alla scena comica una dimensione autentica, sprezzante e anarchica. L’autore fonde abilmente l’estrema negazione dei suoi personaggi con la disarmante accettazione di sé stessi. Il riso è la sola espressione umana della disperazione, come diceva René Daumal.
Lo spettacolo, diretto da Alberto Giusta, è stato in scena alla Piccola Corte di Genova, all’interno della XXIII edizione della Rassegna di Drammaturgia Contemporanea. BU21 è un volo di linea che precipita, a seguito di un attentato terroristico, nella zona di Fulham a Londra. Sono sei i protagonisti, tra sopravvissuti e parenti delle vittime, a misurarsi, ognuno con il proprio bagaglio emotivo, in un gruppo di sostegno.
Thalissa (Daniela Duchi) scopre la morte della madre cercando notizie dell’atto terroristico sui social, vergognandosi della sua reazione di ribrezzo nel vedere il corpo della madre deturpato. Alex (Francesco Patanè) perde la fidanzata e il migliore amico, morti insieme durante l’atto d’adulterio. Floss (Silvia Napoletano) rivede costantemente il volto dell’uomo precipitato dall’aereo nel suo giardino. Ana (Valentina Favella), vittima di ustioni gravi, è costretta su una sedia a rotelle. Clive (Matteo Sintucci), un giovane musulmano, è figlio di una vittima. Graham (Mario Cangiano), che raggiunge il luogo dell’attentato spinto dalla curiosità, finge di essere un eroe e dichiara in televisione di aver salvato delle persone.
I brevi monologhi, alternati ai dialoghi tra i vari personaggi, s’intrecciano tra loro. Scorrono in successione confessioni e racconti, come da prassi per un gruppo psicologico, non unicamente rivolti a Derek (lo psicologo, personaggio assente). Il pubblico è sovente chiamato in causa con domande dirette, spesso con accuse mordaci.
Vi piace questa merda? Chiede Alex, tronfio, in un impulso derisorio. I sei personaggi sono fedelmente caratterizzati nella messinscena. È possibile, forse, scorgere un eccesso parodistico in Graham, che incarna lo stereotipo dell’imbroglione impetuoso.
Il ritmo è incalzante. Sebbene non tutti gli attori sostengano la scena con il medesimo vigore nelle singole sequenze, le lievi discordanze sono compensate nel risultato d’insieme, ben equilibrato. La drammaticità è congruente al registro satirico. BU21 è capace di scatenare, talvolta risate piene e rumorose, molto spesso, amare e a denti stretti.
In scena sei sedie e una confezione di biscotti, che rimbalzano con frenesia e voracità tra le mani dei convulsi personaggi. Le luci variano di rado. Sono riservate allo spettatore, brutalmente confinato nella totale oscurità, per poi essere, nuovamente, travolto da pungenti riflettori. È un tiro a segno dichiarato. Il pubblico è trafitto da sguardi taglienti e aguzze parole. Bu21 è la denuncia del coacervo di mediocrità, razzismo, vergogna e dolore, ben celato dal moralismo borghese con cui adorniamo mente e corpo. La disperazione iniziale, lo sconcerto dell’atto terroristico lasciano repentinamente spazio alle deviazioni della società moderna.
Siamo complici dell’autocompiacimento di una targa commemorativa, della speculazione di una tragedia per la rivalsa economico/sociale, di relazioni inconcepibili per attenuare il senso di colpa.
Il trauma viene respinto, la sofferenza discostata. Le difese innalzate fino a renderci del tutto intorpiditi e anestetizzati, persino di fronte a tragedie tanto grandi.
Forse, questo è il vero terrorismo?
BU21 è un pugno allo stomaco sferrato tra un’aspra risata e una confessione impudica, ben incassato dal pubblico che ravvisa una bruciante e turpe consapevolezza.
Caterina Matera
6 novembre 2018
Informazioni
BU21
DI STUART SLADE
Prima Romana
con Mario Cangiano, Daniela Duchi, Valentina Favella, Silvia Napoletano, Francesco Patanè, Matteo Sintucci
regia Alberto Giusta
traduzione Natalia di Giammarco
produzione Teatro Nazionale di Genova