Recensione dello spettacolo I 39 Scalini in scena al Teatro Trastevere dall’8 al 27 marzo 2016
Quando nel 2005 Patrick Barlow adattò per la prima volta il thriller di spionaggio di Alfred Hitchcock in un testo per quattro attori, non poteva immaginare che la sua piece l’avrebbero presa in mano quattro ragazzi che non avrebbero lasciato spazio sul palco a una figura femminile.
Già di per sè il testo di Barlow è un geniale riadattamento dell’originale noir del genio britannico, ma la compagnia Cattive Compagnie ha aggiunto quel pizzico in più che, tra una risata e l’altra, non guasta, ovvero l’esilarante interpretazione a rotazione dei personaggi femminili della storia. E così fin dai primi venti minuti, lo spettatore di “I 39 Scalini” non può far altro che ridere di gusto quando entra in scena, con un abito da sera dalla scollatura veriginosa, il primo dei tre attori che, a turno, intepreteranno la femme fatale della situazione. E’ da questo momento in poi che la storia di spionaggio internazionale firmata da Alfred Hitchcock inizia a trasformarsi in qualcos’altro: al centro dell’azione c’è un giovane e belloccio uomo d’affari, tale Richard Hannay, che viene involontariamente coinvolto in questo misterioso intrigo internazionale riguardante un gruppo di spie noto come “I 39 Scalini”. A coinvolgere Richard sarà la ‘sensuale’ Annabella Smith, pedinata da due individui sospetti, che confessa a Richard di essere una spia.
La storia è costellata di sorprendenti colpi di scena, inspiegabili assassinii, donne affascinanti e pelose, incontri inaspettati e complotti diabolici che si diramano nelle quasi due ore di spettacolo in cui un umorismo non solo inglese ma proprio italiano, la fa da padrone, offrendo al pubblico più che una miscela di tensione un divertimento esplosivo. Nonostante lo spirito originario dell’opera cambi inevitabilmente, il plot non subisce variazioni e i bravi Alessandro Di Somma, Diego Migeni, Yaser Mohamed ruotando intorno a Marco Zordan, riescono perfettamente, con il solo aiuto dell’illusione scenica, a immedesimarsi in 38 diversi personaggi dando vita a un allestimento decisamente impegnativo, in cui la scenografia di Paolo Carbone assiste la loro recitazione e la fantasia dello spettatore.
Nonostante i cambi di scena e di abiti repentini dei tre attori che riescono a costruire brillantemente intere scene e situazioni intorno a Zordan, il ritmo narrativo riesce a essere sempre estremamente serrato e incalzante tra gag, colpi di scena e citazioni cinematografiche che giovano alla messinscena rendendola ancora più comica e incredibile.
La bravura dei quattro attori è ben evidente nel rendere vera e credibile l’illusione della caccia all’uomo tra bauli che diventano treni o auto in corsa, corde azzurre che diventano fiumi, scale che si trasformano in montagne e cornici che diventano finestre da cui sgattaiolare. Per la compagnia il testo ha rappresentatodi sicuro una sfida allettante e irrinunciabile, nonché molto ambiziosa, ma si tratta di una sfida che, a nostro parere, sono riusciti a vincere, conquistando e catturando con la loro innata comicità l’attenzione del pubblico.
Diana Della Mura
12 marzo 2016