Recensione dello spettacolo La bella è la bestia, in scena al Teatro Golden dal 23 febbraio al 20 marzo 2016
Il motivo più comune che ci spinge a consultare uno psicanalista è per conoscere se stessi e superare i propri traumi o problemi. Ma cosa succede se è proprio lo psicanalista a non conoscere se stesso e ad essere intrappolato in gabbie mentali?
È quello che capita a Giulia (Raffaella Rea) alle prese coi suoi pazienti e con un problema che la affligge: quello di essere troppo bella. Eh sì, perché se da un lato la bellezza può essere un vantaggio, dall’altro può rivelarsi un’arma a doppio taglio come nel caso della protagonista della commedia di Massimo Natale, La bella è la bestia, costretta ad imbruttirsi per evitare che i pazienti si innamorino di lei facendole delle avances e compiendo pericolosi transfert.
Ogni giorno Giulia si reca presso lo studio e, prima di dare il via al lavoro, inizia col travestimento: una parrucca grigia, occhialoni da vecchia, sopracciglia finte.Con questo nuovo aspetto tutto sembra andare per il verso giusto, sino a che non arriva in analisi Alessandro (Simone Gandolfo), un tipo un po’ particolare affetto da moti di ipersensibilità e soprattutto dai continui assilli di Camilla (Julie Ciccarelli), ex fidanzata gelosa e indomita che non fa che pedinarlo senza tregua. Una sera, sotto consiglio di Barbara (Annalisa Favetti), segretaria e assistente di Giulia, quest’ultima e Alessandro si incontrano a una festa, e Alessandro, che non riconosce in Giulia la sua analista, comincia a corteggiarla. Se dapprincipio Giulia cerca in tutti i modi di scoraggiarlo, alla fine sarà lei a volerlo incontrare, accampando come scusa che così potrà conoscerlo meglio per aiutarlo a guarire dai suoi stati d’animo iper eccessivi. Non sa però che, così facendo, scoprirà molti lati di sé che ignorava. E non solo. Anche le persone che la circondano sveleranno parecchie sorprese.
La commedia di Ennio Speranza e Massimo Natale, per la regia di quest’ultimo, si presta ad essere una commedia leggera, con soli quattro attori al centro della scena. Tuttavia la struttura della rappresentazione, così come si presenta, nel complesso evidenzia molte debolezze; la prima tra tutte è data dalla ripetitività delle scene (c’è Alessandro che va in analisi, poi incontra Chiara - alias Giulia - poi la sue ex Camilla, poi di novo va in analisi, daccapo incontra Chiara, poi in analisi e così via) che non permettono allo spettatore di avvertire lo scandire del tempo. C’è poi una penuria di scenografia (una sedia a dondolo, una poltrona, due panchetti, due sedie e un tavolino), stasi anche questa che rema contro la “dinamica” dello spettacolo e, cosa altrettanto fuori luogo, i due protagonisti (Rea e Gandolfo) sono gli unici a dominare la scena, mentre sono messe un po’ in disparte la Favetti e la Ciccarelli. Anche i dialoghi, per quanto sia apprezzabile lo sforzo degli attori volto a strappare risate e consensi tra il pubblico, subiscono degli alti e bassi, si è sempre sul punto di aspettarsi qualcosa di più ritrovandosi, a fine spettacolo, con la sensazione che manchi ancora qualcosa. Solo le musiche in sottofondo aiutano a dinamizzare un po’ le scene (Rolling’ in the deepdi Adele, Bailandodi Enrique Iglesias, Uptown Funk di Bruno Mars, tanto per citarne alcune) forse per sopperire le basi di una commedia che ha provato a costruire un copione alla Woody Allen, ma laddove il regista/attore è parso intravvederlo solo da lontano.
Costanza Carla Iannacone
29 febbraio 2016